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Cannes 2019 - Bacurau

Pubblicato il 17 maggio 2019 da Anton Giulio Onofri

VOTO:

Cannes 2019 - Bacurau

Bacurau. Il nome di un uccello notturno, misterioso e dal comportamento strano e imprevedibile. Il nome di una cittadina che non esiste, che neppure compare sulla carta geografica. Un ultimo baluardo di resistenza civile, un villaggio di Astérix, una Macondo dalla luminosa voglia di stare al mondo e di starci secondo i codici naturali della Vita, della Morte, dell’Amore e del Buon Vivere Insieme. Un film di fantascienza, ambientato ‘in un futuro prossimo’, come dice un titolo all’inizio (‘l’effetto speciale meno costoso di tutto il film’, ha detto il regista in un’intervista), in quel Sertao nel Nordest del Brasile dove, secondo la cronaca di queste ultime ore, ha finalmente ripreso a piovere, dopo una letale siccità durata sette anni che ha messo a rischio la sopravvivenza degli animali e degli esseri umani della regione.

Il mondo, e non solo il Brasile, è ridotto allo sbando. ‘Sottosopra’, come dice a metà film un grandissimo Udo Kier (qui finalmente con un ruolo da protagonista, considerando che Bacurau è un film ‘corale’ come non se ne vedevano da anni). Non si sa bene cosa stia succedendo nelle zone nevralgiche del Pianeta. Lo schermo di un televisore ci informa casualmente che da Sao Paulo ‘le trasmissioni in diretta delle esecuzioni pubbliche riprenderanno alle ore 14:00’: è evidente che un Potere incontrollato sta facendo carne da macello di una popolazione ignara e inerme. Ma a Bacurau, tagliata fuori dalle comunicazioni con il resto del mondo, l’evento da celebrare è il funerale di Carmelita, la matriarca del paese, defunta a 94 anni. Le riserve idriche, queste sì, sono seriamente compromesse, e sempre più complicato e rischioso è il rifornimento procurato da un camion-cisterna costretto a perigliose traversate ostacolate dai nuovi paletti del Potere. Ma ecco che ben presto la cittadina al centro di quella parte del Brasile che per i letterati e i cineasti locali rappresenta una sorta di forziere dello spirito autentico e antico del Paese, diventa il simbolo di una tanto involontaria quanto ingombrante e scomoda irriducibilità da cancellare, azzerare, sopprimere: a questo scopo, la Macchina del Potere mette in moto i suoi congegni di repressione affidati a mercenari e sicari professionisti guidati da un ex nazista in evidente ritardo sulla Storia. Ma siamo al cinema, e al cinema i cattivi hanno più o meno sempre gli stessi nomi. È da qui che si deve partire per riconoscere a Bacurau, di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles, la statura del grande classico, o almeno l’intenzione di imitarne il passo cadenzato e pensoso secondo le più antiche e consolidate tecniche di racconto. Classico che si inserisce, a 50 anni dal poderoso Antonio das Mortes di Glauber Rocha, nella tradizione tutta brasiliana del cinema e della letteratura dei Cangaçeiros, dove Mendonça e Dornelles introducono elementi tra lo splatter e il Western, piroettando con la fantascienza di Kubrick (il film inizia come 2001) e la serie B di Roger Corman, in un tripudio postmoderno di omaggi e rimandi all’insegna di una cinefilia spontanea, viscerale, generata dalla stessa talentuosa e innata capacità di raccontare e illustrare situazioni drammatiche, sentimentali, erotiche e sanguinarie, con quella mano ferma e sicura che garantisce la piena centratura del bersaglio. Bacurau infatti non è solo ‘un film di genere’, ma un prodotto di altissimo profilo drammatico, che ci arriva da un Paese votato, come quello in cui il film si svolge, a una sorta di suicidio collettivo ordinato ed eseguito dall’alto di un Potere impazzito, che ha scordato le stesse ragioni del proprio esistere. L’angoscia che ci arriva dalle immagini e dagli eventi illustrati con veemenza tanto feroce quanto rara nel cinema contemporaneo (dove la violenza si trasfigura nelle stilizzate coreografie di Tarantino, o si emulsiona negli effetti speciali computerizzati dei film dei Supereroi) nasce dal fatto che in Bacurau una morte è una morte, quella naturale di un’anziana inferma o quella di un bambino di nove anni per mano di un mercenario senza scrupoli, e l’evento luttuoso ci investe con tutta la carica umana e drammatica di cui è capace il cinema, quando riesce ad essere spettacolare e al contempo politico e civile.


CAST & CREDITS

(Bacurau); Regia: Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles; sceneggiatura: Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles; fotografia: Pedro Sotero; montaggio: Eduardo Serrano; musica: Mateus Alvez e Tomas Alvez; interpreti: Udo Kier, Sonia Braga, Barbara Colen; produzione: Cinemascopio Producoes; distribuzione: SBS Productions; origine: Brasile, 2019; durata: 132’


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