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Cannes 69 - Julieta - Concorso

Pubblicato il 18 maggio 2016 da Fabiana Sargentini

VOTO:

Cannes 69 - Julieta - Concorso

Julieta è un melodramma su temi che forse Almodovar conosce troppo poco per gettarsi così a capofitto. Liberamente tratto da tre racconti della superba scrittrice canadese Alice Munro trasposti nella Spagna contemporanea. Lo stile è tipicamente almodóvariano: colorato, ricco di particolari, frasi tutte pesanti come macigni a simboleggiare sempre qualcos’altro. Un melodramma intellettuale sul senso di colpa.
Julieta (interpretata in versione ragazza da Adriana Ugarte e adulta da Emma Suárez) è una donna acculturata che sta traslocando con il suo compagno Lorenzo in Portogallo: sceglie volumi dalla libreria, fruga in giro, dai cassetti getta nel cestino una busta da lettere blu. Quando va a far le ultime compere in centro incontra Bea, una ragazza molto elegante, che affettuosamente la saluta e le comunica che tempo addietro ha incontrato Antía che era in forma e ha avuto tre figli. Deduciamo che la ragazza di cui parla Bea sia sua figlia. Questa notizia devasta Julieta che modifica in tutto la sua vita: lascia Lorenzo, cambia abitazione tornando ad affittare un appartamento al suo vecchio indirizzo, perde senso per il suo lavoro e inizia a scrivere una lettera alla figlia che immagina camminare per le stesse strade che percorre quotidianamente lei.
Condotta dalla voce fuori campo che declama le parole scritte dal vivo dalla madre in pena, inizia la parte centrale del film in un flashback di una ventina di anni prima. Un treno, nello scompartimento un uomo sventurato e spaventoso, un incidente, un amore di una notte con un uomo sposato ad una donna in coma (Xoan interpretato da Daniel Grao) e poi, in una accelerazione temporale, una lettera e l’amante diventa vedovo, la nascita di un figlio, una bambina (Antía appunto), la madre di Julieta malata e il padre che l’ha già rimpiazzata con una giovane marocchina, la vita di famiglia nel paese di mare dove Xoan fa il pescatore, donne che gravitano intorno alla casa, Ava (Imma Cuesta) l’amica scultrice di lui, Marian la cameriera interpretata da Rossy De Palma (può un pescatore permettersi una femme de ménage fissa?), l’adolescenza di Antìa, il campeggio dove conosce e diventa migliore amica di Bea... Un cumulo di eventi accennati e accumulati in un ritratto di molti personaggi femminili variegati, tante facce dell’essere donna, la madre la figlia l’amante l’artista la studiosa, troppe declinazioni stese tutt’e insieme su un terreno fragile, il mare sconfinato e scuro visto dalle finestre della casa, che diverrà portatore di sventure e dolore: difficile smistare il senso di tutte le storie, difficile comprendere la necessità di volerle raggruppare tutte in un’unica trama che stia insieme come un fiore da petali di mille varietà floreali. Raffinato nelle scenografie, nei costumi, nelle pettinature come sempre, nelle citazioni di libri e di arte.
Visivamente forte la prima inquadratura: una stoffa rosso sangue piegata nel centro del quadro come una vagina primigenia, che ricorda le calle di Georgia O’Keeffe, pulsante come un cuore, da cui una mano partorisce una piccola scultura color creta raffigurante un uomo senza arti e con il sesso mozzato: una Venere di Milo al maschile. Un po’ come questo film, un corpo solido dei topos della filmografia del regista spagnolo privato della mobilità, della sensualità del tatto, dell’esuberanza dell’eiaculazione, dell’abbondanza scomposta e birichina dei primi film che ricordiamo e amiamo


CAST & CREDITS

(Julieta); Regia: Pedro Almodóvar; sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: Jean-Claude Larrieu; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto Iglesia; interpreti: Emma Suárez, Adriana Ugarte, Daniel Grao, Imma Cuesta, Dario Grandinetti, Rossy De Palma; produzione: El deseo D.A.; distribuzione: Distribution Pathé; origine: Spagna, 2016; durata: 96’


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