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City on a hill (Stagione 1) - Teste di Serie

Pubblicato il 11 ottobre 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


City on a hill (Stagione 1) - Teste di Serie

«L’ingiustizia ci ha dato il modo di descrivere la giustizia»
(Jackie)

Lo spietato

Jackie Rohr è uno stronzo fatto e finito. Rude, sgarbato e cinico all’inverosimile. Ma Jackie Rohr è anche un astuto e preparato agente dell’FBI che, come Attila, lascia solo terra bruciata sul suo cammino, portando in spalla molti più scheletri nell’armadio di quanti i suoi colleghi possono immaginare.
Decourcy Ward è un giovane avvocato nero. Brillante, ambizioso, di bell’aspetto, ha in mente di voler rivoltare come un calzino lo status quo marcio e spudorato dell’amministrazione di Boston. Compito arduo, visto che sarà costretto a lottare contro un sistema incancrenito da soloni mascherati da giustizieri.
Jackie Rohr e Decourcy Ward, il tizio stronzo dell’FBI e l’avvocato senza macchia e senza paura. Insieme? Sì, insieme per portare giustizia a tre agenti di custodia diventati cadavere a seguito di una rapina che, per forza di cose, deve essere andata storta. Jackie e Decourcy, il diavolo e l’acqua santa.

Se City on a hill, nuova serie targata Showtime e trasmessa in Italia su Sky Atlantic, ideata da Charlie McLean e prodotta, tra gli altri, da Ben Affleck, Matt Damon e James Mangold, possiede una qualità spesso rara: l’afflato della grande produzione americana. Le affollate e sporche strade di Boston, i corridoi illuminati dei palazzoni zeppi di studi legali, agenti e procuratori in cappotti di tweed con pacchiani anelli universitari, i locali per outsider, le restrittezze economiche, quell’alone decadente e glorioso di una società poliedrica e multietnica a cavallo tra la fine del secolo e gli anni Duemila, i pusher e un certo linguaggio “forbito” da ghetto. Tutti elementi che innalzano City on a hill verso quegli standard formali tanto cari alle serie cult d’autore – impossibile non tornare con la mente a The wire e I Soprano -, serie modellata su schemi e cliché già collaudati, ma che su di essi non si adagia, ipnotizzando lo spettatore grazie a un ritmo costantemente alto, filtrato da una sceneggiatura certosina, pungente e libera da inutili sottotrame che, a lungo andare, finirebbero con impastoiarne lo sviluppo.

Fondendo alla perfezione i generi crime e procedural, City on a hill nasconde e svela nell’arco di pochissimi episodi una tormentata anima drammatica, sulla quale sono cucite le stridule e fragili vite dei protagonisti: se il carattere corrosivo e distruttivo di Jackie finiscono col compromettere il matrimonio con la moglie Jenny (Jill Hennessy), mettendo addirittura in pericolo di vita la figlia Benedetta (Zoe Margaret Colletti), dal canto suo Decourcy entra spesso in conflitto con la moglie Siobhan (Lauren E. Banks) a causa dell’incompatibilità con una certa fetta della congregazione nera di Boston di cui lei è una personalità di spicco; apparentemente opposta, ma non per questo divergente, la precaria – e a tratti squallida – quotidianità dei fratelli Frankie e Jimmy Ryan, schiacciati dalla loro natura di emblematici “loosers” e dall’opprimente società selvaggia in cui sono costretti a (soprav)vivere, figli della strada e criminali senza patria, armati di un codice morale al quale, probabilmente, non credono nemmeno loro.

Ma é la giustizia il vero motore trainante della serie o, a essere più specifici, l’interpretazione che Jackie Rohr e Decourcy Ward riservano a essa: i due protagonisti, poli opposti di un sistema cementato e radicato in una società a rischio implosione, oscillano in equilibrio sulla sottile linea rosso (sangue) che li divide dalle rispettive scuole di pensiero, co-protagonisti l’uno dell’altro e, allo stesso tempo, antagonisti naturali. Il duello dialettico e ideologico tra i due surclassa l’azione e focalizza la messa in scena su una continua operazione di assimilazione e rigurgito dei temi trattati nell’intero sviluppo di una trama orizzontale mai tentennante, che trova il proprio compimento nella coesistenza tra le due differenti scuole di pensiero.

Esordio fulminante per una serie televisiva non innovativa, ma abile a sviluppare un contesto magnetico e magmatico nel quale immergersi trattenendo il respiro, City on a hill è destinata a diventare presto un must per gli amanti del genere, corroborata da un’eccelsa partitura attoriale: da Kevin Bacon, smunto e ferale come non lo si era forse mai visto, ad Aldis Hodge/Decourcy Ward, autore di un’interpretazione rocciosa, perfetto baluardo dispensatore di giustizia e pieno di rimorsi, tanto instabile nella sua perenne condizione di vettore delle azioni di Jackie da sovrastarlo con la propria delicata umanità – e convincere presto lo spettatore a parteggiare per lui; imperiose anche le performance di Jonathan Tucker/Frankie Ryan e Mark O’Brien/Jimmy Rayn, paterno e autoritario il primo, sconclusionato e imprevedibile il secondo, protagonisti del lato oscuro del mondo che non potranno mai avere che, tuttavia, è solo la faccia sotto la maschera della Boston di Jackie Rohr.

City on a hill possiede il respiro della grande produzione americana, si diceva. Quella che parla attraverso la storia, per raccontare le tante storie di grandi e piccoli esseri umani. Tra i quali, a ben vedere, non esiste nessuna differenza.


(City on a hill); genere: crime, drammatico; showrunner: Charlie McLean; stagioni: 1 (rinnovata); episodi prima stagione: 10; interpreti: Kevin Bacon, Aldis Hodge, Jonathan Tucker, Mark O’Brien, Lauren E. Banks, Amanda Clayton, Jere Shea, Kevin Chapman, Jill Hennessy, Sarah Shahi; produzione: Pearl Street Films, The Levinson/Fontana Company, Little Mountain Films; network: Showtime (U.S.A., 16 giugno-18 agosto 2019), Sky Atlantic (Italia, 3 settembre-1 ottobre 2019); origine: U.S.A., 2019; durata: 60’ per episodio; episodio cult prima stagione: 1x09 - The deaf sage of Pompeii (1x09 - Il savio sordo di Pompeii)


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