X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Come un uomo sulla terra

Pubblicato il 2 giugno 2009 da Gaetano Maiorino


Come un uomo sulla terra

Due anni fa ci siamo imbattuti in un breve e interessante documentario dal titolo A sud di Lampedusa, storia di migranti africani verso le coste italiane vista dall’altro lato del Mediterraneo. Il punto di vista dei migranti apriva squarci di realtà inimmaginabili dalla nostra sponda, o comunque seppur noti, ben nascosti dall’informazione giornalistica italiana. Andrea Segre completa un discorso doloroso e attualissimo raccontandoci, con la collaborazione di Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene, la storia di chi ce l’ha fatta, di chi è riuscito a superare l’inferno e raggiungere l’Italia ottenendo lo status di rifugiato, perseguitato politico o semplicemente il permesso di soggiorno. La scuola dell’associazione Asinitas Onlus è uno dei luoghi in cui si accolgono uomini e donne africane in fuga dalla loro terra alla ricerca di una condizione migliore. In questa struttura umanitaria, Dagmawi Yimer incontra alcuni giovani arrivati da poco e con il più classico degli stili documentaristici li intervista. Due sedie e un tavolo, la videocamera al centro e l’impietoso microfono a raccogliere il suono di una lingua esotica, sconosciuta, affascinante, piena di dolore. È la voce dei protagonisti di questa serie di interviste che colpisce nel profondo, una voce spezzata, rotta dal ricordo di ciò che è a loro successo. La partenza dall’Africa centrale o centro-occidentale, il tragitto attraverso il deserto del Sahara, la Libia come meta, punto di svolta, rampa di lancio verso i primi spuntoni di terra italiana, scogli di salvezza. Una volta in Libia, il rischio è di essere arrestati dalla polizia e di essere rimandati indietro, rinchiusi in prigioni che rasentano il disumano, che sono veri gironi infernali, da dove si esce avendo perso il senso del tempo, venduti ai commercianti di schiavi per tornare ancora in Libia, dove si può incorrere nuovamente nella polizia e ricominciare ancora questo crudele gioco al massacro, fisico e mentale. Una storia talmente drammatica che merita non solo di essere ascoltata. E la forza di Come un uomo sulla terra è anche quella di andare a cercare chi favorisce in un certo senso questa nuova tratta e mettere in chiaro di chi sono le responsabilità. E l’Italia non è esente da colpe: vergognoso per il nostro paese che ora respinge i barconi di clandestini, è quell’accordo bilaterale tra il governo italiano e quello libico per tenere sotto controllo l’emigrazione clandestina, che in realtà si è trasformato in un sistema per favorire il verificarsi di abusi di potere, di violenze fisiche e di traffici illegali con al centro essere umani indifesi. Ancora più eclatante è la totale ignoranza di un organismo internazionale, il Frontex, deputato a monitorare le condizioni dei migranti e dei centri di accoglienza previsti per loro. I dirigenti di questo ente, con uffici nei grattacieli di Varsavia, ignorano persino l’ubicazione delle prigioni in cui questi uomini vengono rinchiusi. Negli occhi dei protagonisti di questo documentario c’è la voglia di risollevarsi. Dagmawi è in fondo uno di loro, che ha superato questo dramma tempo fa e ora si trova dall’altro lato, cercando di dare una speranza a chi è arrivato dopo di lui. È giusto che qualcuno faccia sentire le loro voci. Anche se i segni sui corpi e nelle anime di chi è sopravvissuto resteranno.


(Come un uomo sulla terra) Regia: Andrea Segre, Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene; sceneggiatura: Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene; fotografia: Andrea Segre; montaggio: Luca Manes ; Musiche: Piccola Bottega Baltazar; produzione: Associazione Asinitas Onlus, Zalab;origine: Italia 2008; durata: 60’.


Enregistrer au format PDF