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Compleanni - I novantacinque anni di Mario Monicelli

Pubblicato il 14 maggio 2010 da Arianna Pagliara


Compleanni - I novantacinque anni di Mario Monicelli

Compie novantacinque anni il quindici maggio Mario Monicelli, indiscusso protagonista della commedia italiana che nel corso degli anni ha diretto più di cinquanta film, avvalendosi delle interpretazioni di grandissimi attori (Gassman, Totò, Mastroianni, Sordi, Tognazzi, la Vitti, e ancora Troisi e la Sandrelli) e soprattutto ha saputo divertire il grande pubblico con film di contenuto e di qualità, solidi e convincenti.
L’attenzione ai contesti sociali e ai cambiamenti di costume tocca molti film del cineasta viareggino, dall’indimenticabile I soliti ignoti (1958) fino a La ragazza con la pistola (1968), interpretato da un’esuberante Monica Vitti. Spesso la comicità monicelliana ha avuto il pregio di saper sfociare anche in aperta denuncia sociale: si pensi al finale, amarissimo, del capolavoro La grande guerra (1959). Ma anche alla parentesi più “seriosa” de I compagni (1963), spaccato sulle lotte operaie nella Torino di fine Ottocento con protagonista Mastroianni, film che ingiustamente non viene ricordato quanto sarebbe dovuto tra i molti del grande regista.
Monicelli è riuscito - anche con l’ausilio di grandi sceneggiatori, come il duo Age e Scarpelli – a infondere ai suoi film uno spirito comico inimitabile, che con il passare del tempo ha saputo anche mutare e rinnovarsi: più scanzonato, ad esempio, nel magnifico dittico sul personaggio di Brancaleone da Norcia, tocca punte di cinismo in Parenti Serpenti (1992). Con Amici miei (1975) e Amici miei atto II (1982) invece, il regista toscano ha elevato in pratica a protagonista la passione pura per la burla e per lo scherzo, raccontando le avventure di cinque “vitelloni” che trascorrono il loro tempo prendendosi gioco di tutto e di tutti, perfino della morte.
Ma, come già detto a proposito de I compagni, anche quei film in cui la risata, che sia più goliardica o più tenera, lascia il posto a una riflessione drammatica, appaiono validi e riusciti: è il caso di Un borghese piccolo piccolo (1977), che descrive la parabola amara e straziante di un padre che vendica la morte di un figlio, dimostrando la versatilità di Sordi che qui esce dal suo ruolo comico di sempre e insieme quella di Monicelli, che si rivela completamente a suo agio in un registro diverso rispetto a quello della maggior parte dei suoi film.
Il regista toscano non ha disdegnato, nel corso della sua lunga carriera, neppure il film in costume, che però ogni volta viene imbevuto di quell’inconfondibile comicità, spesso corrosiva e sempre fantasiosa, che caratterizza il suo cinema. I già citati L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle crociate (1979) costituiscono un esempio particolarissimo di “commedia all’italiana in costume”, in cui la sgangherata armata del grande cavaliere Brancaleone da Norcia (un irresistibile Vittorio Gassman sbruffone e fanfarone) somiglia molto alla scalcinata compagnia di sventurati protagonisti de I soliti ignoti. Ancora, I picari (1987) racconta la storia di due giramondo perdigiorno (interpretati da Giancarlo Giannini ed Enrico Montesano), personaggi monicelliani in piena regola, sull’onda degli sfaccendati protagonisti del dittico Amici miei. Pochi anni prima di dedicarsi al racconto delle avventure dei due picari Monicelli aveva inoltre girato Il marchese del Grillo (1981), grande interpretazione di Sordi nel ruolo di un nobile cinico e disincantato, dalle aspirazioni illuministe ma sempre ben attento al proprio tornaconto.
Mostrandosi nel corso del tempo quanto mai acuto e versatile nella sua lettura delle cose attraverso un registro sempre efficacemente comico, Monicelli ha girato il suo ultimo film addirittura dopo aver compiuto i novanta anni, affrontando ancora una volta il tema della guerra con Le rose del deserto (2006) e rivelando così un’energia e un vigore forse inarrivabili. Molto di più che un abile ed esperto artigiano capace di confezionare film ben congegnati, Monicelli ha dimostrato nel corso di più di mezzo secolo di essere senza dubbio una figura fondamentale nel cinema italiano dal dopoguerra in poi, miscelando ogni volta alla perfezione comico e tragico, dolcezza e disincanto, fantasia e realismo, riuscendo sempre ad arrivare al cuore del pubblico imprimendo ai suoi film un tocco personale e autentico, e posando sulle cose uno sguardo sagace che non ha mai perso lucidità.


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