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Concerti - Sol invictus (Unica data italiana: Itri 15 settembre 2007)

Pubblicato il 16 settembre 2007 da Alessandro Izzi


Concerti - Sol invictus (Unica data italiana: Itri 15 settembre 2007)

Itri è un paesino dell’entroterra del basso Lazio a una cinquantina di chilometri col confine con la Campania. A guardarlo da fuori sembra un presepiuccio arroccato tra le colline: un agglomerato di case e tutt’intorno aperta campagna coltivata a oliveti.
C’è pure un castello e lo si vede bene prima di entrare in città. Sembra, da lontano, dominare la collina, ma quando siete ormai entrati nel centro abitato non lo vedete più, coperto com’è da quel dedalo di stradine e casettine che il capriccio di un bambino gigante gli ha costruito intorno.
A passarci veloci non direste mai che ci si potrebbe davvero far qualcosa. Eppure è qui che i Sol Invictus, storico gruppo di musica Neo folk, ha deciso di tenere l’unica data italiana del suo Tour. Merito questo della C.ineteca A.tomica del Ga.rigliano, un gruppo combattivo di giovani agguerriti, che ogni anno mette su un cartellone niente male di eventi che ambiscono a superare la mera dimensione locale. E il concerto evento del 15 settembre, tenutosi proprio nel cortile del castello, sta lì a dimostrarlo.

La serata è stata aperta da Autunna et sa rosa, un duo di violoncello e voce recitante che ha proposto al pubblico una serie di brani improntati su un modello di teatro musicale utopicamente “multiespressivo” in cui è proprio la componente più strettamente drammaturgica (e letteraria) a governare e guidare ogni singola scelta estetica. Secondo una logica strettamente imparentata all’universo e alla poetica decadente (che lega, però, l’enfasi cara a Baudelaire al pensiero eversivo di Antonin Artaud) gli Autunna compiono la loro ricerca espressiva nel territorio di una sintesi estrema in cui possano confluire in maniera quanto più possibile libera e naturale non solo le esperienze della musica e del teatro puro (di voce prima ancora che di corpi), ma anche quelle della parola (in tutte le lingue della grande cultura europea: tedesco, francese, inglese ed italiano) e dello stesso cinema con videoinstallazioni di immagini squisitamente surrealiste. E per quanto proprio questa vocazione al recupero dell’esperienza surrealista possa apparire, oggi, un poco datata, non di meno l’esperienza del duo resta curiosa e stimolante.
Peccato allora che, delle tre interessanti proposte che hanno animato la serata, quella degli Autunna et sa rosa sia stata proprio quella che ha maggiormente sofferto di alcuni sostanziali limiti organizzativi. Tanto per cominciare non si può non rimarcare come il fatto che i brani proposti, estrapolati com’erano dai loro contesti d’origine, finivano per perdere la loro dimensione più marcatamente teatrale e subivano, per lo spettatore, un vero e proprio stravolgimento di senso (è accaduto in particolare col brano tratto dall’opera Sturm). Il fatto poi che il palco fosse ingombro di tutti gli strumenti musicali che sarebbero stati più avanti i protagonisti del resto della serata, rendeva estremamente difficoltosa la gestione attoriale dello spazio di una rappresentazione che avrebbe avuto certamente bisogno di molto più vuoto. Lo spettacolo, così disancorato dalle sue stesse origini, sembrava, quindi, fluttuare nel vuoto, incapace a crearsi un nuovo contesto o anche, più semplicemente a fondersi con le suggestioni arcane del cortile del castello che ospitando l’evento sembrava, però, non avere, per il duo, altra funzione che quella di mera cornice.

Più integrato col luogo è sembrato, invece, il secondo gruppo, le Dame Mediolanensi, che, pur muovendo ancora su una gestualità di stampo teatrale resa ancor più ieretica, nella prima parte, dall’impiego di maschere e torce, ha segnato una sostanziale rivincita della musica sulle ragioni dell’intero spettacolo.
Suggestione ed incanto sono stati alla base di un’esecuzione di alto livello che vedeva succedersi brani diversi, ma tra loro accomunati da una precisa ridda di riferimenti alla musica antica (in specie medioevale), alle esperienze popolari e a certa canzone d’autore. Quanto più lo sguardo delle dame si spingeva verso il passato (i primissimi brani proposti accompagnati solo dalle percussioni e sostenuti da discreti pedali della tastiera) tanto più l’esecuzione risultava convincente, affascinante e perfettamente calata tra le torri del castello e gli incanti di una notte stellata. Per converso quanto più la gamma espressiva di un canto tecnicamente notevole si muoveva verso lidi più contemporanei tanto più si affacciava nello spettatore/ascoltatore l’impressione di una sostanziale “forzatura”. Impressione diventata lacerante in tutta la seconda parte dello spettacolo in cui a farla da padrona è stato uno stile da cabaret alla Kurt Weill sostenuto, “a distanza” dalla videoproiezione (del tutto disarticolata rispetto a quanto avveniva sul palco) di immagini tratte da Germania anno zero di Rossellini: quasi un’indicazione, per il pubblico, di un’oasi di assoluta perfezione oltre i limiti della stessa rappresentazione.

A chiudere la serata c’erano, infine, i Sol invictus: il vero motivo per cui il pubblico (sostanzialmente numeroso) era lì.
Ed è proprio con I Sol che la musica è diventata definitivamente la padrona incontrastata dello spazio e del tempo indefinibile del cortile del castello. La musica del gruppo ha mantenuto, anche in questa esecuzione dal vivo, tutte le caratteristiche che ne hanno decretato il successo nel corso degli anni: brani fondati sulla reiterazione di poche cellule melodiche, una logica quasi completamente refrattaria ad ogni forma di sviluppo del materiale musicale ed impiego di un’orchestrazione minimale che vedeva protagonisti, nella serata itrana, oltre alla chitarra e alla voce del loro leader storico anche basso, violino e flauto traverso.
A metà tra un cupo salmodiare e il canto spiegato e ripiegato di una ballata dal sapore antico si consuma tutto il pensiero dei Sol invictus che potrebbe essere sintetizzato nella logica di un sostanziale rifiuto dei valori della società moderna (spesso presente, a livello sonoro, nelle crude dissonanze che fanno da sfondo alla protesta accorata della voce) e di un’inesausta nostalgia per un passato inattingibile, tanto lontano eppure tanto vicino. A palco finalmente vuoto, col discreto accompagnamento di appena qualche still frame sullo schermo, la musica dei Sol invitus sembrava il perfetto correlativo sonoro dello strano incontro tra i luoghi del castello antico e le sovrastrutture di ferro del palco e di tutto ciò che era necessario a far andare avanti lo spettacolo.
Al di là di qualche limite tecnico che conferma la paradossale impressione che la musica del gruppo funzioni meglio su disco che non nelle esecuzioni dal vivo, la serata (il cui più grande difetto sta nell’aver messo su troppe cose insieme) si è, infine, conclusa nel migliore dei modi.


Link utili:

C.A.Ga. Sito ufficiale
Camerata Mediolanense Sito ufficiale
Sol invictus Sito della Tursa
Autunna et sa Rosa Sito ufficiale


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