Siamo ancora dalle parti del Sundance con Somebody Up There Likes Me del Bob Byington di Harmony and me, che pur non avendo gareggiato all’ultima edizione, è chiaramente figlio di quel cinema, con un umorismo lieve e surreale incline a mutare nel sarcasmo e una leggerezza che gli fanno perdonare una certa "superficialità" ormai caratteristica del Festival di Park City.

Soprattutto, Byington ha il pregio di non prendersi mai sul serio e col sodale Nick Offerman - produttore e interprete - racconta la vita di un uomo in un’ora e un quarto, pochi atti che, saltando avanti di cinque anni a sequenza, passano in rassegna matrimoni, figli, amanti e progetti lavorativi, fino all’epigrafe tombale.

Ma mentre le mogli invecchiano e il figlio cresce - mantenendo sempre lo stesso berretto e gli stessi occhiali - lui, Max, che ha aperto una valigia magica resterà forever young.
Come lo spirito di questo cinema indie, che non sembra voler e poter superare la soglia dell’età adulta, restando legato ai cartelli colorati e fumettari, alle sovrimpressioni animate da cartoon, ad un orizzonte gioiosamente adolescenziale che vuole surfare sull’esistenza, scorrendovi sopra e attraversandola senza immergervisi mai davvero.

Il protagonista Keith Poulson ha la faccia eternamente ragazzina e l’aria svagata di chi è capitato per caso davanti a una macchina da presa che sembra amarlo incondizionatamente mentre il rock aereo e leggiadro di Albert Hammond Jr. - chitarrista degli Strokes, dal cui progetto solista Yours to Keep Chris Baio dei Vampire Weekend ha attinto per la colonna sonora - immerge in un mondo di marzapane da cui non si vorrebbe piu’ uscire.
Fluttuante e delizioso, al grado estremo del pop.