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Cuore di donna

Pubblicato il 23 ottobre 2002 da Alessandro Izzi


Cuore di donna

Il film per la televisione di Bernini non è, nè vuole essere, (secondo alcune dichiarazioni rilasciate anche dalla stessa protagonista Sabrina Ferilli) la biografia di Maria Grazia Cutuli, la giornalista del Corriere della Sera uccisa sulla via di Kabul, ma non si può negare che esso attinga ben più di qualche astratto spunto da quella vicenda tragica che, sia pure per qualche breve momento, ci ha mostrato un altro volto della guerra. Un volto che, sprofondati nella nostra poltrona di fronte alla televisione, vorremmo cercare il più possibile di ignorare, voltando magari la testa verso il muro ed immaginando, non si sa bene come, che le guerre altro non siano quegli astratti video game o quelle foto via satallite di cui sono ghiotti i TG di prima serata. Il film, comunque, in perfetta aderenza a quelle che sono le leggi spettacolari obbligatorie delle fiction televesive, specie se di origine italiana, non si limita a raccontare la storia di una donna (qui Flavia) ligia a tal punto al suo dovere di informazione e al suo ideale di ricerca della verità da rischiare la propria vita, ma anche la sua travagliata storia d’amore con il collega Thomas (Ivan Franek). Siamo in Afghanistan nel pieno dell’operazione “Enduring Freedom” e la confusione della polvere alzata dalle jeep che corrono nel deserto, fa il paio con quella politica di una guerra ambigua e strana le cui dinamiche sfuggono, e sfuggiranno ancora a lungo, dalla nostra possibilità di capire. L’opera in questione vuole essere prima di tutto il ritratto di una donna forte e volitiva, di una persona del tutto incapace a scendere a compromessi con il mondo meschino che la circonda e in cui è costretta in ogni caso ad operare. Nel dare il più possibile spazio a questa immagine di donna, il regista, ignorando quasi del tutto il contesto entro cui va a calare la sua vicenda fortemente drammatica, punta tutto sul volto asciutto e volitivo, terragno e squadrato della Ferilli che, seppur poco provvista di talento, ha però il pregio di prendere mortalmente sul serio e a muso duro il suo lavoro. Ne viene fuori un’opera minata da tutti i problemi tipici degli istant-movies (quelli per intenderci che nascono a stretto ridosso di un particolare evento storico): ovvero incapacità di una reale comprensione critica del dipanarsi degli eventi, superficialità nella descrizione delle motivazioni psicologiche dei personaggi messi in scena e valutazioni di merito (non necessariamente politiche) che appaiono, quando li si guarda a freddo, anche a breve distanza dagli eventi narrati, sparate a caso con incredibile leggerezza. Il film, ancora prima della sua uscita, ha naturalmente ingenerato un mare di polemiche che sono sorte dalla dichiarazione assai forte del fratello di Maria Grazia Cutuli che ha definito il tutto “un’operazione disgustosa” e un tentativo di cavalcare l’onda emotiva di una vicenda che tanto aveva colpito il pubblico, per fini biecamante commerciali. Il fatto che la famiglia della Catuli avesse dapprima dato un entusiastico consenso all’idea della realizzazione di un film sulla giornalista per poi, frettolosamente, negare ogni permesso di realizzarlo, dovrebbe dirla lunga sul modo in cui la televisione si è impossessata delle vicende per trarne fuori un’altra di quelle storie edificanti che si spacciano per opere realitistiche (Matilde Bernabei ha addirittura parlato di “fiction neorealista” dimostrando una palese incomprensione del significato della parola neorealismo), ma che sono, in realtà, niente più che dei romanzetti d’appendice per riempire la serata. Forse non era questa l’intenzione degli autori (comunque mossi, nel realizzare il progetto, da un’onda emotiva e dal desiderio di rendere omaggio ad una donna morta nell’adempimento del proprio dovere), ma in queste direzioni vanno, purtroppo, i risultati. Spegnamo il televisore consapevoli di non sapere niente di più della situazione afghana (e a chi ci obietta che non è, in fondo, questo il tema della fiction rispondiamo che se l’Afganistan era ciò che dava un senso al lavoro e agli ideali della protagonista sarebbe bene che noi spettatori lo vedessimo bene, sia pure attraverso gli occhi non certo imparziali del personaggio). Ma soprattutto la spegniamo nella dolorosa consapevolezza che malgrado i tanti servizi passati sui TG, i tanti articoli letti in cronaca, i tanti approfondimenti realizzati in TV, alla fine sulla vita della Cutuli non sappiamo nulla davvero. Il che è e resterà un peccato.

Fiction: Cuore di donna; Regia: Franco Bernini; Sceneggiatura: Franco Bernini; Interpreti: Sabrina Ferilli, Ivan Franek, Rocco Papaleo, Renato Mori; Messa in onda: lunedì 30 settembre 2002; Rete: RAI 1

[ottobre 2002]


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