X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



DA SCARFACE A I SOPRANO

Pubblicato il 26 novembre 2006 da Giampiero Francesca


DA SCARFACE A I SOPRANO

Un bianco e nero preciso, sottile, espressionista. La notte in una periferia metropolitana. Una donna, bionda. Un uomo, sigaretta fra i denti e impermeabile sulle spalle, cinico, laconico... Bastano poche immagini, brevi sequenze, per trasportare chiunque di noi in un universo parallelo, istantaneamente familiare. E’la forza del genere nel suo aspetto più fulgido. Un sistema narrativo e iconografico di immediata riconoscibilità, un equilibrio fra le esigenze produttive e il gusto del pubblico, fra studio look e sentimento popolare. Codici ormai consolidati ma non monolitici; un organismo che vive d’osmosi con la società, adattandosi ai continui mutamenti in cui si muove. L’evoluzione economica, culturale, sociale del contesto corrispondono dunque ad una lenta ma incessante evoluzioni dei canoni.
Prendiamo ad esempio proprio il succitato gangster movie. Film come “Piccolo Cesare” (Little Caesar, M.LeRoy, 1930), “Nemico Pubblico” (The public enemy, W.Wellman, 1931), “Scarface” (Id., H.Hawks, 1932) mantengono, oltre a numerosi punti di contatto stilistico e narrativo, una decisa aderenza alla realtà. Sobborghi malfamati, abuso di armi, violenza diffusa e un ruolo, quello del gangster appunto, che, seppur osteggiato dalla legge, inizia ad assumere un rango rispettato e popolare, colorano le pellicole di un realismo in grado di raccogliere intorno a se le esigenze del pubblico. Sarebbe ridicolo costruire oggi, a oltre settant’anni di distanza, un film con le stesse caratteristiche di quei classici. Ciò nonostante la forza dei generi mantiene salda tutto il suo valore. Quali elementi rendono possibile questa alchimia? Quali influenzano queste evoluzioni?
Sarebbero domande pleonastiche se vivessimo in un mondo in cui,una volta per tutte, fosse chiaro il fulcro, il vero motore dell’enorme macchina televisiva e cinematografica: il pubblico. Non è un caso, ed è ora di prenderne atto, che, soprattutto in America, patria dei generi classici, l’evoluzione più evidente sia avvenuta in televisione e non al cinema. La diversa composizione del uditorio delle reti americane, la molteplicità dei canali, le differenti possibilità produttive che il sistema televisivo USA mette a disposizione hanno trasformato emittenti come HBO e Showtime in piccoli laboratori in cui si sperimenta proprio l’evoluzione dei canoni. Questo sforzo qualitativo, oltre a rappresentare di per se un segno estremamente positivo, ha contribuito a innalzare il livello medio della produzione americana, compreso quello delle reti generaliste e commerciali costrette ad inseguire un pubblico sempre più attento e preparato. In un epoca in cui i generi classici si allontanano sempre più dal grande schermo la televisione appare come una riserva; una riserva per i gialli, i polizieschi, le commedie e le screwball, già strutturalmente più vicine al piccolo schermo, ma anche per i western (Deadwood), il carcerario (Oz, Prison Break) e finanche per il peplum (Rome). Se è vero dunque che l’evoluzione di una società corrisponde ad un cambiamento dei sistemi narrativi e iconografici che la rappresentano, ancor più evidenti saranno i risultati se visti attraverso un mezzo, la televisione, diverso per tipo di fruizione, target e sistema produttivo.
In un paese come il nostro in cui parlare di generi significa, nel migliore dei casi, rievocare un passato glorioso, e nominare la televisione citare un mostro portatore di volgarità, bassezze e ignoranza, analizzare fenomeni come quello che sta avvenendo in America è un compito utile e necessario. Ed è quello che, nei prossimi mesi, ci proponiamo di fare. Ragionare sulla parte migliore di un mezzo bistrattato, per riflettere sul presente e pensare al futuro


Enregistrer au format PDF