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DARWIN’S NIGHTMARE

Pubblicato il 18 settembre 2004 da Antonio Pezzuto


DARWIN'S NIGHTMARE

Tanzania, lago Victoria, il secondo più grande al mondo. Negli anni Sessanta qualcuno incautamente vi ha introdotto il pesce persico del Nilo che ha sterminato tutti gli altri pesci presenti e ne ha sconvolto l’ecosistema. La sua presenza tuttavia garantisce l’esportazione a quintali in Europa, su piccoli aerei di modeste compagnie russe che transitano continuamente in un piccolo aeroporto: arrivano teoricamente vuoti ma molto probabilmente carichi di armi per fomentare le guerre civili che infuriano sul territorio. La popolazione locale, decimata dall’AIDS, ha un tasso di mortalità altissimo, a chi va bene lavora sottopagato nelle industrie che preparano i filetti di pesce da esportare, a chi va male non resta altro che la pesca, il riciclo delle lische quasi inutilizzabili avanzate dagli stabilimenti, o la prostituzione. Basterebbe esportare solo la metà del pesce per nutrire agevolmente la popolazione locale e trarre sufficienti profitti, ma evidentemente a qualcuno conviene che il paese rimanga nella carestia. Partendo da un singolo e apparentemente ininfluente episodio, intervistando preti e pescatori, uomini politici e piloti ucraini di passaggio, Sauper, senza patetismi e limitando al minimo gli interventi, conduce gradualmente lo spettatore nel vero e proprio incubo dell’infinita catena di conseguenze della globalizzazione, la testimonianza vivente delle teorie darwiniane sulla sopraffazione. Piano piano, da semplice e quasi folkloristico reportage su una delle tante realtà dimenticate del nostro pianeta, senza perdere il suo understatement, si rivela una mostruosa macchinazione internazionale, in cui sono i poveri a pagare, morendo a migliaia, come la giovane prostituta Eliza, una dei tanti, accoltellata da un cliente durante le riprese, della cui sorte ci informa solo una sobria didascalia. Insignito meritatamente del premio Label Europa Cinemas riservato alle pellicole europee, Darwin’s Nightmare conferma (se ce ne fosse bisogno) il riconoscimento dello status cinematografico a tutti gli effetti anche al genere documentario e il talento della scuola austriaca, già famosa grazie a Ulrich Seidl e Barbara Albert. Non resta che augurarsi l’impossibile, ovvero che possa trovare un’adeguata distribuzione nelle sale cinematografiche, se non altro per aiutarci a riflettere un po’ di più.

[settembre 2004]

Regia: Hubert Sauper Sceneggiatura: Hubert Sauper Fotografia: Hubert Sauper Montaggio: Denise Vindevogel Suono: Veronika Hlavatsch Produzione: Mille et une productions, Coop 99, Saga Film Origine: Francia, Austria, Belgio Durata: 107’

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