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DVD: Cofanetto Bruce LaBruce

Pubblicato il 21 marzo 2011 da Alessandro Izzi


DVD: Cofanetto Bruce LaBruce

Ai tempi di Romero lo zombie era un ammasso di tessuti morti tenuto insieme da un vago ricordo di umanità.
La marcescenza delle carni stava attaccata ad ossa troppo fragili per permettere lo scatto del centometrista, così il revivente uscito dalla tomba poteva appena muoversi, caracollando intorno ad un asse d’equilibrio sempre precario.
Creatura triste e terribile, il morto vivente mostrava il suo volto peggiore solo quando si trovava vicino ad un vivo morente che gli facesse da specchio. Solo allora la ripetizione inconsulta di azioni che avevano un senso quando ancora si era vivi, s’interrompeva per dare spazio alla fame. Solo in quei momenti votati alla frenesia di un quieto pasto ferino l’occhio, altrimenti spento, puntava in una direzione che era poi quella della vittima e i denti ritrovavano un perché dentro un volto che aveva disimparato l’impegno dei muscoli al sorriso.
Romero continua a volerli lenti i suoi zombie, e nel tenerli tali li riesce ancora a dotare di una personalità triste e dolente. Non perché sia triste il mostro che si affanna sulle scale mobili dei supermercati, ma perché è triste il vivo che ci vede dentro il proprio stesso riflesso.
Oggi, in piena moda di zombie corridori che scattano alla velocità di dodici fotogrammi al secondo di ripresa fatta scorrere, per sicurezza a venticinque, anche Bruce LaBruce, geniale regista quando vuole sia per il cinema che per il teatro, ripensa al mito in chiave di insostenibile lentezza.
Resta, per i suoi zombie, la stessa condizione di specchio e monito alla nostra condizione che cercava Romero, ma essa si piega ad un discorso nuovo che alla sociologia mischia le carte più personali dell’autobiografia.
I suoi zombie sono ambigui. Un passo più in là nel cinema ed uno più in profondità nel cuore. Lo scandalo che emerge dalle sue immagini oggi forse più di ieri è accidentale, stretta conseguenza di una sincerità cui non siamo più abituati.
I suoi zombie forse non sono neanche zombie. Potrebbero essere anche disadattati, persone emerse dal subconscio collettivo, stanche di essere reietti ed incapaci ad essere altro. Potrebbero essere loro a pensarsi zombie per la sola ed ottima ragione che quando ci capita di incrociarne qualcuno in un bar di periferia, siamo noi per primi a scambiarli per tali.
I suoi zombie, forse, non mangiano neppure i vivi. Forse non lo fa Otto, dell’ormai celebre film omonimo (sottotitolo: Up with the dead people) che magari è solo un teenager che non sa rassegnarsi del tutto alla propria omosessualità ed alla fine di una storia avuta con un coetaneo poco prima. Sicuramente non lo fa il mostro di L.A. Zombie che, anziché mangiare i vivi, scopa i morti per riportarli in vita.
Entrambi i film aggionano la metafora alimentare a quella sessuale con tanto di connotazioni legate all’incubo dell’AIDS che qui si ribalta catarticamente nel suo esatto contrario.
Bruce LaBruce non teme lo scandalo. Racconta ciò che può dei suoi eroi tristi e dilaniati. E mostra con gesto impietoso (qua e là verboso in Otto, lucidamente folle in L.A. Zombie) come il vero mostro non è il singolo condannato al margine, ma la società che se ne nutre quando è ancora vivo.
Il sesso gli diviene tra le mani, in questa metafora crudele, l’unico strumento di liberazione. Rivoluzionaria in Otto, dove, se non altro nello spazio del film nel film, c’è un esercito che punta alla definizione di un nuovo ordine sociale. Prettamente esistenziale in L.A. Zombie dove i vivi passano inconsapevoli mentre un barlume di pensiero attraversa i soli occhi dei redivivi dopo che il sesso li ha risvegliati al silenzio.
Bruce LaBruce concepisce i due film come gemelli assai diversi. Otto è un film sperimentale, oggetto d’arte che si nutre di mille riferimenti che passano dall’espressionismo tedesco fino al mai citato (in tutte le interviste, compresa quella che il regista ha rilasciato espressamente a noi) Guy Maddin che più che agli zombie si è rivolto a Dracula. In esso il mostro è per essere braccato. Come un omosessuale da tutti temuto perché si porta addosso il segno di un contagio.
Viceversa L.A. Zombie è un porno ricondotto a film d’autore. Del porno ha la struttura fatta di quadri isolati uniti dal comun denominatore del sesso, la mancanza di una trama forte, il bisogno di fermarsi sul primario dell’immagine a scapito del sovrappiù della parola e del concetto. Del porno si porta addosso anche l’esibizione del sesso (anche se quella che abbiamo visto a Torino e poi in DVD è l’edizione soft mentre la hard è destinata ad altri circuiti) e l’estrema ripetitività del gesto narrativo che potrebbe ingenerare noia in chi, in un film, cerca una storia forte.
I film sono cornice ad un discorso denso che si avvale di attori che sono se stessi dal Jey Crisfar di Otto (studente trovato su Internet denso di vulnerabilità) al Francois Sagat che di film ne ha fatti tanti, per lo più pornografici. E si aprono con una mano che esce dalla terra (quella di Otto) per chiudersi con un’altra (quella del mostro losangelino) che la terra va a scavarla in cerca di riposo. Ma sotto una lapide così consunta dal tempo che quel che vi si riesce a leggere sono appena tre lettere dolenti: L A W.

La qualità audio-video

Presentati in cofanetto di due dischi, i film si vedono piuttosto bene. La qualità del riversamento è resa evidente anche dalla diversità degli approcci stilistici delle due opere presentate. Otto, infatti, è un film che mischia bianco e nero e colore con un complesso lavoro fotografico, mentre L.A. Zombie è opera strappata alle strade senza preparazioni e set, come video amatoriali. In entrambi i casi, il rapporto primi piani sfondi è corretto e il quadro si rivela sempre piuttosto pulito.
Buono anche l’audio, preciso nella sola codifica originale, non essendo mai stato doppiato il primo film e non avendone bisogno, privo di dialoghi com’è, il secondo. Entrambi in 2.0

Extra

Otto si avvale anche di uno storyboard e di un trailer. Interventi che potrebbero far gola agli appassionati e che aiutano senz’altro a comprendere il lavoro di “scrittura” dell’opera.
Più densi gli extra legati a L.A Zombie: una stuzzicante doppia intervista a Bruce LaBruce e Francois Sagat (nel quale molto viene spiegato del mondo poetico di entrambi) cui si affiancano, meno pregnanti, una gallery ed un trailer.

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Cofanetto Bruce LaBruce
Disco 1
: (Otto, or Up with the dead people); Regia: Bruce LaBruce; interpreti: Jey Crisfar, Marcel Schlutt, Katharina Klewinghaus, Medea Yarn, Susanne Sachße, Guido Sommer;
Disco 2: (L.A. Zombie); Regia: Bruce LaBruce; interpreti: Francois Sagat, Matthew Rush, Erik Rhodes, Francesco D’Macho, Tony Ward;
distribuzione Cofanetto: Atlantide.
formato video: 1.85 - 16/9 (entrambi i titoli); audio: Originale dolby digital 2.0 (entrambi i titoli); sottotitoli: Italiano (solo Disco 1).

Extra: Disco 1: 1) Storyboard completo del film realizzato da Alexandre Dieval a.k.a. Dr.Wunder 2) Trailer; Disco 2: 1) Bruce LaBruce VS François Sagat 2) Trailer 3) Gallery


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