Halloween La notte delle streghe (Halloween) di John Carpenter fa parte di quella manciata di film che hanno cambiato in maniera radicale il genere del horror modernizzandolo e attualizzandolo. Uscito nelle sale nel ’78 il film contiene tutti quegli elementi che da lì in avanti sarebbero diventati topoi del genere. Nato come produzione indipendente, il film costò appena 320000 dollari e fu girato in tempi brevissimi.

Nella notte del 31 ottobre del 1963 il piccolo Michael Myers, dopo aver sorpreso la sorella amoreggiare con il suo ragazzo, la massacra selvaggiamente. Il bambino, affetto da turbe psichiche legate alla sfera sessuale, viene rinchiuso a vita in un ospedale psichiatrico e affidato alle cure del Dr. Loomis (Donald Pleasence). Nel quindicesimo anniversario del massacro Michael fugge per portare il terrore nella cittadina di Haddonfield.

Carpenter, alla sua terza regia, porta sullo schermo un horror atipico, che contiene già in essere tutti i principali elementi della poetica del grande autore americano. In primis il concetto di male assoluto, considerato come essenza organica, immanente e indistinta della società contemporanea. Come anche in Distretto 13 le brigate della morte, dove il male non ha coordinate fisiche, la gang di assassini era infatti formata da unità generiche e non definite (non esisteva nel film alcun dialogo tra i membri che la componevano, che ne potesse, per esempio, identificare l’essenza o la ragione). Come per gang di indistinti assassini, il maniaco Myers ha bisogno di una maschera (è indifferente se da clown o dell’orrore) che celi il suo viso, per attuare la sua violenza. In questa maniera il male assume così il senso di mito e l’uomo Myers si trasforma metaforicamente in spettro. Non pare dunque innaturale che il corpo del protagonista risulti pressoché invulnerabile e praticamente indistruttibile (nei sequel verrà decapitato e ciò non sarà sufficiente a chiudere definitivamente la storia!) Metafora ancora di una lotta eterna contro un’entità non più fisica ma rappresentativa di un’essenza dannata che è intrinseca nell’umanità. Logica in fondo sempre portata avanti con coerenza dall’autore americano, “... più tutto cambia, più tutto resta uguale...”, recitava sardonico e beffardo Jena (Snake) Plissken nel finale di Fuga da Los Angeles, riferendosi appunto alla società lì rappresentata. E ancora il finale di Fantasmi da Marte in cui i due protagonisti si trovano ad affrontare un nemico immortale.
Ma a rendere memorabile questa pellicola è una regia attenta, sofisticata e magniloquente, con il piano sequenza (la lunga ripresa iniziale costruita senza stacchi, che mostra la scena come se lo sguardo fosse quello del giovane Myers), tra le più note e complicate della storia del cinema e allo stesso tempo completamente funzionale al racconto e priva di qualsiasi intento virtuosistico. L’effetto che ne deriva è un grandioso colpo di scena, che in un certo modo fa il paio con quello rappresentato in Distretto 13 le brigate della morte, dov’era una bambina brutalmente assassinata e qui è un bambino che compie un massacro di un’agghiacciante efferatezza.
Ma questi sono solo alcuni spunti riflessivi su uno dei film più importanti della storia del cinema, terza opera dell’autore tout court, nel senso più squisito del termine. Carpenter ha infatti scritto, diretto, supervisionato il montaggio e composto e realizzato le musiche, dominando con la sua grande personalità praticamente ogni elemento.

La qualità audio-video

Ottimamente curata la resa dell’immagine nitida e senza alterazioni rilevanti, soliti della trasposizione in digitale. A migliorare notevolmente sensibilmente (rispetto le precedenti versioni del DVD) è invece l’elemento sonoro, grazie alla rimasterizzazione del audio in dolby digital 5.1, che permette un ascolto nitido soprattutto delle musiche, elemento essenziale per ricreare quell’atmosfera e quella suggestione tipica del film.

Extra

Grande la sezione extra contenuta parte nel primo disco e in tutto il secondo. La versione doppio disco (prodotta negli Stati Uniti per il venticinquennale dall’uscita del film) contiene diversi documentari dall’ottima fattura e documenti notevoli, che danno un preciso quadro storico del film. Fotografie e interviste spiegano l’atmosfera sul set, la grande fiducia nel lavoro che stavano portando avanti. La troupe giovanissima devota a quel momento magico del cinema americano in cui giovani autori, fuori dai rigidi schemi delle majors, rifondavano il cinema hollywoodiano. E soprattutto si evidenzia il grande e importante ruolo dell’amica, produttrice e co-sceneggiatrice Debra Hill a fianco di Carpenter in tutta la sua carriera, finché si spense ancora giovane nel 2005!