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DVD - Once upon a time in China III

Pubblicato il 15 febbraio 2010 da Lorenzo Vincenti


DVD - Once upon a time in China III

E’ difficile capire per un occidentale l’importanza che ha assunto per la nazione cinese la figura mitica e complessa del maestro di arti marziali Wong Fei Hung. Egli infatti non solo è stato in grado di accrescere e rinnovare la cultura del kung-fu presso il suo popolo ma ha saputo fare ciò mantenendo intatta dentro di se una solida struttura etica che gli ha permesso di diventare un mito, un’icona della tradizione cinese, da omaggiare ancora oggi tramite la coltivazione della tradizione e la divulgazione del suo ricordo. Il cinema, da parte sua, ha contribuito notevolmente nel corso degli anni a mantenere viva la fiamma della leggenda del maestro, talvolta narrandola semplicemente, a volte invece arricchendola di ulteriori elementi surrettizi volti ad ampliare in maniera smisurata la portata del mito. Il lavoro più ampio ed articolato in questo senso è stato probabilmente realizzato dal regista Tsui Hark che all’inizio degli anni novanta ha avuto il merito di ideare, produrre e dirigere una delle più grandi epopee cinematografiche dedicate ad un personaggio singolo. Once upon a time in China si compone di sei titoli (quattro dei quali diretti dallo stesso Hark) spalmati in altrettanti anni, tutti direttamente collegati tra loro. Un affresco complesso ed articolato della Cina di fine ‘800 e inizio ‘900, all’interno del quale convivono, insieme alla descrizione mitizzata delle gesta eroiche di Wong, le tradizioni di una nazione, la crisi delle stesse, le contaminazioni esterne ed una perlustrazione storica, artistica e sociologica di notevole interesse.

Questo terzo segmento della saga di Hark immerge lo spettatore nella Cina d’inizio novecento, periodo in cui l’Impero è costretto a fronteggiare tra mille difficoltà, le crescenti pressioni politico-militari portate dalle grandi potenze estere alla solidità della nazione cinese. Il protagonista Wong Fei Hung, giunto a Pechino insieme al suo collaboratore per una visita al padre, si ritrova dopo pochi istanti dal suo arrivo a dover fronteggiare un crescente stato di disordine cittadino provocato dallo svolgimento di un importante torneo di kung fu indetto dall’imperatrice. Ma c’è un segreto nascosto dietro i fastosi cerimoniali, una cospirazione politica che muove i suoi tentacoli con l’obiettivo di assassinare l’imperatrice stessa durante la serata finale del torneo. Come prevedibile, sarà Wong, con i suoi fedeli, a contrastare le forze del male. Sia quelle provenienti dagli stranieri, sia quelle provenienti dalla scuola di kung fu più cattiva e prepotente della città, capace di oltrepassare ogni limite imposto dalla morale pur di aggiudicarsi l’ambito trofeo. Questo terzo episodio è probabilmente quello che, situandosi al centro, segna la fine del carattere innovativo dell’intera operazione e avvia in un certo senso il declino qualitativo verso cui si dirigono rapidamente i capitoli successivi. Già in questa parte si percepisce infatti un affievolimento della vena creativa di Hark, in alcuni tratti troppo confusionario nella messa in scena e decisamente corrivo nell’elaborazione di una sceneggiatura non poco difettosa. La tradizione del suo cinema d’azione viene comunque onorata da una architettura visiva di straordinario impatto emotivo. Le coinvolgenti coreografie, i tipici costumi colorati, le conturbanti movenze del kung fu sono come sempre gli elementi figurativi cardine della composizione harkiana, come al solito regolata su un livello spettacolare senza eguali. La ridondanza creata dai movimenti di macchina, dalle inclinazioni irregolari del punto di vista, dalle improvvise accelerazioni del ritmo non crea scompenso nello spettatore, bensì ne accresce la sua partecipazione alle dinamiche filmiche. Come se l’opera di Hark fosse una giostra del luna park sopra la quale lo spettatore si diverte a muoversi ulteriormente per aumentare a dismisura l’effetto travolgente provocato dai sussulti della macchina. Questo film è l’esempio classico di come sarebbe a volte più facile sopportare alcuni difetti come la debolezza di sceneggiatura, o la poca complessità dei personaggi o una costruzione degli eventi non proprio dettagliata (tutte carenze del film) se, a sopperire a tali mancanze, ci fosse quanto meno la consapevolezza della capacità penetrativa che l’impianto visivo riesce ad avere sul pubblico. Sono infatti chiari i difetti del film, ma almeno Hark è cosciente di poter alleggerire ogni lacuna con l’accentuazione delle proprie doti e delle proprie capacità gestionali dell’azione scenica. Se a questa struttura visiva vengono poi sommati alcuni altri elementi tipici della epopea action, ecco allora che il film diventa più che mai riconoscibile e classificabile nella filmografia harkiana. Quando si parla di ulteriori elementi il pensiero non può che correre velocemente alla vena sarcastica dell’autore, utilizzata non solo per sdrammatizzare momenti di pathos eccessivo ma anche per oltrepassare la concezione stantìa delle arrugginite tradizioni cinesi attraverso una nuova interpretazione dissacrante, autoironica e quindi dinamica (rumori, accelerazioni, battute); ma non si può non fare riferimento anche al ricco e curioso background ideato dall’autore, uno sfondo molto affascinante sopra cui poggia un racconto capace di saltare da un primo piano narrativo in cui il divo Jet Li occupa la scena scalciando e saltando, ad una profondità di campo, sempre narrativa, in cui fanno la comparsa ad esempio le prime ingerenze della società capitalistica (si parla di macchina a vapore importata dall’Inghilterra), in cui prosperano le nuove forme artistiche (grande spazio è riservato ad un nuovo mezzo chiamato “cinematografo”) e in cui anche le rigide barriere del linguaggio nazionale cominciano a sgretolarsi di fronte a forme gergali d’importazione (la compagna si ostina ad insegnare a Wong parole inglesi quali Woman, Man o frasi come I love you). Queste componenti pur essendo, come detto, l’attrattiva maggiore del film di Hark, non sempre riescono però ad occultare i buchi dentro i quali si perde una scrittura accademica, a tratti didascalica, succube in maniera eccessiva del genere dietro cui si nasconde ed eccessivamente protratta verso una soluzione favolistica dei meccanismi drammaturgici. Elemento che, come ribadito, è possibile sopportare grazie ai barocchismi di Hark, ai suoi virtuosismi, ma che, in una valutazione complessiva, finisce per influire sia sull’esclusione di Once upon a time in China 3 dai capolavori del regista cinese, sia sulla sua automatica inclusione nella nicchia non proprio ristretta del cinema cult. Ossia quel cinema da conservare, catalogare e nel caso rivalutare a distanza anni.

La qualità audio-video

La qualità video del film non mostra alcun tipo di lacuna. La codifica in 16/9 - 2.35:1 risulta infatti perfettamente nitida. L’audio, anch’esso senza sbavature evidenti, è in Dolby Digital 5.1. Le versioni presenti sonbo due: una in italiano e una in cantonese. Con i sottotitoli in italiano da attivare ovviamente.

Extra

La sezione extra di questo dvd, oltre all’accesso diretto alle scene e alla presenza di due trailer del film, offre soprattutto l’opportunità di ammirare un interessante documentario sulla figura di Wong Fei Hung. Un lavoro di circa 13’ che passa in rassegna le tecniche di kung fu preferite dal maestro e raccoglie testimonianze dirette di membri, recenti e passati, delle arti marziali cinesi


(Once upon a time in China III); Regia: Tsui Hark; interpreti: Jet Li, David Chiang, Donnie Jen; distribuzione DVD: Dall’Angelo Pictures, formato video: 16/9 - 2.35:1; audio: Italiano Dolby Digital 5.1, Cantonese Dolby Digital 5.1; sottotitoli: italiano

Extra: 1) Special sul film 2) Trailer originale 3) Trailer new edition


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