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Fargo (seconda stagione) - Teste di Serie

Pubblicato il 23 dicembre 2015 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Fargo (seconda stagione) - Teste di Serie

C’era una volta, nel 1979, nei dintorni della pacifica e anonima cittadina di Luverne, in Minnesota, una famigliola mafiosa, i Gerhardt, composta dal padrefamiglia Otto (Michael Hogan), da sua moglie Floyd (Jean Smart) e dai tre figli, Dodd (Jeffrey Donovan), Bear (Angus Sampson) e Rye (Kieran Culkin).

Signori della malavita di Luverne, i Gerhardt erano abili nel gestire i loro affari e immuni ai molteplici tentativi della polizia di coglierli con le mani nel sacco. Una sera, tuttavia, il più piccolo dei fratelli Gerhardt, Rye, in un tentativo di estorsione ai danni di un giudice, finì con l’uccidere i pochi presenti all’interno di un diner; ferito e sconvolto per l’accaduto, Rye si riversò frettolosamente in strada, finendo con l’essere investito da Peggy Blumquist (Kirsten Dunst), l’innocente mogliettina di Ed Blumquist (Jesse Plemosn), aiuto-macellaio giù in città. La mondanità dei coniugi venne sconvolta dall’accaduto e, per paura che i Gerhardt o la polizia di Luverne li accusassero per l’omicidio di Rye, si sbarazzarono del corpo. Ma la scomparsa del figlio minore di Otto e Floyd Gerhardt mobilitò sulle sue tracce l’intera famiglia, alla quale si aggiunsero/contrapposero gli sforzi del corpo di polizia guidato da Lou Solverson (Patrick Wilson) e suo suocero, lo sceriffo Hank Larsson (Ted Danson). E, come se non fosse già abbastanza, la quite a Luverne venne dissolta dall’arrivo di Mike Milligan (Bokeem Woodbine) e i suoi sgherri, braccio destro del boss mafioso di Kansas City, Hamish Broker (Adam Arkin), intenzionato a sottrarre il territorio e tutti i possedimenti alla famiglia Gerhardt. Indipendentemente da chi fosse sopravvissuto, un’unica certezza gravava sul petto dei protagonisti della vicenda: la placida cittadina di Luverne era destinata ad annegare in un bagno di sangue.

Il passato è d’obbligo se si parla della seconda stagione di Fargo, serie tv nata dalla collaborazione tra Noah Hawley (per la sceneggiatura) e Joel ed Ethan Coen (in veste di produttori esecutivi), autori dell’omonimo cult del 1996 da cui la serie trae ispirazione. Questa Fargo nacque come serie antologica, quindi destinata a mettere in gioco per ogni stagione un cast e un plot del tutto nuovi, ma tale impegno di scrittura non sembra essere stato rispettato del tutto da Hawley: se la prima stagione ripartiva qualche anno dopo gli eventi verificatisi nella straordinaria pellicola dei fratelli Coen, questa seconda stagione schizza indietro nel tempo, illustrando con cura gli eventi solo in parte accennati dai protagonisti nel corso della prima stagione, presentando una vasto parco personaggi inediti, se non per il protagonista Lou Solverson (padre di Molly Solverson, protagonista della prima stagione). La seconda stagione di Fargo deve essere, quindi, considerata un vero e proprio prologo, autonomo e compiuto, ma perfettamente collocato in un arco narrativo congegnato alla perfezione, privo di sbavature o forzature di alcun genere: si tratta di un tentativo di gettare uno sguardo nel passato che, nonostante la quasi perfetta resa finale, difficilmente verrà ripetuto nel corso delle successive stagioni (la serie è già stata rinnovata per una terza stagione ed è stato confermato che verrà ambientata in un futuro molto prossimo al nostro presente e a quello della prima stagione).

In Fargo, la presenza dei fratelli Coen, nonostante non abbiano messo mano alla sceneggiatura di questa seconda stagione, è palpabile e si nota: il presupposto che muove l’universo farghiano, la scintilla che accende la miccia destinata a consumarsi e far deflagrare la bomba, è, ancora una volta, l’avidità, intesa in senso lato; il giovane Rye Gerhardt è l’autore di un piccolo massacro, smanioso di dimostrare il suo valore di criminale alla sua famiglia e convinto di poter ottenere ogni cosa desideri, senza badare alla volontà altrui; i coniugi Blumquist scivolano lentamente in un abisso di violenza perché non hanno alcuna intenzione di abbandonare la loro vita perfetta, ammettendo di aver ucciso il giovane Gerhardt; e, come se non bastasse, la guerra per il territorio e gli interessi tra la famiglia Gerhardt e la mafia di Kansas City è inevitabile dal momento in cui le due fazioni non vogliono rinunciare ad alcun possedimento, puntando al controllo totale dei loro interessi, incapaci di trovare dei compromessi. Di fianco a tali interessi, si accostano quelli di personaggi che paiono posti in secondo piano, ma altrettanto importanti per il corretto dispiegamento dell’intreccio narrativo: su tutti Ohanzee Dent (Zahn McClarnon), un sicario indiano al soldo dei Gerhardt, uomo taciturno e spietato, rancoroso nei confronti dei trattamenti che il suo popolo dovette subire per opera dei bianchi conquistatori; Mike Milligan, l’uomo del boss di Kansas City, desideroso di scalare i vertici dell’organizzazione criminale per cui lavora; e Simone Gerhardt (Rachel Keller), figlia di Dodd, adolescente dallo spirito hippy, avversa ai comportamenti del padre e in cerca di maggior considerazione da parte della famiglia.

Personaggi carismatici, dotati di una precisa e distinguibile personalità, caratterizzati alla perfezione per merito di una cura quasi maniacale dei dettagli fisici e caratteriali, tra i quali va riservato un posto d’onore alle figure femminili di Floyd e Simone Gerhardt e Peggy Blumquist, tre donne alla ricerca di quella indipendenza e parità sociale che assume più i contorni di un sogno, piuttosto che di un obiettivo perseguibile; discorso analogo va rivolto agli ambienti in cui s’affannano e si dannano l’anima per raggiungere i loro scopi: tra le strade e la campagna innevata di Luverne, nei motel spogli, ma accoglienti, nei locali popolati da individui disinteressati e ancorati a tradizioni e costumi superati, retrogradi e, ormai, inopportuni. Un teatro degli orrori ambientato in una fetta d’America destinata a lasciare il passo al progresso, pronta (ma ancora incredula) ad accogliere all’interno dello studio ovale un Presidente di nome Ronald Reagan (a cui presta il volto un gigioneggiante Bruce Campbell) che conoscono solo per i suoi ruoli di star di Hollywood, convinti che l’unico modo giusto per ottenere ciò che si desidera, lo si possa compiere perseguendo la via del fucile.

Ma ciò che rende la seconda stagione di Fargo indelebile nell’immaginario dello spettatore e di chi ricerca l’assoluto dietro un’operazione televisiva di tale portata, sta nella messa in scena dello show: una sceneggiatura pressoché perfetta, valorizzata da un montaggio lucido, essenziale e intriso di una discernibile autorialità nella sua composizione (ne sono un esempio le numerose scene montate a collage o per sovrimpressione); una costruzione priva di angoli bui, che utilizza ogni singolo personaggio fino a esaurirne ruolo e funzionalità, impreziosita da una colonna sonora variegata, a sostegno dei maggiori momenti di climax che non inciampano mai in prevedibili risoluzioni.

Pare chiaro come Noah Hawley e i Coen (dalle retrovie) siano intenzionati a riproporre tale struttura narrativa anche per le prossime stagioni, magari alterandone la fisionomia: questa presa di posizione potrebbe destabilizzare l’umore e la curiosità dello spettatore, inconsciamente già preparato a quanto gli verrà proposto, ma Fargo aveva già stabilito i confini entro i quali sviscerare la Storia dell’America di provincia a partire non dalla prima stagione, ma dai presupposti secondo i quali si agganciava all’omonimo capolavoro dei fratelli Coen. Qui non c’è spazio per la sperimentazione, né per stravaganti eccessi d’autore: in Fargo si raccontano storie semplici e terribili, e c’è l’America (quella vera) con il suo passato, presente e futuro vestito da fiction. L’oro di Fargo sta tutto nella sua messa in scena, eclettica, tagliente, inesorabile. Un capolavoro.


(Fargo); genere: thriller, drammatico; sceneggiatura: Noah Hawley; stagioni: 2 (in corso); episodi seconda stagione: 10; interpreti: Patrick Wilson, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Jean Smart, Ted Danson, Jeffrey Donovan, Rachel Keller, Nick Offerman, Brad Garrett, Kieran Culkin, Bokeem Woodbine, Angus Sampson, Keir O’Donnell, Bruce Campbell, Michael Hogan, Cristin Milioti, Adam Arkin, Zahn McClarnon, Allan Dobrescu, Raven Stewart, Brad Mann, Todd Mann; musica: Jeff Russo; produzione: FX; network: FX (U.S.A., 12 ottobre-14 dicembre), Sky Atlentic (Italia, 22 dicembre-in corso); origine: U.S.A., 2015; durata: 60’ per episodio; episodio cult seconda stagione: 1x098 – Loplop


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