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Festa del Cinema di Roma 2007 - Fuori Concorso - Liebesleben/Love Life

Pubblicato il 4 dicembre 2007 da Andrea Esposito


Festa del Cinema di Roma 2007 - Fuori Concorso - Liebesleben/Love Life

Love Life tratteggia un’ossessione, quella che Jara (Netta Garti) prova per Arie (Rade Sherbedgia), un vecchio amico dei genitori di lei. Tra di loro nasce una pericolosa relazione erotica che porterà Jara alla scoperta di un drammatico segreto nascosto nella storia della famiglia.
Una trinità di donne tiene le fila della storia. C’è Zeruya Shalev, l’autrice israeliana del best-seller da cui è stato tratto il film, che insieme alla tedesca Maria Schrader compie dei reading tour del suo libro. La Schrader da lettrice diventa probabile attrice del film che si decide di girare. Poi sceglie di diventarne la regista, e di raccontare il suo Love Life e la sua Jara. Per ultima viene Netta Garti, che splendidamente porta Jara sullo schermo. Il risultato è un ritratto della figura femminile protagonista approfondito in mille sfumature, composito e allo stesso tempo coerente, strutturato ma organico. Per questo si tratta di un personaggio che non si riesce a definire in poche parole, e le zone oscure della sua psicologia – la ragioni profonde del suo comportamento - non indeboliscono ma anzi rendono più vivida la sua specificità, consegnandola allo spettatore attraverso ‘un’impressione d’emotività’, un’empatia. La sua ossessione è da subito priva di qualsiasi razionalità, lei stessa all’inizio ne è sorpresa, come se fosse vinta da una strana malìa. Si ritrova legata ad Arie in un feroce gioco al massacro senza riuscire ad allontanarsene. Un rapporto dipinto in una sola pennellata da un loro scambio di battute in macchina: ‘Io distruggo la mia vita e tu muori di noia’ dice lei. E lui risponde: ‘Tu sei affamata. Io sono sazio.’ Senza desideri, Arie la tortura, la colpisce dove è scoperta, nell’affetto e nella dignità. La nudità di lei diventa man mano sempre più una manifestazione della sua inoffensività: non a caso, per un attimo, la vedremo come un agnello sacrificale sulle sue spalle.

La storia si svolge in Israele. Ma fatta eccezione per due momenti sembrerebbe di stare in una qualsiasi altra parte del mondo; uno è all’inizio, quando Jara aspetta i suoi in un parco per festeggiare il compleanno del padre. Non li vede arrivare ed ha paura che sia successo loro qualcosa. Subito il pensiero va ad un attentato. Solo qui, ed in un momento in cui si insiste sulle sirene delle ambulanze, c’è un accenno alla problematica quotidianità israeliana.
Questi momenti, come altri, danno la sensazione di una minaccia che irrompe improvvisamente nel circuito narrativo, infrangendone la linearità. C’è un’aria di pericolo, un dramma che striscia sotto la superficie della quotidianità. Ne emergono dei frammenti che incrinano la piatta ordinarietà delle cose: un gatto che viene investito, un bicchiere rotto…avvenimenti banali che sembrano assurgere a premonizioni o vere e proprie visioni che per un attimo compaiono sullo schermo. Con facilità la realtà scivola su un’altra realtà nascosta. Una trasfigurazione del quotidiano forse familiare a quella di Prima del calcio di rigore (sia nella versione di Handke che di Wenders), o a quella che si trova in un racconto di Carver. Ma qui tutto viene raccontato attraverso una profonda emotività. L’immagine sembra palpitare, tutta la rappresentazione è pervasa da una fragile sensibilità. Una sensazione rafforzata dalla camera a mano adottata in molte scene, anche statiche, che indugia sui primi piani di Jara e ne segue i movimenti. Viene conferito alla scena un particolare dinamismo, come se l’immagine fosse sul punto di prendere fuoco ma non bruciasse mai.
Qui l’ordinario nasconde effettivamente un segreto, concreto, che spinge per entrare, e farà il suo ingresso solo quando Jara avrà ormai perso tutto. Il male è nascosto nella famiglia, e per rinascere lei dovrà portarlo alla luce. Assume in questo senso una particolare risonanza la reticenza dei personaggi dei genitori di lei, e specialmente del padre, che non vuole sapere, non vuole vedere la realtà e rifiuta ogni evidenza del fatto che il segreto sta tornando a galla e distruggerà la famiglia. Una raggelante metafora dell’ignavia contemporanea.


CAST & CREDITS

(Liebesleben) Regia: Maria Schrader; sceneggiatura: Maria Schrader, Laila Stieler; fotografia: Benedict Neuenfels; montaggio: Antje Zynga; musica: Niki Reiser; interpreti: Netta Garti (Jara), Rade Sherbedgia (Arie), Tovah Feldshuh (Hannah), Stephen Singer (Joni), Arie Moskana (Nathan), Caroline Silhol (Josephine); produzione: X Film Creative Pool; origine: Israele – Germania, 2005; durata: 104’


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