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Figli del deserto

Pubblicato il 27 giugno 2009 da Arianna Pagliara


Figli del deserto

Figli del deserto, proiettato la sera del 23 giugno al Nuovo Cinema Aquila di Roma, è un documentario che in maniera semplice e diretta riporta l’attenzione su una vicenda importante ma poco conosciuta: quella del popolo saharawi, che da trentacinque anni aspetta, in un campo profughi del deserto algerino, di vedere internazionalmente riconosciuto il proprio diritto a fondare uno stato autonomo. La storia dei saharawi si inserisce in uno scenario politico complesso, in cui si intrecciano gli interessi del post-colonialismo spagnolo, della Mauritania e del Marocco; ma la formazione di questo “stato saharawi in esilio” presso Tindouf è conseguente anzitutto alla violenta invasione marocchina dei territori saharawi, avvenuta a metà degli anni settanta.
L’intento del film non è tuttavia quello di fare un’analisi sociopolitica o storica di questa situazione, quanto piuttosto quello di raccontare lo sguardo, limpido e stupito, dei bambini di questo popolo che, nati appunto nel campo/città tra le dune sabbiose, vengono chiamati “figli del deserto”.
Vedremo alcuni di loro, venuti in Italia per un breve periodo, confrontarsi con un mondo del tutto nuovo e diverso. Le loro giornate sono raccontate dal regista Daniele Di Biasio senza retorica né luoghi comuni, e la macchina da presa segue con discrezione giochi e chiacchierate, ore trascorse al mare e giri nei negozi. Colpiscono e fanno sorridere i dialoghi spontanei. Sulla spiaggia una ragazzina chiede all’amica: “Potrei nuotare fino a incontrare il cielo?” e l’altra risponde: “Si, ma potresti anche affogare prima…”. Lo stupore e la contentezza di fronte al mare infatti è grande per chi è cresciuto nel deserto, e pensa alla fortuna di “chi può fare il bagno nel colore di questo mare”. E ancora, il suono delle campane è una novità strana e curiosa: “Perché suonano questo tipo di musica?” si chiede un po’ sorpreso un ragazzino affacciato alla finestra da cui si vede una chiesa.
Girato tra l’Africa e l’Italia, quello di Di Biasio è un film che ha richiesto anche un gran lavoro di post produzione per tradurre tutto dalla lingua saharawi, come ha ricordato la produttrice Cristiana Mastropietro, presente in sala alla proiezione. Il pregio più rilevante del documentario è la leggerezza che lo permea, la capacità di raccontare con tatto il mondo dell’infanzia, senza che con ciò passi in secondo piano il difficile contesto geopolitico in cui tutta la storia si inserisce. Una particolare attenzione ai temi dell’adolescenza e dell’integrazione culturale tocca del resto anche i precedenti documentari del regista: Pesci Combattenti (2002) racconta di un gruppo di ragazzi della periferia di Napoli “sfuggiti” alla scuola, e del progetto “Chance” a loro rivolto; Via dell’Esquilino (2005) descrive invece una scuola particolare frequentata da alunni di tutte le età, nazionalità e religioni diverse.
Il regista, presente anch’egli in sala, ha affermato scherzosamente che pensa al suo lavoro come “un film di bambini per bambini”. D’altronde il tratto distintivo di Figli del deserto sembra essere proprio la sua particolare chiave di lettura, che sta appunto nella capacità di informare e documentare su una realtà drammatica – una delle tante, in Africa – che l’Occidente ha troppo facilmente messo da parte, senza tuttavia rinunciare a un tono per lo più vivace, fresco e che lascia spazio, qua e là, a momenti di spensierato umorismo.


(Figli del deserto) Regia: Daniele Di Biasio; sceneggiatura: Daniele Di Biasio; fotografia: Riccardo Mastropietro; montaggio: Giulio Testa; musica: Antonio Arena, Lamberto Macchi, Matteo Carnevali; produzione: Pesci Combattenti; origine: Italia; genere: documentario.


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