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Fireworks per un funerale

Pubblicato il 19 luglio 2004 da Alessandro Izzi


Fireworks per un funerale

Il cancro ce l’ha portato via, dopo una lunga battaglia, quando era appena entrato nella sua seconda giovinezza all’età di appena settantacinque anni. Con lui se ne è andata una delle figure più imprescindibili dell’immaginario cinematografico, uno degli autori più necessari di musiche per film dell’ultimo cinquantennio. La penna che ha commentato, non senza genuina magia e sense of wonder, film come Chinatown, Star Trek, Patton o Gremlins non si leverà mai più per produrre quelle arcane armonie che ci hanno, nel tempo, incantato. Jerry Goldsmith è stato uno di quelli autori di punta della musica per film americana che meglio hanno portato avanti un’idea di granduer sinfonica di stampo tardo wagneriano. Convinto assertore delle possibilità infinite della tavolozza orchestrale è stato uno dei pochi a lavorare, con inesausta consapevolezza, sulle possibilità delle gamme timbriche degli strumenti che andava di volta in volta impiegando. Gianni Rondolino, nella sua breve monografia sulla Musica nel cinema, dedica all’autore poche sprezzanti battute rimarcando l’originalità sicura del suo contributo musicale nel film di John Huston Freud, ma limitandosi ad aggiungere un lapidario giudizio (certo in parte comprensibile) di (de)merito. Goldsmith non è certo stato un innovatore come Bernard Hermann, né ha avuto dalla sua una partnership riconoscibile e duratura come Michael Nyman (con i primi film di Greenway) o come John Williams (con Spielberg), eppure nel corso di una carriera variegata e multiforme che l’ha portato a comporre oltre trecento colonne sonore per film spesso di indubbio valore, egli ha sempre dimostrato una discreta apertura verso la modernità. Apertura che l’ha portato, spesso, a soluzioni musicali inusuali sia per il tempo sia per la destinazione delle stesse composizioni. Caratterizzata da un’enorme inventiva musicale (caratteristica questa necessaria ed imprescindibile per chiunque voglia lavorare del mondo del cinema), la vena dell’autore losangelino non si è mai arenata anche quando si è dovuta prestare a commentare film decisamente minori come Forever young del 1992 o come Dennis the menace dell’anno successivo. Ma al di là dell’indubbio mestiere colpisce la capacità di lavorare con masse corali e con un’orchestra quanto mai sfumata passando con leggerezza dalla possente forza brunita dell’orchestra tardo romantica a riferimenti alla musica espressionista ed addirittura dodecafonica ideali sia per rendere il senso di smarrimento dell’uomo posto di fronte ai misteri del cosmo (Star Trek) sia per spingerci nei meandri dell’horror cristologico (la saga di Omen- Il presagio che conosce momenti di sapienza sinfonico corale quasi schoemberghiana). E tutto questo senza dimenticare momenti di genuina ironia metacinefila come nel caso della notevole colonna sonora di Matineè del 1993 o nel più recente Looney toones back in action. Certo anche i riferimenti dodecafonici possono apparire un po’ datati (e lo sono quando vengono impiegati sul finire degli anni ’60 per la pur notevole cantata Christus Apollo su testi di Ray Bradbury), ma essi rivelano prima di tutto una notevole curiosità sulla musica come fenomeno in sé. Curiosità che culmina poi in esperimenti perfetti come la straordinaria qualità dell’invenzione musicale di colonne sonore come quella del primo Planet of the apes in cui il compositore obbliga i corni a suonare senza ancia e i clarinetti bassi ad essere suonati come strumenti percussivi (toccando qui più che altrove vertici espressivi di inaudita portata per la musica per film americana). Ma per chi volesse conoscere Goldsmith meglio, forse non c’è brano migliore dell’autobiografico Fireworks del 1999 (sugli scaffali polverosi delle rivendite dischi non dovrebbe essere difficile trovare questo brano di appena otto minuti) in cui l’autore ripropone le tappe salienti della sua carriera nello stile che gli è più congeniale (quello dell’estravaganza orchestrale) rivelando una volta ancora l’amore inesausto per la sua città natale e per il Cinema.

[luglio 2004]


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