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FORMULA PER UN DELITTO

Pubblicato il 10 settembre 2002 da Alfredo De Giglio


FORMULA PER UN DELITTO

Barbet Schroeder passa con disinvoltura da thriller commerciali, ma dal buon esito, come Il bacio della morte (con Nicholas Cage e David Caruso) e Soluzione estrema (con Micheal Keaton e Andy Garcia), ad “esperimenti” provocatori come La vergine dei sicari. Il comune denominatore di gran parte della sua produzione, che comprende anche Inserzione pericolosa, è il tema del Male, in ogni sua forma, soprattutto quando è gratuito ed ingiustificato. A tal proposito, riuscitissimo era il personaggio interpretato da Keaton che riusciva ad incarnare la violenza, intesa come modo per scardinare le regole/costrizioni sociali, ponendo un’individualità folle al di sopra del c.d. “bene comune” (qual è?), senza giustificazione o moralismo alcuno.
Di tutto questo, invece, il film sotto analisi è solamente una inutile rimasticatura: costruito su un mediocre copione, Formula per un delitto è la storia di due ragazzi, ricchi e omosessuali latenti, che decidono di compiere il delitto perfetto, ingaggiando una sfida con le autorità. Questo plot, che come minimo richiama alla memoria decine di film, su tutti Rope di Hitchcock, è mal gestito dal regista che ne fa dapprima un thriller per ragazzi ambientato in una scuola, e poi la storia di una detective (la Bullock) che, investigando, rivivrà un grave trauma del suo passato.
Unendo le due linee narrative, il regista perde per strada lo scopo del film (quale giustificazione ha il male?) per ridurre tutto ad una storia di due ore (troppe) nel quale l’unico approfondimento psicologico sul comportamento dei due è data da una vaga citazione di Nietzsche e del superomismo (tutto qui?), mentre il trauma della Bullock, rivissuto con flashback ed abusate voci distorte, è puro stereotipo: investigando riesce a trovare l’assassino e, con metodo maieutico, a risolvere la sua paura. Ad avvalorare la sensazione di superficialità basta inoltre osservare come la detective, senza alcun procedimento logico-deduttivo, riesca ad individuare il movente degli assassini: pura e gratuita(ed inaccettabile per gli spettatori) intuizione.
Il regista, poi, denuncia mancanza di coraggio quando sceglie un finale accomodante (il bene vince sul male) al posto di uno meno scontato e di maggior effetto (la morte della Bullock?)
Mediocre lavoro del casting che assomma attori di basso profilo ed inespressivi, la Bullock e Chaplin su tutti. Sprecato Chris Penn.

Settembre 2002

(Murder by numbers)

regia: Barbet Schroeder sceneggiatura: Tony Gaytin fotografia: Luciano Tovoli montaggio: Lee Percy interpreti: Sandra Bullock, Micheal Pitt, Ben Chaplin, Chris Penn musica: Clint Mansell produzione: Castle Rock, Schroeder Hoffman Prod; Warner Bros origine: USA durata: 2h distribuzione: Warner Bros web info: sito ufficiale

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