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Funny Face - Le stanze di Rol

Pubblicato il 27 novembre 2020 da Francesca Pistocchi

VOTO:

Funny Face - Le stanze di Rol

Riportando il Festival sulle tracce dell’America più suburbana e desolata nella sezione "Le stanze di Rol", il regista newyorkese e (come ogni newyorkese che si rispetti) vagamente cervellotico Tim Sutton approda in un’ingiallita Coney Island. Deludendo le aspettative di chi si preparava ad un banale remake di V per Vendetta, Funny Face racconta una storia tanto ordinaria quanto lontana dalle fantasie del pubblico, giocando con le maschere irriverenti di una generazione dalle speranze ormai appassite.

La giovane musulmana Zama (Dela Meskienyar) e l’inquieto ribelle (forse) senza motivo Saul - un bravo Cosmo Jarvis reduce da The Evening Hour , altro film presentato a Torino http://www.close-up.it/the-evening-... - sono entrambi emarginati. Ma in un modo diverso rispetto agli stereotipi precedenti: nessuno dei due ha problemi economici, nessuno dei due odia sul serio la propria famiglia, nessuno dei due sembra avere una buona ragione per emanciparsi davvero. Eppure, è esattamente ciò che capita: dopo un litigio con gli zii presso i quali vive, Zama fugge di casa e si rifugia nelle braccia di Saul, ancora bloccato nella dimora dei nonni. La stanza del ragazzo, incastonata fra le pareti in rovina e pronte per essere demolite, appare satura di poster e chincaglierie di un tempo passato: il rock, il cinema, il fumetto rigorosamente Marvel, il volto di James Dean sono reperti archeologici di un’era lontana ed entrano in scena soltanto nei momenti di peggiore frustrazione. I due adolescenti iniziano a vagare per una metropoli deserta e anonima, svuotata di un’anima che non le appartiene più: nella rappresentazione di una città ridottasi a non-luogo, di una civiltà senza respiro, di un abbandono emotivo che impedisce qualsiasi possibilità di movimento, Tim Sutton non si allontana molto dall’immaginario tipicamente europeo o tipicamente tedesco della Scuola Berlinese.

L’intera pellicola si concentra sui dettagli, l’azione è trattenuta, la rabbia provata dai protagonisti non si sprigiona mai e l’effetto è a dir poco frustrante. Zama e Saul mangiano, passeggiano, mangiano, rubano la macchina di un ricco industriale senza che nessuno se ne accorga, per poi ritornare fra le braccia incartapecorite della vecchia Coney Island e rimettersi a mangiare. Il cibo domina quasi ogni inquadratura e ogni capitolo di questa moderna Odissea nel nulla. Ciò che in gran parte salva il lungometraggio è l’ironia con cui il regista gioca con il film di genere, ma anche con i residui delle rivolte che furono, ormai trasformatesi in “spazzatura” e svanite nel nulla. E infatti, nonostante Saul intenda vendicarsi contro chi vorrebbe trasformare il suo quartiere in un parcheggio, egli non sa nemmeno da dove partire: l’eredità lasciatagli dai propri genitori consiste, infatti, in un’inutile maschera di cartapesta e in un insaziabile appetito.

Sutton riprende con grande intelligenza gli scontri generazionali che separano tre epoche differenti, spesso e volentieri condannando il più debole. Attraverso il volto enigmatico della Grande Mela, riviviamo il mito novecentesco del grattacielo, il suo successivo prosciugamento e il contemporaneo sfacelo. Nel loro viaggio verso l’ignoto, Saul e Zama mimano stancamente gli ideali dell’epoca che li ha preceduti: il sogno made in Usa, la strada che porta chissà dove, il desiderio di vendetta e di rivalsa (ma su chi? E perché?), la ribellione generazionale. Nel complesso, i due fanno tenerezza. E, mentre i principi della vecchia America cadono a pezzi, questa gioventù bruciata rientra a casa, ormai sazia.


CAST & CREDITS

Funny Face - Regia r sceneggiatura: Tim Sutton; fotografia: Lucas Gath; montaggio: Kate Abernathy; interpreti: Cosmo Jarvis (Saul), Dela Meskienyar (Zama), Jonny Lee Miller, Victor Garber, Jeremy Bob, Rhea Pearlman, Dan Hedaya; produzione: Yellow Bear Films, Rathaus Films; origine: USA 2020; durata: 95’.


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