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Galileo di Daniela Nicosia al Teatro Due

Pubblicato il 18 gennaio 2013 da Maria Vittoria Solomita


Galileo di Daniela Nicosia al Teatro Due

Roma, Teatro Due. Uno scienziato ingegnoso, un astronomo vitale, un filosofo aperto al dubbio fino alla vecchiaia. Questo è il Galileo di Daniela Nicosia, in scena al Teatro Due fino al 17 gennaio. Un uomo pragmatico che si scontra con la cultura del Seicento, incentrata su un know-how di derivazione greca. Di fatto, il sussidiario per la vita, quella pratica, porta la firma di Aristotele, a cui si aggiunge qualche saggio di Tolomeo ed un compendio di Dante. Con la controfirma della Chiesa. In una situazione simile, in cui la realtà deve adeguarsi ai libri, un cattolico come Galilei risulta scomodo, prima di tutto a se stesso. In fondo, se sostiene l’utilità del metodo scientifico, lo fa grazie alle sue facoltà mentali, a quelle capacità che da Dio gli vengono, stando alle dottrine cattoliche che egli stesso pratica. Insomma, Galileo si trova a ringraziare Dio per un cervello che sta scardinando Dio stesso. E quando si sentirà costretto ad abiurare le sue concezioni astronomiche, sentirà di rinnegare quelle capacità intellettive che il Creatore gli ha fornito. Voilà la crisi di Galileo, intuibile e palpabile in scena, articolata attraverso quei dialoghi che solo con degli interlocutori femminili si fanno intimi, veri, a mostrare debolezze tutte umane. Galileo rende partecipi delle sue scoperte, delle sue speranze e dei suoi dubbi la madre Giulia Ammannati, la figlia (poi in clausura) Suor Maria Celeste, l’amante Marina Gamba e la governate, che gli resterà accanto fino alla fine.

In un contesto scenico rigoroso ma suggestivo, Daniela Nicosia ha ricostruito gli aspetti più umani di Galilei, facendone scoprire una dimensione molto condivisibile ed universale.

Attraverso cambi prospettici, flash-back e flash-forward, molto funzionali alla costruzione della drammaturgia, lo spettatore entra nel privato di Galileo, partecipando con forte empatia alle tappe della sua vita: dagli eccessi di follia della madre, che ne hanno segnato l’adolescenza, fino al confronto con le altre donne.

La galleria dei personaggi, compresa la voce narrante, è tutta appannaggio dei due attori in scena, Solimano Pontarollo e Piera Ardessi. Entrambi reggono bene i cambi di registro, con dei fuori schema comici che potrebbero stridere con l’immagine ufficiale dello scienziato, ma che risultano in perfetta linea con il progetto della regista.

Il grande “filosofo della natura”, come egli stesso amava definirsi, ne esce istintivo, vulnerabile e generoso. Schietto: a Galilei piace vivere senza complicazioni. La matematica gli serve soprattutto a questo: a mettere ordine nell’esistenza, tanto che, all’università, lascia la Facoltà di Medicina preferendole Matematica. Innamorato della scienza più che delle donne, si consacra alla prima, sacrificando le seconde. Stando a Nicosia, nelle sue note registiche, “Il sensuale piacere del pensiero, così vivo in lui, è come il piacere dei sensi. Egli sembra dirci che non c’è scissione tra spirito e materia”.

Un uomo diretto, che, Professore a Pisa, si prende la briga di scrivere un “Capitolo contro ’l portar toga” per rifiutare a chiare lettere quel costume accademico di vuoto formalismo. La miglior cosa sarebbe andare nudi, secondo Galilei, tanto per non essere gabbati. “E così d’ogni frode e d’ogn’inganno/ Si vede chiaro che n’è sol cagione/ L’andar vestito tutto quanto l’anno.”

Questa schiettezza è rimasta intonsa nel testo di Nicosia, che ha sicuramente fagocitato la versione di Brecht, ma, nel contempo, se ne è allontanata, preferendo una chiave femminile ed un linguaggio più vicino a quel pubblico giovane, che è il suo target abituale.

E quello stesso pubblico giovane probabilmente ricorda l’adattamento, se non teatrale, televisivo, a cura di Marco Paolini. “ITIS Galileo” poggia molto sul paradosso, rivive condizioni e compromessi che, a guardarli oggi, sembrerebbero assurdi, appunto. Come quando si oppone alla scienza la verità -del tutto relativa- asserita dalle tavole della Sapienza greca. Nicosia, tra i vari registri adoperati per il suo Galileo, ha utilizzato quella stessa comicità e quel paradosso, ed è a tutti chiaro che pur si scende a compromessi. E che pur si muove.


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