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Giorgia: Gocce di memoria

Pubblicato il 20 giugno 2003 da Alessandro Izzi


Giorgia: Gocce di memoria

Il video per la canzone Gocce di memoria di Giorgia (la musica è di Andrea Guerra), ripercorre a livello visivo alcuni dei temi fondamentali della pellicola di Ozpetek La finestra di fronte. Il risultato di questa strategia poetica non è, quindi, assolutamente paragonabile a quello conseguito da quei classici videoclip che si limitano, con più che bieca strategia commerciale, ad inscenare un banale montaggio parallelo di spezzoni desunti dalla pellicola per cui il brano è nato e di qualche immagine della sessione di registrazione della musica. Quello che abbiamo davanti, infatti, è, piuttosto, una sostanziosa e qualche volta anche piuttosto interessante rielaborazione poetica del film e del suo significato ultimo. A livello tematico due sono gli elementi che vengono ripresi letteralmente dalla pellicola e che costituiscono l’asse centrale dell’intero svolgimento di questo breve, ma interessante videoclip. Il primo è la figura retorica del Ponte come luogo da attraversare, come trait d’union tra due differenti spazi fisici (quello da cui si proviene e quello verso cui ci si dirige) e mentali (il passato, da una parte, il futuro dall’altra). Luogo di un vero e proprio movimento univoco ed irreversibile (l’intero video si risolve, di fatto, nell’attraversamento, da parte della cantante di questo spazio), il ponte è anche luogo d’incontro con diversi personaggi che si conoscono tra loro, che si sfiorano, si rimandano l’uno all’altro con lo sguardo secondo un modello di geometrie sfuggenti e simboliche. La macchina da presa, che in parte si identifica con l’occhio della cantante (che assolve, in questo senso, la vera e propria funziona maieutica di un narratore onnisciente e partecipe al tempo stesso), e in parte è tutt’uno con lo sguardo dello spettatore, si muove liberamente e fluidamente tra le linee geometriche che isolano ed uniscono i vari personaggi identificando, nel poco spazio dell’inquadratura, il senso ultimo del loro rapportarsi reciproco. Tra il passato e il presente due sono gli elementi che rimandano al desiderio di lasciare dietro di sé una testimonianza più o meno diretta del proprio passaggio su quel ponte che è l’esistenza di ognuno di noi: la fotografia e la lettera. Due sistemi arcaici e romantici, due veri e propri relitti di una civiltà passata che, però, si rivelano stranamente attuali e sicuramente più capaci di veicolare un ricordo di quanto non facciano, alla fine, le memorie virtuali di un PC o di Internet. Le fotografie fanno la loro apparizione ad appena un minuto dall’inizio e raffigurano il compianto Massimo Girotti (morto appena finite le riprese del film) in un contesto emotivo di rievocazione nostalgica che è reso ancor più pregnante dalla recente scomparsa dell’attore. La lettera è, invece, quella che scrive Giovanna Mezzogiorno sul parapetto del ponte e che viene, alla fine, lasciata cadere nelle placide e torbide acque del Tevere. Una vera e propria comunicazione che si perde nel vuoto (manca il suo destinatario), ma che si rivolge, prima di tutto, a noi stessi. Il secondo elemento tematico è quello dello sguardo: il doloroso atto di vedere e vedersi in quella finestra di fronte che sono gli occhi del nostro vicino. Figura stilistica ossessiva dell’intero videoclip è proprio lo sguardo in macchina da parte di tutti gli attori interpellati dall’occhio della telecamera. E qui ci troviamo di fronte ad una sorta di vera e propria visione angelica in cui, per un attimo, ci è dato di osservare brevemente l’abisso dell’anima dei vari personaggi della pellicola come fossimo gli angeli di Il cielo sopra Berlino. Una visione istantanea che è, al tempo stesso una domanda aperta e una certificazione della solitudine solipsistica entro cui ciascuno di noi è chiamato a consumare la propria esistenza e che può essere reso più sopportabile solo gettando un ponte di reciproca comprensione con persone, come noi, sole. Il finale, quella conclusione di quel tratto di strada che ci separa dalla nostra meta ultima, sfugge alla nostra possibilità di capire e alla stessa visione del videoclip. Le ultime note della canzone di spengono davanti ad un movimento non concluso, ad una meta non raggiunta e, tuttavia, tanto a portata di mano.

[giugno 2003]


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