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Hara-Kiri: Death of a Samurai - Cannes 2011 - Concorso

Pubblicato il 22 maggio 2011 da Salvatore Salviano Miceli


Hara-Kiri: Death of a Samurai - Cannes 2011 - Concorso

Capita di rado di abbinare l’idea di noia a Takashi Miike. Icona di un cinema sempre in movimento, in cui le immagini si inseguono tra violenze, contrapposizioni, scontri, il regista di Osaka porta in concorso un film che da amanti delusi non permette di dirci soddisfatti. L’attesa era ancora più alta considerando che per la prima volta l’autore si cimentava con il 3D. E anche da questo punto di vista il risultato non è certamente da ricordare. Ci si dovrebbe interrogare un po’ di più su una tecnologia che sacrifica molto spesso la resa cromatica (scurendo insopportabilmente qualsiasi tonalità) in nome di uno spettacolarità di cui, in generale, fatichiamo ad accorgerci e, nel particolare del film di Miike, è del tutto assente. Serve esclusivamente a dare maggiore profondità alle immagini ma non interagisce con la storia tantomeno risulta funzionale alle scelte stilistiche. Hara-Kiri: Death of a Samurai sembra avere tutte le caratteristiche, negatività incluse, del melodramma. Tutto prende piede da una storia d’amore di quelle strappalacrime e dall’epilogo inevitabilmente funereo. Con un continuo susseguirsi di flashback, temi assai cari a Miike, come onore e vendetta, fanno da cornice proprio alla relazione tra Motome e la sua sposa. Peccato che il film si perda dietro interminabili antefatti. Il regista che riconosciamo e apprezziamo sa fare fruttare ogni secondo che passa sullo schermo. Il problema non riguardo solo la natura della storia, in questo caso inevitabilmente più incline al romantico furore dell’amore. Il ritmo è assai blando e non sono sufficienti né la magnificenza di alcune inquadrature né quelle digressioni più incisive che riguardano combattimenti o il vero e proprio compimento della vendetta. Forse è il Miike che più si avvicina al commerciale ma è anche il Miike più noioso e meno brillante. L’interminabile epilogo, in cui si aspetta con ansia che l’inevitabile si manifesti e le luci si riaccendano, non coinvolge. Finanche le sequenze più adrenaliniche, almeno sulla carta, in cui il regista è maestro, si perdono senza lasciare consistente traccia. Più volte il regista ha dichiarato di non essersi lasciato influenzare dal 3D. Se da un lato, come detto prima, l’affermazione risulta vera perché nulla giustifica nel film l’utilizzo di tale espediente, dall’altro c’é forte il sospetto che almeno qualche piccola distrazione l’abbia causata. Non si spiega altrimenti la scarsa riuscita di uno dei film più attesi della competizione. O forse, semplicemente, dopo il bel 13 Assassins di Venezia ripetersi era difficile. Del resto, in una filmografia così prolifica, un passo indietro é più di una eventualità. Sarà per la prossima occasione.


CAST & CREDITS

(Ichimei) Regia: Takashi Miike; sceneggiatura: Kikumi Yamagishi; musica: Ryuichi Sakamoto; interpreti: Ebizo Ichikawa (Hanshiro), Eita (Young Ronin), Hikari Mitsushima (Miho), Koji Yakusho (Kageyu); produzione: Sedic International, Recorded Picture Company Olm, Rakueisha; distribuzione: Studio 37/Rezo Films; origine: Giappone; durata: 126’.


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