X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



HIGH SCHOOL

Pubblicato il 7 gennaio 2006 da Giampiero Francesca


HIGH SCHOOL

Provate e a chiedere a chiunque abbia meno di trent’anni di descrivervi i tipici corridoi dei licei americani, le palestre da basket o i campi da football. Provate a scoprire quanto la loro cultura sui riti collettivi, i balli della scuola o le cerimonie di consegna dei diplomi, sia alta. Scoprirete come le scuole, le aule e l’insieme delle usanze degli studenti americani siano radicate nell’immaginario delle nostre più giovani generazioni. E questo grazie all’utilizzo sfrenato che gli autori televisivi fanno del luogo scuola, topos di uno dei generi principi della serialità made in usa: il teen-drama. Risulerà chiara la straordinaria capacità americana di permeare nelle nostre menti e quella di raccontarci la loro società come vorrebbero che fosse. Per poter osservare correttamente il fenomeno bisogna anzitutto prendere atto della differenza che separa il sistema d’istruzione americano dal nostro: nella concezione anglo-sassone la scuola è una sfida, una gara in cui tutti sono avversari, dove il tuo compagno di banco, per una manciata di punti, può strapparti l’ambito posto all’università. Non c’è alcun tipo di solidarietà, aiuto reciproco o sostegno, la sola idea di far copiare un collega è assurda, considerata sciocco autolesionismo. E’ facile ritrovare quest’elemento in qualunque serie giovanile prodotta in America (si prenda ad esempio l’episodio # 3.03 None of the above di Dawson’s creek, dove la pietra dello scandalo è proprio l’idea che qualcuno dei “buoni” possa aver copiato). Questo ambiente scuola rispecchia l’intera società capitalistica statunitense, che fa della competitività uno degli ingredienti fondamentali della ricetta per il successo. Non c’è differenza apparente fra diversi istituti: stessa architettura, stessa planimetria, stessi arredamenti (si tratti del prestigioso liceo di "Orange county" o del periferico "Boston Public" al quale possono accedere, senza particolare difficoltà, studenti di qualsiasi razza, colore o religione. Dietro quest’utopica visione dell’universo americano si cela, neanche troppo nascosta, la realtà di un “ideologia” basata quasi esclusivamente sul censo, sul potere e sull’appartenenza. Non a caso la corpo dei doccenti è sempre rappresentato come insufficiente e inadeguato, mosso solo dallo scopo di trascinare all’università i più ricchi, lasciando al loro destino coloro che avrebbero davvero bisogno di un aiuto. Quest’argomento è palese negli episodi di Dawson’s creek # 2.14 To be or not to be... e #4.22 The graduate quasi come un ombra impalpabile nelle vite dei protagonisti. L’incombenza di sciocchi test attitudinali, colloqui d’orientamento professionale, questionari pre-universitari (opprimente in ogni teen-drama), rappresenta il totem identificativo di un sistema, spesso elogiato per la sua capacità di formare forza lavoro pronta per il mercato, ma che, dall’interno, mostra tutte le sue lacune. L’obiettivo di queste prassi pare essere solo quello di plasmare schiere di impauriti adolescenti privi di capacità critica o di intelligenza propria, burattini nelle mani delle lobby o delle corporation, suddivisi fra coloro che, per diritto di nascita, arriveranno a occupare i posti migliori e chi, troppo povero o emarginato, non potrà mai ambire ad una vita soddisfacente. Intere serie, come Boston Public ad esempio, mostrano l’impossibilità di costruirsi un futuro se si è cresciuti ai margini della società. Una società che non si basa sui rapporti umani, che è incapace di comunicare, le cui relazioni interpersonali si riducono a contatti animaleschi come le risse, lo sport agonistico o il sesso: tutti elementi caratterizzanti di ogni teen-drama, in cui lo scontro protagonista/antagonista si riduce in un confronto fra chi usa la forza e chi il cervello. Anche in questo caso la realtà americana si manifesta attraverso uno show di vizi e virtù, rappresentando quest’incapacità di socializzare attraverso le ristrette cerchie d’amicizia dei protagonisti (al massimo tre o quattro), fra loro solidali ma, proprio per questo, emarginati da un organismo che li considera un cancro da estirpare. In quest’ottica si può porre lo scontro continuo fra la gang e le istituzioni, (i presidi o le associazioni dei genitori). Esempi di questo genere sono riscontrabili in ogni teen-drama e l’esempio più calzante sembra quello di Beverly hills 90210. La presenza di piccoli gruppi di amici ignorati dal contesto, evidenzia un altro elemento fondate del sistema americano, e cioè l’importanza di apparire agli altri e quella di appartenere a qualcosa, raffigurati emblematicamente con i fenomeni delle cheerleader e delle confraternite. Non esiste scuola che non abbia le sue cheerleader e quando si vuole identificare un personaggio come cool o trandy, lo si trasforma appunto in una di queste, come si nota nel contrasto fra le gemelle in Sweet Valley Hight belle. Le Cheerleader sono sempre in forma e alla moda, come appare ad esempio nella sfortunata e non particolarmente interessante serie Popular, nonchè prive del minimo intelletto. Eppure diventano beniamine di presidi e professori, ammirate e contese da tutti, sulle cui spalle pesa l’onere di rappresentare l’istituto al di fuori delle mura circoscrizionali. Raffigurano perfettamente il binomio apparenza/appartenenza come massimo obiettivo a cui tendere, motore involontario di una struttura che le manipola a suo piacimento. Per i pubblicitari infatti la più grande invenzione del secolo scorso è rappresentata proprio dai teen-ager, prototipo ideale di consumatore acefalo, aperto e recettivo nei confronti di qualsiasi messaggio promozionale veicolato dal mezzo televisivo: acritico e pronto ai più folli acquisti pur di rientrare in un determinato gruppo d’appartenenza, pur di essere riconosciuto. Apparire e appartenere appunto. La serialità americana, criticamente (come ad esempio l’episodio Buffy #1.03 The witch) o acriticamente (come nella serie One Three Hill), pone le cheerleader e i loro compagni atleti (l’esatto corrispettivo al maschile), come modelli di quella che è a tutti gli effetti una miniaturizzazione della società statunitense. Chi non si rispecchia in questo ideale, chi vuole mantenere un’identità deve combattere, non solo contro le istituzioni, la famiglia o la scuola, ma soprattutto contro la solitudine (ben rappresentata nelle serie Buffy # 1.01 Welcome to Hellmouth. Per i protagonisti la scuola è un vero inferno (Buffy serie 1-3) in cui bisogna innanzitutto sopravvivere, lottando con tutti i mezzi per dimostrare al di là di ogni(ir)ragionevole dubbio, il proprio valore, abituati fin da ragazzini all’idea che “la vita è una guerra e non si può mai smettere di lottare”.


Enregistrer au format PDF