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Hochwald - Concorso

Pubblicato il 28 novembre 2020 da Matteo Galli

VOTO:

Hochwald - Concorso

Il concorso del Torino Film Festival 2020 si chiude con uno dei film decisamente più deboli, ossia Hochwald (titolo internazionale Why not you ) della regista Evi Romen, cinquantatreenne di origine alto-atesina, ma che vive e lavora da molti anni a Vienna. Si tratta dell primo lungometraggio di un’autrice che di mestiere ha fatto per molti anni la montatrice, ed è una coproduzione austriaca e belga.

Proviamo subito a dire perché il film è debole. In primo luogo è troppo lungo, un difetto che per Evi Romen è particolarmente grave, se teniamo conto del mestiere che ha svolto fin qua (non ricordiamo quante sequenze sono ambientate nella funivia che conduce dal paese a valle e viceversa, in ogni caso: troppe!); in secondo luogo la regista e sceneggiatrice mette davvero troppa carne al fuoco, al punto che il testo risulta totalmente privo di plausibilità. Prendiamo il protagonista Mario: è figlio di generati separati (male), è tossicodipendente, è padre separato con figlio che però non può vedere, è bi-sessuale con una più vistosa tendenza verso l’omosessualità, viene costretto – a pagamento – a masturbare il patrigno, ha l’ambizione di diventare il Tony Manero dell’Alto Adige. Come se tutto questo non bastasse: una sera si ritrova a Roma insieme all’amico/amante Lenz in un locale gay che viene preso d’assalto da fondamentalisti islamici, l’amico/amante viene ucciso, lui neanche un graffio, dopodiché incontra un ex collega convertito all’Islam e si lascia, a sua volta, affascinare da un Islam ovviamente diverso, più mansueto, familiare e protettivo (gli viene spiegato perché neanche un graffio: la mano di Allah sulla sua testa, ovvio), tanto che, forse solo per una breve fase, sembra convertirsi.

Forse abbiamo dimenticato qualche altro episodio, pensiamo però che questi accenni possano bastare, perché sono sufficienti a delineare un film che - si badi bene - non ha nessuna pretesa di richiamarsi neppur lontanamente a certa grottesca paradossalità à la Almodóvar giusto per intenderci, ma di dar vita a un film fondamentalmente realistico che, se fosse stato girato sul finire degli anni ’60 o all’inizio degli anni ’70 qualche decina o forse un paio di centinaia di chilometri più a nord lo si sarebbe definito “ein kritischer Heimatfilm”, uno Heimatfilm critico, una specie di Scene di caccia in Bassa Baviera (1969, regia Peter Fleischmann, tratto da una pièce di Martin Sperr). Qui non è la Bassa Baviera ma l’Alto Adige, le forme feroci di esclusione ed emarginazione, l’ottusità dominante, la mentalità chiusa e classista, razzista e perversa, la religiosità ipocrita e la facile disposizione alle armi sono tuttavia le stesse, come anche l’uso del dialetto tedesco sud-orientale.

L’iper-connotazione di Mario rende la sua sindrome post-traumatica, da cui pure è affetto e su cui il film sembra tanto insistere, del tutto superflua. Anche la conclusione verso la libertà con la fuga nel bosco, come un animale selvatico con indosso la parrucca di riccioli bianchi divenuta nel corso del film quanto di più vicino a un simulacro di identità non è per nulla convincente, anzi un po’ banale.

L’unica cosa che non ci è parsa banale anzi divertente è la colonna sonora che fa uso di desuete canzoni anni ’70, una di Ricky Shayne e una di Salvatore Adamo, la prima s’intitola Uno dei mods e allude alla celebre lotta per bande fra i mods e i rockers, forse un’allusione – chissà – all’opposizione fra i paesani e tutto il resto (Mario ovviamente, ma ancor più i musulmani che a un certo punto arrivano lassù col camioncino a vender kebab a una sagra, vabbè); la seconda è la stupenda Inch’Allah dell’inimitabile Salvatore Adamo. A queste due canzoni Evi Romen ha aggiunto molte canzoni in inglese di un valente musicista tirolese chiamato Florian Horwath.

Hochwald - Regia e sceneggiatura: Evi Romen; fotografia:Martin Gschlacht; montaggio: Karina Ressler; interpreti: Thomas Prenn (Mario), Noah Saavedra (Lenz), Josef Mohammed (Nadim); produzione: Amour Fou Vienna origine: Austria, Belgio 2020; durata: 107’.


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