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Homeland (Stagione 7) - Teste di Serie

Pubblicato il 8 maggio 2018 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Homeland (Stagione 7) - Teste di Serie

"La nostra democrazia é in pericolo!"
- Elisabeth Keane

Quando sul finire della sesta stagione Carrie e (soprattutto) Saul sembravano destinati a lottare non contro un nemico esterno, ma inaspettatamente seduto dietro la scrivania della stanza ovale della Casa Bianca, Homeland iniziava a orientarsi verso un tipo di narrazione simile alla fanta-politica, immaginando un aspro confronto in un regime fascista/totalitario, voluto e messo in pratica dall’instabile coscienza morale e politica della neo presidente eletta Elisabeth Keane (Elisabeth Marvel). Invece...

Restando fedeli ai propri principi e a quelli della serie, gli showrunner Howard Gordon e Alex Gansa hanno preferito procedere per accumuli narrativi, evitando di focalizzarsi su una figura (quella della presidente) che, con il trascorrere del tempo, avrebbe corso il rischio di trasformarsi in una copia stropicciata e nevrotica del Grande Dittatore. Per questo motivo una grande serie degna di tale nome non deve mai perdere il giusto orientamento, né eccedere in disorientanti voli pindarici pur di aggiungere carne al fuoco, a dimostrazione di non aver esaurito il conto delle idee; discorso che non attecchisce sul fenomeno-Homeland, serie sensazionale giunta alla settima stagione, mantenendo sempre un livello qualitativo di scrittura e svolgimento degli eventi equiparabile solo a pochi altri show della storia della serialità moderna.

Superato lo sconforto per la perdita di Quinn (Rupert Friend), Carrie (una sempre straordinaria Claire Danes) inizia a confrontarsi con le numerose difficoltà di una vita mondana in cui non sembra mai trovarsi a proprio agio, volenterosa nel costruirsi un proprio angolo di paradiso con la figlioletta Franny, ma distratta dal desiderio quasi morboso di scoprire, in modo del tutto clandestino, cosa si nasconde dietro il sipario della presidenza Keane. Mentre Saul (Mandy Patinkin) accetta la grazia pur di lavorare sotto l’egida della Keane, l’America viene dapprima scossa dalle continue arrembate del sovversivo anchorman Brett O’Keefe (Jake Weber, magnetico e vulcanico), le quali si riveleranno la causa principale di un massacro a Lucasville tra civili e agenti gel governo; ma é solo questione di tempo prima che Carrie scopra il reale pericolo da cui la democrazia americana deve difendersi: si tratta di un vera e propria operazione russa, intenta a sabotare la presidenza Keane e sbriciolare l’ideologia democratica americana.

Come un grande collage, Howard e Gansa spezzano questa settima stagione in due blocchi: il primo, sui fatti di Lucasville, assume i contorni di un thriller psicologico, maggiormente concentrato sulla messa in scena di serrate sequenze d’azione che tendono il filo della tensione quasi allo spasmo, deflagrando in una sorta di mid-season finale apocalittico; il secondo filone narrativo, che si sviluppa nel momento in cui la minaccia russa si concretizza, si riallaccia a un mood prettamente spionistico, sia nello svolgimento narrativo (operazioni segrete, doppi giochi e furti d’identità, sortite diplomatiche), sia nella messa in scena e nella scelta d’ambientazione che richiama i topoi classici del genere (missione in terra russa, fughe disperate e assassini nell’ombra). Se potesse esserci il pericolo di frammentare eccessivamente la narrazione, questo non sfiora minimamente la settima stagione di Homeland che, a conti fatti, si incorpora in maniera indissolubile con la sesta, costituendo un corpo unico, che potremmo chiamare senza remore “la saga della presidenza Keane”.

Come suggerito poc’anzi, la solidità e la coerenza di un’operazione di così ampio respiro si costruisce soprattutto sui personaggi, in special modo sulla protagonista. Carrie svolge un doppio ruolo: quello di carnefice della propria esistenza, costretta giocoforza a osservare la propria serenità, il rapporto con sua sorella e, soprattutto, la possibilità di vivere assieme alla figlioletta, scivolar via tra le mani, senza avere la capacità di poter porre rimedio, schiacciata da enormi responsabilità, dal suo indomito senso del dovere e dall’inscalfibile determinazione a voler anteporre il bene del Paese al proprio; d’altra parte, Carrie finisce con l’essere ripagata dal suo patriottismo divenendo vittima inesorabile di un gioco al macello tra i due governi, in cui nessuno paga davvero, se non coloro che sono disposti a perdere tutto...anche se stessi. Emblematico il finale, che lascia spazio a inquietanti supposizioni in attesa dell’ottava e ultima stagione.

In questo senso, la settima stagione di Homeland scrive la più importante pagina di vita della sua eroina-protagonista, dai tempi della morte dell’amato Brody (Daniel Lewis): il sacrificio di Carrie rappresenta lo zenit di un dramma psicologico, umano e sociale che destabilizza lo spettatore, provando a minare con efficacia la concezione stessa di stato democratico moderno. Cos’é cambiato in cinquant’anni di guerra fredda? Quanto é sottile il confine tra guerra e pace? In che modo la sovraesposizione massmediatica può influire sull’andamento di un mandato presidenziale/governativo? Ecco, dunque, i protagonisti di questa settima stagione che appaiono più scettici e pressati dall’ombra del fallimento, sconfitti e disillusi, rassegnati a un presente nebuloso, incapaci di indirizzare le loro vite verso un futuro da loro stessi scelto, poiché quelle stesse vite non gli appartengono più: e in ciò risiede la vera morte della democrazia, nella prigionia individualistica dei propri sostenitori.

Tutti quesiti a cui Homeland prova a inculcare una risposta. Sempre nei limiti della fiction, é chiaro, ma ci riesce alla perfezione, mantenendo sempre alta la tensione drammatica, come un appena percettibile voltaggio sottocutaneo. Per lo meno, riesce nel tentativo di instillare il seme del dubbio e ferirci l’anima. Come riesce solo alle grandi spy-story.


(Homeland); genere: spy-story, thriller; sceneggiatura: Howard Gordon, Alex Gansa, Gideon Raff (serie originale); stagioni: 7 (rinnovata); episodi settima stagione: 12; interpreti: Claire Danes, Rupert Friend, Mandy Patinkin, F. Murray Abraham, Maury Sterling, Nina Hoss, Hill Harper, Robert Knepper, Elizabeth Marvel, Jake Weber, Morgan Spector, Costa Ronin, Sandrine Holt, Dylan Baker; network: Showtime (U.S.A., 11 febbraio-29 aprile 2018), FOX Italia (Italia, 23 aprile- ??? 2018); origine: U.S.A., 2018; durata: 60’ per episodio; episodio cult settima stagione: 7x12 - Paean to the people


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