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Hongyan (Dam Street)

Pubblicato il 22 settembre 2005 da Salvatore Salviano Miceli


Hongyan (Dam Street)

Muovendosi in una Cina a cavallo tra gli anni ’80 e quelli ’90, la giovane regista cinese Li Yu racconta, nel suo “Hongyan”, la vita di una sedicenne costretta a dover affrontare una gravidanza non prevista. Opera bella e convincente si segnala per una regia incisiva, priva di orpelli accademici, e per un’eleganza formale il cui miglior pregio risiede in un’originalità di ripresa che coniuga forza e poesia. Il film va oltre il racconto delle umiliazioni a cui è costretta Yun (Liu Yi) la cui unica colpa, peraltro, è quella di essere rimasta incinta. Li Yu crea un universo di significati e significanti che ha nel simbolismo la sua principale chiave di lettura. È da sottolineare come l’uso del colore e della luce sia, infatti, legato ad una semantica profonda che, travalicando la materia, riesce ad evocare sensazioni e pensieri che covano nella mente già durante la proiezione, meritando, poi, un approfondimento. Si nota una ricerca attenta da parte della regista e del direttore della fotografia nel giocare con i toni che, caldi e freddi, si inseguono, unendo o lacerando a secondo delle necessità narrative. Sequenze fortemente liriche puntano l’obiettivo su una Cina narrata nella sua quotidianità che, pur radicata in alcune sue tradizioni, appare acriticamente aperta verso l’occidentalizzazione più superficiale ed apparente. È il pop che soppianta l’opera tradizionale cinese il simbolo principe di un’apertura al nuovo che comporta, di contro, un forte depauperamento culturale. Ma come tanto mutabili risultano i gusti musicali, così fissi e non scalfibili restano i preconcetti verso tutto ciò che appartiene all’emisfero femminile. Il rispetto a cui può aspirare la donna è, infatti, dipendente dalla muta accettazione di un ruolo di subalternità nei riguardi della figura maschile. Ed il rispetto muta facilmente in disprezzo davanti a qualsiasi tentativo di emancipazione. Tracce importanti della cultura cinese diventano nel film metafora di qualcosa d’altro. L’acqua, nel suo scorrere, è vista come l’elemento fondante della spiritualità femminile, forte ed elegante allo stesso tempo, pronta ad accoglier ma anche a deflagrare, trasparente e informe come il destino che aspetta la protagonista. “Hongyan” è un film che colpisce quasi senza accorgersene. L’eleganza e la ricchezza simbolica di cui abbiamo già scritto lasciano che la pellicola scorra senza fatica, senza impedire al film di penetrare nella mente degli spettatori e di regalare emozioni inaspettate. Un film bello e ricco di significati che restituisce al cinema il suo ruolo di forza evocativa e, in questo caso, di denuncia sociale. Viene dunque spontaneo chiedersi se, tralasciando le sterili polemiche ed accuse, non sia auspicabile per il cinema italiano un ritorno allo studio della costruzione formale e contenutistica dell’immagine. Il film di Li Yu ne è un buon esempio.

Cast & Credits

Regia: Li Yu; Sceneggiatura: Li Yu, Li Fang; Direttore della Fotografia: Wei Wang; Scenografia: Cai Weidong; Costumi: Li Xuan; Montaggio: Karl Riedle; Suono: Yi Wangxue; Musica: Liu Sijun, Wei Dong; Interpreti: Yi Lu, Xingrao Huang, Li Kechun, Yi Zhuwang; Produttore: Li Fang; Produzione: Laurel Films; Coproduzione: Rosen Films; Cina, Francia 2005.


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