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Il cinema di Claudio Gora

Pubblicato il 7 febbraio 2014 da Antonio Napolitano


Il cinema di Claudio Gora

Sconosciuta, non-lineare, ignorata, scomoda, pittoresca, fuori-schema. Ci si può divertire ad usare innumerevoli termini e aggettivi per avvicinarsi all’opera cinematografica di Claudio Gora, ma nessuno alla fine la riesce a centrare realmente. Si può dire però che, al di là di ogni gioco, leggendo il recente libro edito da Rubbettino, Il cinema di Claudio Gora, ciò che affascina il lettore è la presenza costante del termine o, meglio ancora, dell’atmosfera decadente, crepuscolare che è sia nella sua opera, ma anche in un certa produzione del cinema italiano.
Il libro, pubblicato a margine della retrospettiva presentata durante l’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, è stato curato da Emiliano Morreale, conservatore della Cineteca Nazionale, ed è un bell’omaggio alla figura di “uno dei più grandi autori italiani da riscoprire”. Conosciuto ai più come attore per film come Un maledetto imbroglio o Una vita difficile, Claudio Gora è stato anche regista di nove film, tra cui il secondo, Febbre di vivere, insignito del Nastro d’Argento nel 1953. Il libro è interessante perché unisce le varie sfumature del suo universo, dalle analisi critiche sull’opera del Gora regista realizzata da esperti come Goffredo Fofi, Paolo Mereghetti, Anton Giulio Mancino ai racconti più intimi di chi lo ha conosciuto e ha condiviso vita e arte come sua figlia Cristina, Ennio Bispuri o Umberto Lenzi. Grande importanza naturalmente è data anche all’altra faccia della medaglia, o meglio all’altro lato della macchina da presa, dove si dà spazio al ricordo del Gora attore di cinema, televisione, doppiatore, caratterista e della sua esperienza di uomo di teatro. Ma quello che più di tutto fa emergere l’originalità del personaggio e ci fa fare i conti con lui è la sezione di “documenti” in cui sono raccolte interviste, scritti e appunti privati di un uomo (prima che artista) non conforme e senza peli sulla lingua (basti leggere solo dell’accenno con tanto di nomi e cognomi sull’uso di droga nel mondo del cinema già negli anni ’40) e forse anche per questo ignorato. E proprio in queste sue interviste, in queste sue riflessioni emerge il decadentismo di cui si accennava sopra. Atmosfera che si annusa quando parla di attori protagonisti nei suoi film ma “in decadenza” come Amedeo Nazzari o Buster Keaton (che fa un’apparizione in L’incantevole nemica) di cui racconta Gora “era già nella sua decadenza, il fatto stesso che arrivasse in Italia, era una prova che era un altro elefante che si veniva ad aggiungere al cimitero degli elefanti che era diventato il nostro Paese”. O quando si parla della malinconia di Eliana Merolla, vincitrice di un concorso di bellezza locale e amante del comandante Achille Lauro che la fece protagonista de La contessa azzurra. Ma, più di ogni altra cosa, decadente era il leitmotiv di estrazione longanesiana con cui Gora giustifica la sua partecipazione ad opere di non eccelso profilo artistico: Ho famiglia, spesso sostituito o accompagnato dalla frase Lo faccio per ragioni alimentari.

Opere quelle di Gora che sono di difficile catalogazione e che vanno dalla rivisitazione della commedia politica o del varietà al western e al neorealismo con una costante sottotraccia melodrammatica. Un autore difficile da etichettare e anche per questo merce rara da conservare e tramandare. In un‘epoca che riedita, svaluta e rivaluta e dove non di rado la confusione e il guazzabuglio vengono spacciati per contaminazione o crossover, si spera che questo piccolo omaggio a Claudio Gora sia l’inizio della sua riscoperta.


Autore: AA.VV. (a cura di Emiliano Morreale)
Titolo: Il cinema di Claudio Gora
Editore: Rubbettino
Collana: Quaderno della Cineteca Nazionale
Dati: 142 pp, brossura
Anno: 2013
Prezzo: 9,90 €
Isbn: 9788849840322
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