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Il commissario Montalbano - Gli arancini di Montalbano

Pubblicato il 27 novembre 2002 da Alessandro Izzi


Il commissario Montalbano - Gli arancini di Montalbano

La scena più importante dell’intero episodio la si trova, paradossalmente (ma, in fondo, in maniera anche logica), proprio alla fine di tutto, quando, cioè, le indagini sui vari casi che si intrecciano nel piccolo film sono ormai chiuse, e quando ogni elemento dell’intreccio ha trovato la sua collocazione finale e la sua spiegazione logica ed esauriente. Si tratta della scena della preparazione degli arancini che la buona Adelina (donna delle pulizie di Montalbano, nonché madre di due simpatiche canaglie che entrano ed escono dal carcere per tutta una serie di piccoli furti) ha intenzione di servire come piatto forte per la sua cena di Capodanno. La scena è girata con arguzia, facendo ricorso ad una serie di luoghi comuni già visti mille volte e che, proprio su questa dimensione stereotipata, poggiano tutta la loro capacità di colpire il pubblico. Mentre nella stanza vicina alla cucina, infatti, si susseguono rumorosi festeggiamenti, strette di mano e baci augurali, la donna si isola dal resto del mondo, si chiude in una sorta di grembo/cucina e prepara le sue prelibatezze con una lentezza che avvicina l’atto del cucinare ad una sorta di vero e proprio rito religioso. La contrapposizione al montaggio tra i due ambienti entro cui si svolgono le ultime scene della puntata è in questo senso efficacissima: da una parte l’ambiente vuoto, silenzioso e materno della cucina entro cui si consumano brevi azioni (impastare, modellare, friggere) che rimandano ad un contesto quasi atavico ad un rito che pare ripetersi immutato da millenni, dall’altro quello sociale, rumoroso e pieno della sala da pranzo dove voci, corpi e gesti si accavallano in lieta disarmonia. I due ambienti, i due modi in cui essi vengono agiti dai vari personaggi si intervallano sulla superficie del piccolo schermo in maniera efficace costruendo una delle scene più belle della serie. Ovviamente questa breve sequenza vorrebbe essere la trasposizione fedele della descrizione della preparazione degli arancini che Camilleri fa nel racconto da cui questa fiction trae spunto (un’intera bellissima pagina in una novellina che ne conta appena dieci complessivamente), ma le immagini non riescono a restituire in maniera fedele il fascino dell’agile penna dello scrittore, attutendone di molto l’impatto poetico. Del racconto camilleriano, poi, resta poco in questa fiction. Esso diventa, anzi, un semplice pretesto, o, meglio, una cornice entro cui va a svilupparsi un racconto del tutto diverso. Le poche pagine del testo scritto, infatti, contenevano un racconto assolutamente minimale con storie di ordinaria microcriminalità e niente più, un qualcosa, insomma, che doveva apparire poco proponibile per un’opera che doveva riempire una programmazione da prima serata su una rete nazionale. Ecco, allora, comparire il delitto, i morti, l’intrigo che, salendo alla ribalta, hanno costretto la fonte d’ispirazione del tutto al ruolo di mero sfondo. La storia che ne viene fuori resta, però, a tutt’ora, uno degli intrighi meglio congegnati e meglio girati di tutta la serie. Il tutto prende atto dal ritrovamento dei corpi del commendatore Pagnozzi e della di lui moglie (una donna molto più giovane del consorte abbondantemente cornificato), trovati nella loro auto finita in una scarpata. Tutto lascerebbe ipotizzare un normale incidente, ma, allora, perché la villa dei Pagnozzi è stata svaligiata la sera stessa dell’incidente? E perché le unghie delle mani della donna sono spezzate come se ella avesse cercato di liberarsi dalla macchina all’ultimo momento? Due sono i sospettati principali: i primi sono gli operai albanesi che lavorano nei cantieri di Pagnozzi (uno di loro, Ilir, viene trovato in possesso di parte della refurtiva) il secondo è il figlio di Pagnozzi, probabilmente allettato dalla cospicua eredità paterna. Il ritrovamento di una cassetta nella quale si sente la moglie di Pagnozzi parlare con un amante che si dice figlio di Pagnozzi sembrerebbe avvalorare questa seconda tesi, ma Montalbano non è convinto di questa ricostruzione e, scavando nel passato, riesce a intuire la giusta dinamica degli eventi fino a scoprire il vero colpevole. La consueta trama gialla è portata avanti con il consueto professionismo, ma una menzione speciale va fatta per le splendide musiche di Franco Piersanti che, attraverso un’orchestrazione spesso memore delle opere di Piazzolla, costruisce dei brani estremamente colti ed affascinanti che si sposano ottimamente con le immagini rivelando un’insospettata anima sperimentale di tutta la serie. Una dimostrazione, finalmente, che si può comporre musiche per le fiction italiane senza ridurre il proprio lavoro di compositore ad una sterile compilation di siglette TV e di jingle.

(Il Commissario Montalbano - Gli arancini di Montalbano); Regia: Alberto Sironi; Interpreti: Luca Zingaretti, K. Bohm, C. Bocci, P. Mazzotta

Messa in onda: Lunedì 4 novembre; Rete: RAI 1 Orario: 20:55

[novembre 2002]


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