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Il fu Max e Tux

Pubblicato il 24 novembre 2002 da Alessandro Izzi


Il fu Max e Tux

Non ne abbiamo parlato quando cominciò a funestare la programmazione televisiva di mamma RAI, in quella zona franca che va dalla fine dei telegiornali all’inizio della trasmissione dei film in prima serata. Non abbiamo voluto affrontare il problema dello spinoso calcolo politico che era stato alla base della sua ideazione e della sua collocazione in quella fascia d’orario e in quella rete che avevano visto la grazia giornalistica e l’equilibrio (magari non politico, sicuramente di gusto ed intelligenza) che fu di Enzo Biagi. Preferimmo tacere, infine, sul valore estetico di questa trasmissione. Dopo le prime puntate, infatti, la ragione e l’intelligenza, lo spirito critico e la memoria storica, ci imposero di tacere di fronte a tanto scempio e a tanto sperpero di ragione, intelligenza, spirito critico e memoria. Ci sfuggì, forse, una battutina sulla questione in altra occasione, ma fu cosa dettata da furore e detta en passant in altro contesto e in altro momento. Ma ora che la prima serie (e speriamo ultima, ma ammettiamo con sbigottimento che di fronte all’orrore perpetrato dalle reti televisive, non si può mai sapere...) di Max e Tux si è definitivamente, inesorabilmente conclusa, ci si permetta di elevare un canto di lode, un peana stupefatto e ammirato a quel Tempo, che per fortuna (o con qualche rimpianto quando assegna un termine alle cose buone e giuste) pone fine a tutto. Che dire ora di una trasmissione che, cercando di contrastare gli ascolti di un programma ben altrimenti problematico come Striscia la notizia, limitò il suo raggio d’azione alla ricerca di facili risate e alla riesumazione di un modello di comiche alla Stanlio e Ollio che appariva datato e poco proponibile (salvo sporadici capolavori) già ai tempi di Stan Laurel e Oliver Hardy? Cosa poter aggiungere circa lo sperpero di due talenti comici che, quando ancora erano abbinati alla bravura (meno compromessa da partecipazioni/sperpero televisive) di un’attrice del calibro di Anna Marchesini, ci abituarono a ben altro spirito, a ben altra acredine, a ben altro gusto corrosivo e graffiante? Max e Tux è stato, per quel poco che ne abbiamo visto, un esperimento fallito prima ancora di cominciare, il gioco di uno scienziato folle a corto di idee che non avrebbe mai dovuto superare lo stato di abbozzo progettuale. Ma ci è parso, soprattutto, un disegno ACME di un’invenzione di Willy Coyote subito pronta a ripercuotersi, con nefaste, ma buffe conseguenze, sul suo stesso creatore (la RAI). In un progetto che si limitava ad offendere l’intelligenza dello spettatore con una serie di gag risapute, in parte mute, che ritiravano in ballo categorie come l’infermiere folle e il medico stolto, il cameriere imbranato e il professore senza cattedra, l’autista furbo e il vigile incapace, c’era, in effetti, poco di che stare allegri. E se qualche risata, qua e là, scoppiava era più che altro per automatismo che non per l’abilità di una confezione che si limitava a ibridare lo spirito caustico delle strisce di Rowan Atkinson/Mr Bean (perdendone tutta la cattiveria e il sense of humor) con le mefitiche scenette mediaset della Premiata ditta. Tullio Solenghi deve, forse, aver bevuto troppo caffè beatifico nel paradiso mediatico degli spot, mentre a Massimo Lopez sicuramente non hanno giovato le lunghe frequentazioni con Maurizio Costanzo mentre saltellava, per la finta gioia di un pubblico di soli pargoli teledipendenti, intorno alla pantegana. Ora per chi proprio non vuole abbandonare la RAI, in quello spazio che le reti televisive sempre più cercano di sfruttare con ponti divertenti che non devono essere altro che splendidi ponti per interruzioni pubblicitarie, ci sarà nientepopodimenoche... la zingara Cloris con la sua luna nera. Credeteci: un incredibile salto di qualità verso l’alto!

[novembre 2002]


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