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In the market

Pubblicato il 5 ottobre 2010 da Edoardo Zaccagnini


In the market

Ehi, toh, guarda, un horror italiano indipendente. Dove? In qualche festival minore, prima, dove è stato pure premiato. E in sala, adesso, al nuovo cinema Aquila di Roma, dal 22 di ottobre. Distribuzione sui generis, come per altri germogli di cinema italiano, in quello spazio alternativo che si fa riserva e serra per piccoli lavori selvatici nostrani, non necessariamente capolavori, ma interessanti perchè liberi e spontanei, senza padrone o dove i padroni non si chiamano nè Rai nè Mediaset. Opere giovani, quasi sempre di ragazzi incoraggiati dai miracoli del digitale, e dalla loro buona volontà. Come quella, notevolissima, del giovanissimo Lorenzo Lombardi. Aretino di San Sapolcro, 24 anni da poco, nato il 27 settembre dell’86, dieci anni esatti dopo Francesco Totti, per renderci conto di quanto è ragazzino questo regista. Che ha iniziato a girare il film che raccontiamo quando di anni ne aveva appena 22. E se colpisce questo fatto, come colpisce la presenza nel film di un mito come Sergio Stivaletti (che attraverso gli effetti speciali arricchisce di parecchio l’opera) e di un attore robusto come Ottaviano Blitch (Italians di Giovanni Veronesi, Shadow di Federico Zampaglione), sorprende anche la notizia che In the Market, questo il titolo di un piccolo horror italiano che fonde aspetti e momenti interessanti con altri da sistemare, non è del tutto un’opera prima. Già, perchè il giovanissimo regista, molto enfant e un pò prodige (determinato ed ambizioso sono due aggettivi che gli si abbinano molto bene), aveva già girato, quasi quattro anni fa, nemmeno ventenne, un film dal titolo Life’s but. Non uscito in sala, ma stando alle note di regia scovate nella rete, un esercizio faticoso, articolato, e tutt’altro che inutile. Un pre-esordio, una specie di grande prova generale costata settemila euro in tutto, con aiuti arrivati dalle fonte più disparate. Alla faccia dei bamboccioni, del Fus e delle commissioni ministeriali. Sono questi dati a colpire maggiormente di fronte al film del ragazzetto toscano, girato con la formula dell’autofinanziamento collettivo: ognuno mette il suo, e se dovesse andare bene lo stesso ricava la sua parte del guadagno. L’aver concepito e realizzato un lungometraggio in così tenera età, organizzato quando la maggior parte dei coetanei, compagni d’università o d’altro, nemmeno immaginano di potersi produrre in un sacrificio, sforzo, compito di questo tipo. Si può concludere che chiunque a ventitre anni riesca a portare a termine un progetto del genere sia un talento? Forse no, ma di sicuro qualcosa significa, perchè fare il regista è anche un mestiere, ci vuole capacità organizzativa, tenacia, la tendenza a voler trasformare i sogni in realtà. E così In the market possiede ovvie fragilità, soprattutto nella prima parte, a partire dai dialoghi e dalla recitazione dei giovani protagonisti, continuando con l’eccesso di facili citazioni e terminando con i monologhi bassofilosofici del macellaio cannibale. Ma nello stesso tempo costruisce, nel momento più importante della gara, quando cioè il genere deve mettere in campo tutte le sue forze, sequenze più che dignitose, e forti, che non lasciano indifferente lo spettatore. D’improvviso il film diventa teso e abbondanemente truculento, per il piacere degli affezionati dello splatter e per il disgusto di quei malcapitati che odiano il sangue. In breve la trama: tre ragazzi partono con una jeep scappottata per raggiungere il concerto della loro band preferita. Lungo la strada sorridono e si lasciano andare a riflessioni di vario tipo. Poi una rapina subita muta il clima dell’avventura, e segna l’inizio di un viaggio nell’incubo che terminerà in un supermercato molto simile all’inferno. Tarantino è un esplicito punto di riferimento del ragazzo, insieme ad altro cinema americano, così come nel film si sentono fortissimi i rapporti con Hostel e Saw. Viene facile lasciar andare l’autore alla sua strada, con indulgenza e tiepidi complimenti, senza insistere troppo su quello che non va nel film. Conviene sottolineare la parte buona di questo piccolo film e seguire l’autore e la sua energia di nascosto, per vedere cosa accadrà in seguito, tanto è lunga la strada che gli si fa davanti. Alla prossima, con tutto il carico di esperienze ricavate da questo horror italiano isolato e indipendente, che sbanda e sgomma, senza paura, e che, se non fosse ancora chiaro, insegna che il cinema si può fare anche in un altro modo, senza chiedere nulla a chi non ha tempo e non ascolta. Ma attraverso le idee e l’ingegno. Non è qualunquismo, nè superficiale ottimismo. Fare cinema costa meno di una volta, e gli esempi che lo dicono aumentano di giorno in giorno.


Regia: Lorenzo Lombardi; Sceneggiatura: Lorenzo Lombardi, Eleonora Stagi, Marco Martini, N.Santi Amantini; Montaggio: Daniele Bartoli; Fotografia: N. Santi Amantini; Effetti speciali: Sergio Stivaletti; Interpreti: Ottaviano Blitch; Produzione: Whiterose, The Coproduers; Distribuzione: Whiterose.


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