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Incontro con Drake Doremus regista di Like Crazy

Pubblicato il 30 ottobre 2011 da Luca Lardieri


Incontro con Drake Doremus regista di Like Crazy

Il tuo film risulta talmente realistico e naturale che spesso i dialoghi tra i due attori sembrano spontanei e quasi mai scritti. Hai lasciato loro carta bianca e li hai fatti improvvisare o sei particolarmente abile nello scrivere dialoghi "reali"?

Drake Doremus: In realtà l’improvvisazione a me piace molto. Cerco di utilizzarla in ogni mio film. Se si prende in mano la sceneggiatura che avevo scritto, quasi nulla dei dialoghi è rimasto uguale. L’improvvisazione però deve essere strutturata e mai lasciata a briglia sciolta. Io interrogo spesso i miei attori, gli chiedo se si sentono a loro agio con le loro battute, se gli sembrano verosimili, se loro nella stessa situazione in cui si trovano i propri personaggi avrebbero agito e/o parlato così. Una volta provato, a telecamere spente, arriviamo tutti e due a ciò che volevamo ottenere e quindi siamo poi pronti a girare. In Like Crazy l’ho fatto più che in altri film perchè sia Felicity che Anton sono stati straordinari nel calarsi negli stati d’animo di Jacob e Anna e hanno donato tanto di loro stessi al film.

A proposito dell’interpretazione dei tuoi attori, abbiamo letto che Felicity l’hai scelta appena una settimana prima dell’inizio delle riprese. Cosa ti ha spinto ad aspettare così tanto?

D.D.: Beh, devo dire che trovare la giusta Anna è stata la cosa più difficile della preproduzione del film. Avevo visto diverse attrici ma nessuna mi aveva convinto fino in fondo. Mancava sempre qualcosa. Mancava quella verità che stavo cercando. Ebbene a dieci giorni dall’inizio delle riprese la mia Anna ancora non c’era ed i miei produttori, ovviamente, erano abbastanza preoccupati. Improvvisamente, la mattina seguente ho trovato nella mia cassetta postale un DVD. Lo guardo e vedo la performance di questa bravissima attrice che aveva girato, da sola, la scena finale del film (quella della doccia n.d.r.). Ho subito chiamato il mio produttore, abbiamo chiamato Felicity al telefono ed una settimana dopo era lì sul set a girare con noi. E’ un’attrice straordinaria e poi aveva tante cose in comune con Anna. Lei stessa mi ha rivelato di aver vissuto un qualcosa di simile in passato. Era quello che cercavo e la verità di Anna esce fuori proprio grazie a lei.

Nel finale del tuo film sembri volerci dire che dopo tutto l’amore non basta a renderci felici

D.D.: Non ci avevo pensato. Beh sì, forse sì. Ma in realtà il finale è un finale molto aperto. I due protagonisti ricercano qualcosa che erano e che forse non sono più. Un qualcosa che non trovano in nessun altro e si ostinano a volerlo ritrovare o rivedere nella persona che ha rappresentato tutto per loro; il loro primo amore. Se ci riusciranno o meno non sta a me dirlo.

Parlando del tuo stile, il film ricorda molto Prima dell’alba di Richard Linklater, anche se la storia, in realtà, racconta esattamente la cosa opposta, ovvero l’ostinarsi a vivere un amore "impossibile", un amore che forse vive solo nel ricordo.

D.D.: Ovviamente per un piccolo regista indipendente che si cimenta con una storia d’amore come questa, Prima dell’alba è un film basilare. Anche io cerco di pedinare i due personaggi così come fece Richard nel suo film. Per quanto riguarda la storia, sicuramente la si può interpretare come il rovescio della medaglia del volersi ostinare a continuare un qualcosa che non si può continuare, ma non la vedo come il proseguimento di quel film o almeno non lo era volutamente. Se raccontassi anche io la stessa storia dieci anni dopo, così come a fatto Linklater con Prima del tramonto, credo che i nostri personaggi si troverebbero allo stesso punto, perchè nessuno accetterà mai che le persone, a dispetto di quanto si dice, possono cambiare.

Ci spiega il significato della sedia? Perchè lo ha scelto come simbolo della loro storia?

D.D.: Bella domanda. Io vedo la sedia come un oggetto molto personale, soprattutto per chi scrive. Partendo da ciò ho pensato: "Chi meglio di un designer potrebbe realizzare la sedia adatta ad una scrittrice/giornalista professionista?" Il suo è un regalo pensato, spontaneo, che sa cogliere l’essenza di lei e che le dice: "Ti amo per quello che sei!". Metaforicamente poi la sedia è un sostegno stabile. Ti supporta, ti fa riposare, ti può dare conforto...tutte cose che una persona che ti ama davvero dovrebbe essere in grado di offrirti.

Per quanto riguarda il tuo stile registico, ti rifai a qualche regista italiano?

D.D.: Ovviamente conosco e amo Federico Fellini, però non credo di avere molto del suo stile. Di sicuro io faccio film molto più europei che americani, ho una sensibilità più vicina al vecchio continente rispetto ai miei colleghi. Infatti questa mattina quando sono atterrato a Roma ho pensato: "Wow! questo è il posto giusto in cui presentare il mio film!". Sono davvero contento di essere presente a questo festival e in questa città con il mio film.

Progetti futuri?

D.D.: Sono al montaggio del mio quarto film che ho girato a New York il mese scorso, sempre con Felicity Jones protagonista. Un film diverso da Like Crazy ma che lo ricorda nello stile. Infatti anche qui mi piace pedinare i personaggi in maniera quasi voyeristica e intimista, ma la storia è molto diversa. Se tutto va bene dovrebbe uscire al cinema per l’autunno prossimo.


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