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Inferno nella stratosfera (DVD)

Pubblicato il 7 ottobre 2012 da Alessandro Izzi


Inferno nella stratosfera (DVD)

Il Giappone del 1959 è, a guardarlo dall’alto, una fitta trama di incubi ricorrenti tutti ugualmente spaventosi. Ogni filo di questo tessuto vibrante d’ansia si incrocia con gli altri a disegnare, sul nulla dello schermo bianco di un cinema di provincia, il disegno astratto di paure ancestrali che si impastano col nuovo.
Il ricordo della Guerra è ancora fresco, dolente. È un cane rabbioso che aspetta il viaggiatore alla fine di un tunnell per riempire il suo viaggio di rimorsi e sensi di colpa.
La bomba atomica, invece, più che un ricordo è una realtà ancora viva, ancora impressa sulle carni di chi è sopravvissuto o di chi è nato subito dopo. Orrore con cui anche noi, che ne siamo stati ben più lontani, non abbiamo ancora imparato a vivere.
Inferno nella stratosfera, è diverso dai film della serie di Godzilla o da quelli, ben più interessanti, dei mostri mutanti: più che con la paura dell’atomica esplosa non sono ancora dieci ad Hiroshima e Nagasaki, si confronta col ricordo della guerra.
Per questo motivo, al centro del racconto, oltre che alle sintomatiche immagini di distruzione di paesi e continenti, ci mette, in bella mostra, intere sequenze di incontri al vertice dell’ONU, di bandiere che sventolano al vento e di genti e razze diverse che, in vista di un pericolo più grande, un’invasione di alieni dallo spazio, devono presto smettere di litigare tra loro per far fronte ad un pericolo comune.
Il terrore giapponese è sempre lo stesso. Lo si troverà in America, coniugato al verbo della guerra fredda, solo distanziato nella metafora: la paura dell’invasione dall’esterno. Ma mentre nel modello americano, che pensa all’Unione Sovietica, l’invasione è interna, subdola e culturale (con gli ultracorpi in resta che sono proprio come noi anche se prima erano un del tutto alieno baccello verde), il Giappone pensa ad un’invasione più concreta, più reale, più legata ad un vecchio sogno imperialista che era lo stesso che aveva fatto scendere la nazione in guerra affianco a Hitler.
Così gli alieni venuti dallo spazio, entrano nella nostra atmosfera e cominciano a distruggere pian piano le nostre città: in Giappone sollevano ponti e fanno deragliare treni, in Italia sommergono Venezia, in America scagliano una nave che attraversava lo stretto di Panama contro le dighe distruggendo tutto: avvisaglie di un terrore ben più grande dietro l’angolo.
Il problema di Inferno nella stratosfera è riuscire a coniugare questa nuova preoccupazione planetaria (anticipata, è vero, da I Misteriani che, però, spingeva da presso per una fantascienza più sociologica) con il bisogno di lasciare il racconto il più possibile radicato nei confini di quel nuovo Giappone che stava ancora uscendo dalle macerie del secondo conflitto mondiale.
A ben vedere, infatti, tutti i film di Honda parlano la lingua dell’ansia per l’invasione dall’esterno e in ogni film il punto culminante è la distruzione di Tokyo capitale.
Che una minaccia che arriva dall’esterno possa colpire tutti indistintamente è novità importante, ma che deve scendere a patti col bisogno tutto nazionale di far coincidere il massimo della minaccia planetaria con il massimo del pericolo per il Giappone. Sicché, dopo che l’invasione ha toccato Italia e America e dopo che l’azione si è strategicamente spostata sul campo neutro della Luna (raggiunta al volo grazie ad un congiunto sforzo di tutte le nazioni a voler esorcizzare i timori della corsa allo spazio imposta dalla Guerra Fredda) ecco che il vertice del film lo si raggiunge quando l’astronave madre colpisce la capitale del Giappone dove è definitivamente sconfitta. Nello scacchiere internazionale Tokyo è quindi il re da mettere sotto scacco, sedicente alternativa alle opposte fazioni capitalista e comunista.
Il punto di sutura tra questa paura di un’invasione ancora tutta territoriale e i timori della guerra fredda si ravvisa nella scelta di mettere in scena anche l’idea di dotare gli alieni di microchip che, inseriti direttamente nei cervelli di alcuni umani, sono capaci di piegarne le coscienze trasformando i poveri malcapitati in veri e propri agenti alieni.
Inferno nella stratosfera mette in campo un gioco di effetti speciali ben magnificati da un uso accorto della profondità di campo necessaria quando si lavora con modellini di città. A vederlo oggi appare datato, paradossalmente, proprio nella sua componente scientifica che quando non si avvale del siparietto comico (l’astronauta che non riesce a gestire l’assenza di gravità) si rivela involontariamente comica. Ma il messaggio pacifista di cui si riempie ad ogni fotogramma, resta vivo e stranamente accorato ancora oggi.

La qualità audio-video

A dirla tutta, si rimpiange, e tanto, che non si sia partiti da un restauro attento della pellicola originale. Il film, la cui riproduzione sui lettori domestici scorre tranquilla e senza troppi contraccolpi, si porta impresso, infatti, tutto il peso degli anni. Soprattutto nelle scene notturne o nei già improbabili scontri tra UFO e razzi terrestri che avrebbero tratto giovamento da un nero più profondo. Nel complesso, però, la visione è buona e sono rari segni e graffi che fanno più vintage che altro.
Meno buono il suono, un dual mono molto sporco nel doppiaggio italiano e meglio equilibrato nel giapponese con sottotitoli opzionabili.

Extra

La presentazione di Luigi Cozzi, in verità, non riguarda il film, ma un libro di prossima pubblicazione su Ishiro Honda presso i tipi di Profondo Rosso. Pubblicità, insomma!


(Uchû daisensô); Regia: Ishiro Honda; interpreti: Ryô Ikebe, Kyôko Anzai, Koreya Senda, Minoru Takada, Leonard Stanford; distribuzione DVD: Sinister Film
formato video: 2.35:1 (anamorfico); audio: Italiano, Giapponese Dual Mono; sottotitoli: Italiano

Extra: 1) Presentazione di Luigi Cozzi


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