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Interno abbado

Pubblicato il 29 maggio 2009 da Laura Khasiev


Interno abbado

Parole sussurrate freneticamente, lamentele che si impregnano di pathos, per raccontare di una vita matrimoniale fatta di tante sfaccettature. Per parlare dell’amore, il regista Andrea Baracco si è ispirato al racconto di Sciascia Il teatro della memoria. La rappresentazione inserita nel festival Teatri di vetro, si è svolta all’interno del teatro Palladium, dove la compagnia I TERMINI ha portato in scena lo spettacolo con cui ha vinto M’ARTE LIVE 2008, per la sezione teatro.
Oggetti in terra tra cui santini di Padre Pio, dei fiori finti, un telefono e al centro un uomo vestito da donna che racconta la sua vicenda matrimoniale attraverso una telefonata alla polizia. Una collana di perle, rossetto rosso e unghie laccate sono “i termini” che definiscono il personaggio centrale della rappresentazione, la signora Rosa, che si ispira al personaggio di Norman Bates di Hitchcock. Le melodie popolari che fanno da contorno al nevrotico monologo sono suonate dall’attore Lucas Valdes Zanforlini, che con un organetto e timide movenze contribuisce a creare un’atmosfera tipicamente pugliese, dando vita ad un ambiente domestico e familiare, che fa da cornice a tutto ciò a cui lo spettatore si trova davanti. Ed è proprio la musica a fare in modo che gli oggetti prendano vita e anch’essi assieme alla donna raccontino la storia di due coniugi che si sono perduti durante il loro percorso di vita.
Tutto ruota attorno al messaggio centrale fondato sull’impossibilità di amare, che si struttura attraverso il dialogo della moglie con un poliziotto, il quale la avverte del ritrovamento di suo marito Carlo. Scambi di identità divengono i tasselli portanti della vicenda, un marito che si finge sua moglie, una moglie interpretata da un uomo, l’eclettico attore Giandomenico Cupaiuolo, il quale dà vigore al personaggio, rendendo ancor più vivida l’idea di una donna di paese, arretrata nella parlata e nelle movenze, poco femminile e non curata, presa dalle faccende e questioni domestiche piuttosto che da sé stessa, come lo sarebbe una donna oggi. Quindi si ha di fronte il ritratto di un personaggio che ci fa riflettere su una realtà lontana da noi per tempo e per spazio.
Il matrimonio diventa l’emblema di un recinto che sopprime l’amore e la passione, relegandoli agli angoli di una vita spezzata. Passano i giorni tra le chiacchiere del paese, la casa da mandare avanti, le spese a cui far fronte e ci si dimentica come rendere felice l’altro. Proprio la mancanza di “memoria”, quella del vissuto, che sorreggerebbe un legame, fa scomparire la voglia di continuare un cammino insieme ed ecco dunque che si presenta come una minaccia incombente, l’impossibilità di far durare per sempre quel qualcosa che si è condiviso per un po’, che ha tenuto due persone vicine e felici di aversi l’un l’altro. Cucinare per il proprio marito o portare dei fiori alla propria moglie potrebbero essere gesti sufficienti per coltivare un amore, eppure non sappiamo bene cosa sia successo davvero ai coniugi Abbado, due fra i tanti, che hanno fatto morire il loro sentimento, facendolo consumare dalla frenesia della vita quotidiana. Si tratta di un marito e una moglie presi a caso, una storia emblematica, per parlare di un concetto generale e universale, che è l’amore e la sua impossibilità di durare nel tempo. Ma la storia parla anche della pazzia di un uomo, che probabilmente relegato per troppo tempo in una vita domestica, di paese, gretta e priva di stimoli, è esploso in una follia paradossale, schizofrenia che lo ha portato a vestire i panni di sua moglie, andando in giro con l’identità della persona da cui è appunto fuggito. Tanti sono gli spunti di riflessione e non solo in riferimento alla vicenda, ma anche per quanto riguarda un discorso più ampio, meta-teatrale, che ha a che fare con la scena attuale. Infatti come ha dichiarato il regista stesso, uno dei messaggi che con questo lavoro vorrebbe trasmettere al pubblico è l’importanza di esser preparati, e per questo la scelta è ricaduta su Giadomenico Cupaiuolo, di formazione accademica, che è riuscito a tenere la scena per un’ora, senza mai far distrarre lo spettatore, proprio grazie alla sua bravura. Inoltre risulta appropriata la scelta di farlo affiancare da un attore/suonatore, che scandisce il ritmo della vicenda a suon di musica popolare, ricreando un ambiente, in cui il pubblico entra estraniandosi per un’ora dalla realtà in cui vive, entrando così in maniera totale all’interno dell’ambiente tradizionale pugliese.


CAST & CREDITS

Interno abbado;di: A. Baracco e G. Cupaiuolo; regia: Andrea Baracco; interpreti: Giandomenico Cupaiuolo;musiche dal vivo: Lucas Waldem Zanforlini; disegno luci: Camilla Piccioni;


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