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Intervista a Bruce LaBruce

Pubblicato il 21 marzo 2011 da Alessandro Izzi


Intervista a Bruce LaBruce

Se non le spiace vorrei prendere in esame, almeno all’inizio di questa nostra conversazione, Otto e L.A. Zombie insieme, del resto sembrano davvero due capitoli di una stessa avventura cinematografica: in entrambi i film viene meno quasi del tutto uno dei temi classici degli zombie movie, vale a dire il tema del contagio. In questo modo se per Romero, capostipite del filone, lo zombie è il trionfo dell’uomo massa, nel suo caso lo zombie è una figura solipsistica, condannata alla solitudine. Come ha concepito questo sostanziale stravolgimento di prospettiva?

L’idea dell’infezione virale zombie è presente in entrambi i film anche se in forma diversa. In Otto, all’interno del film nel film Up with Dead People, c’è una rivolta di zombie gay che si diffonde tramite l’infezione e che necessariamente allude all’AIDS. In L.A. Zombie, lo sperma nero eiaculato dal pene alieno dello zombie “infetta” le persone morte con cui viene in contatto, riportandole a tutti gli effetti in vita. E’ una metafora sull’AIDS alla rovescia con il mostro che porta vita invece che morte attraverso il sesso gay. Ma è vero che i miei zombie sono figure molto più solitarie: disadattati, omosessuali, reietti. L’opprimente ortodossia zombie prevede che gli zombie debbano essere rappresentati in un certo modo: devono essere un fenomeno di massa, devono essere conformisti che agiscono allo stesso modo senza avere personalità distinte. Ciò li rende figure molto contemporanee e “post-umane”, ma ciò li rende anche un po’ prevedibili e noiosi. Io sto solo tentando di rimescolare un po’ la zuppa zombie.

In Otto permane ancora, sia pure in misura limitata, il tema del cannibalismo degli zombie che continuano a nutrirsi di carne umana. Nella realtà di L.A. Zombie il cannibalismo sembra riguardare più che altro la società intorno allo zombie, mentre quest’ultimo si limita ad attraversare un universo-città che è reso simile al deserto. Questo fa sì che discorso individuale e discorso politico si prendano a braccetto. Quale dei due aveva, per lei, più urgenza d’espressione e perché?

Beh, naturalmente la dimensione individuale è sempre connessa in qualche modo con quella culturale e politica. Otto era molto influenzato dalle teorie di Herbert Marcuse – in particolare per l’idea che l’individuo “sano” in una società malata è esso stesso malato. La malattia di Otto, il suo essere zombie, è un risultato diretto degli orrori della società quali l’omofobia, il degrado ambientale, il conformismo consumista e l’alienazione che dipendono dal materialismo, dal capitalismo e così via. Ma la tipologia caratteriale di Otto, che potrebbe essere un homeless gay adolescente e schizofrenico con un disturbo alimentare e che semplicemente crede di essere uno zombie, ancora esiste in certe frange della nostra società. Egli prova ad adattarsi in un gruppo di spostati guidato dalla filmmaker femminista e underground Medea Yarn e quasi torna ad essere di nuovo umano grazie al contatto con una vera persona vivente. In L.A. Zombie, viceversa, il personaggio eponimo viene da un altro mondo o da un’altra dimensione e non deve quindi conformarsi in nessun modo con le regole della società. (Naturalmente anche lui potrebbe essere visto come un homeless schizofrenico e gay con allucinazioni). Si tratta di uno zombie alieno, una sorta di camaleonte che si traveste da homeless ed assume una grande varietà di forme. Inoltre egli riporta in vita i morti, invece di trasformarli in zombie, e ciò lo porta ad essere una sorta di personaggio messianico. Lo si potrebbe vedere anche come un “marziano sulla terra” una creatura che è venuta sul nostro pianeta per osservare il comportamento degli umani e per cercare di aiutarli. Le sue osservazioni agiscono come critica alla nostra cultura.

Lo zombie è, in fin dei conti, la perfetta metafora del consumismo contemporaneo, il sesso sembra essere indicato, da entrambi i film, come ultimo baluardo di una certa umanità. In L.A. Zombie in particolare esso riporta pensiero prima ancora che non vita nei corpi dei defunti. Diventa strumento di comunicazione, ma non è apportatore di gioia. Potrebbe spiegare il senso di questo cupo pessimismo?

In uno dei miei film precedent, The Raspberry Reich, una rivoluzionaria crede che la rivoluzione sessuale, ed in particolare la rivoluzione omosessuale, sia l’unica strada per una società illuminata ed egalitaria. Ma i suoi tentativi di imporre l’omosessualità ai sui seguaci etero sono sbagliati e finiscono per contrastare la sua stessa rivoluzione. In un certo senso è la stessa cosa accaduta al movimento di liberazione dei gay. Si trattava di una realtà troppo guidata da eccessi sessuali e da sperimentazioni e gli estremi, si sa, sono in genere mal tollerati. Alla fine l’AIDS ha molto efficacemente dirottato la rivoluzione. Ora stiamo sperimentando un rigurgito conservatore nel quale comportamenti sessuali estremi ed edonismo sono poco graditi nella comunità gay. La pornografia è davvero l’ultimo baluardo del radicalismo sessuale gay. Avendo vissuto i miei anni di formazione nel pieno della rivoluzione omosessuale, sono ancora in sintonia con quel tipo di energia sessuale e di stile militante che davvero dà vigore ai movimenti più rivoluzionari. Continuo ad usare la pornografia nei miei film proprio per questo motivo. Ma lo spettro dell’AIDS, che temo sia stato usato in qualche modo – sia letterale che metaforico – per uccidere la rivoluzione gay, ancora ossessiona i miei film. Mi ha sempre entusiasmato, ad esempio, il sesso gay anonimo, ma da un certo punto di vista esso può sembrare, a guardarlo da fuori, un mondo zombie. Ho visto molti “zombie gay” vagabondare tra parchi e saune di notte, ed io stesso sono diventato tale a volte. C’è sempre un lato oscuro in ogni rivoluzione.

La vulgata classica degli zombie movie prevede che lo zombie sia privo di parola, quasi rappresenti un azzeramento di ogni stato evolutivo. I suoi film invece sono in controtendenza, ma si rivelano gemelli speculari. In Otto, infatti, parlano sia gli uomini che i morti viventi e il film è anzi una ridda di dialoghi, in L.A. Zombie, viceversa, la parola è negata. Essa, infatti, pur presente, è a livello sonoro quasi un rumore di fondo, mentre per i personaggi è solo espressione elementare. Molto dipende probabilmente dalle differenti condizioni di ripresa, eppure mettere in fila i due film spaventa per l’impressione di una sostanziale perdita di fiducia nel valore comunicativo della parola. Cosa ne pensa?

Si, beh, ho dovuto confrontarmi con un sacco di ostilità nei confronti di Otto perché vi ho inserito così tanta e tanto scoperta retorica politica da renderlo essenzialmente una specie di zombie movie intellettuale (sebbene io non mi consideri in nessun modo un intellettuale). E la vera portavoce del film è la grande Medea Yarn, una filmmaker intellettuale, politica e lesbica dotata di forte volontà, un personaggio che per alcune ragioni ha suscitato una certa rabbia e un certo disprezzo in alcuni spettatori. Nei miei film io di solito o includo personaggi femminili che sono intelligenti, eloquenti e quasi logorroici oppure escludo del tutto la componente femminile a favore di una più pura rappresentazione dell’omosessualità maschile. Come il mio film Hustler White, L.A. Zombie rientra nella seconda tipologia di film. Con L.A. Zombie ho voluto fare un film che muovesse dalle stesse premesse basilari di Otto (uno zombie che potrebbe essere visto sia come “vero”, sia come un homeless schizofrenico che percepisce se stesso come uno zombie), ma che fosse al tempo stesso quanto di più diverso da quel film. Otto ha avuto uno storyboard, L.A. Zombie è stato girato come un film di guerriglia. Otto aveva una sceneggiatura zeppa di dialoghi, L.A. Zombie è stato girato sulla base di tre paginette di soggetto e senza dialoghi. Otto ha forti lesbiche tra i suoi personaggi, L.A. Zombie non ha personaggi femminili. Otto è stato girato a Berlino ed ha un’estetica molto scura e gotica, L.A. Zombie è stato girato tra le strade di Los Angeles ed è molto luminoso e pervaso da un sentimento documentaristico. Ma recentemente, devo ammetterlo, sono stato piuttosto antidialogico nel mio lavoro. Negli ultimi tempi sono stato molto più interessato nella realizzazione di pezzi puramente visuali sia per i film che per il teatro. Cerco immagini capaci di parlare per se stesse.

L.A. Zombie e Otto sono entrambi film guerriglieri. Si potrebbe dire che il loro bersaglio comune sono i media visti come realtà spaventose non tanto per quello che mostrano, quanto per quello che riescono a non farci vedere del mondo che ci circonda?

Come sempre sono interessato dalla rappresentazione di ciò che si pensa non debba essere rappresentato e dall’esplorazione di aree che sono considerate tabù. La Cultura Pop e i mass media mostrano le realtà più spaventose del mondo – guerre, torture, morte – sfruttandole per l’intrattenimento, ma rifuggono dalla rappresentazione del sesso esplicito. Personalmente preferisco fare l’amore piuttosto che la guerra. Del resto non c’è neanche molta analisi critica nei media moderni, in particolar modo quando si tratta di capitalismo avanzato. Sono sempre stato un simpatizzante marxista. Così i miei film sono guerriglieri su molteplici livelli.

C’è una profonda differenza stilistica tra Otto e L.A. Zombie. Il primo è chiaramente figlio degli incubi dell’espressionismo tedesco, il secondo è fratello di certo underground americano. In entrambi i casi due filoni fortemente storicizzati e in parte motivati dalla location (il primo film è girato in Germania, il secondo a Los Angeles). C’è qualche altro motivo per queste scelte linguistiche?

I due film provengono da fonti di ispirazione molto diverse. Otto era influenzato in parte da cartoonists come Charles Addams ed Edward Gorey ed in parte dai film horror degli anni Sessanta e Settanta come Night Tide, Carnival of Souls e Martin – tre film su personaggi disadattati che sono precepiti dalla società come mostri di qualche tipo. L.A. Zombie, da parte sua, è stato influenzato principalmente da documentari di strada come Streetwise e Hookers on Davies e successivamente da scioccanti zombie movie che io amo come Shock Waves e Planet of the Vampires. Otto contava su un budget consistentemente più grande, per questo ho potuto lavorare sulla sua estetica con quadri composti accuratamente e un preciso disegno di luci. L.A. Zombie aveva un microbudget ed è stato girato in stile guerrilla con molta sensibilità documentaria. Le due esperienza di ripresa non avrebbero potuto essere più diverse.

Otto e L.A. Zombie impongono due approcci attoriali profondamente diversi. Come ha lavorato con gli attori? A quali modelli interpretativi ha fatto riferimento?

Jey Crisfar, che ha interpretato Otto, non era un attore professionista, ma piuttosto uno studente che avevo trovato su Internet. Volevo affidare la parte a qualcuno che fosse molto simile al personaggio che doveva interpretare – un teenager gay molto sensibile, vulnerabile ed autentico. Ho dovuto farlo lavorare con un coreografo per plasmare la sua camminata zombie, ma lui ha praticamente recitato se stesso nel film. Anche Medea è stata intepretata da un’attrice non professionista, Katharina Klewinghaus, che è molto simile al personaggio che interpreta, una filmmaker femminista. Ma lo script era in un certo senso ancora convenzionale e narrativo. Francois Sagat, che interpreta lo zombie in L.A. Zombie, è un attore porno, per questo aveva già un sacco di esperienza di fronte alla macchina da presa. Io sapevo che il film avrebbe funzionato solo se lui avesse preso quello che era un personaggio piuttosto ridicolo molto seriamente e se fosse stato nel personaggio per tutto il tempo. Penso che sia stato rimarchevole in questo senso. Gli attori porno in genere hanno la fama di essere pessimi attori, ma io trovo che molti di loro possono essere artisti molto naturali se gli offri una possibilità di entrare nella loro parte. Sono dei professionisti che sanno come comportarsi naturalmente davanti ad una macchina da presa.


Abbiamo intervistato Bruce LaBruce relativamente all’uscita, per Atlantide Queer frame, di un cofanetto contenente Otto or Up with Dead People e L.A. Zombie.
Vai QUI per leggere la recensione al cofanetto.


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