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INTERVISTA A PIERO SANNA

Pubblicato il 5 marzo 2007 da Edoardo Zaccagnini


INTERVISTA A PIERO SANNA

Piero Sanna è per noi e per tanti il regista di La destinazione: film appartenente al gruppo di quelli che hanno dato una nuova dimensione al cinema sardo. Ma Piero Sanna è anche un signore che di mestiere fa il carabiniere e che tanti anni fa ha iniziato a sentire un grande amore per il cinema. Abbiamo ritenuto prezioso incontrarlo in questo nostro piccolo viaggio dentro il cinema sardo contemporaneo. La sua gentilezza, per la verità uguale a quella degli altri intervenuti, è stata costante e le sue parole motlo utili a capire un po’ meglio le radici, le motivazioni e le caratteristiche di questa manciata di film pensati, girati ed ambientati in Sardegna. Con lui abbiamo iniziato a ragionare su alcuni aspetti secondo noi comuni a questa generazione. Uno dei quali è sicuramente l’uso massiccio del dialetto:

P.S: Io credo di essere stato uno dei primi ad usare il dialetto. Quando ho fatto La destinazione, gli altri non avevano ancora cominciato a scrivere. Li consigliai in questa direzione e loro accolsero il mio invito. Il fatto è che ho sempre considerato la lingua sarda intraducibile in italiano. Per me è preferibile far recitare gli attori nella loro lingua e poi sottotitolare in italiano. E’ molto difficile, secondo la mia opinione che non vuole essere un teorema, far interpretare un personaggio che non possa parlare nella sua lingua. Perchè diventa complicato fare affiorare le emozioni necessarie per dare spessore al personaggio. Io, e parlo naturalmente per me, faccio una fatica tremenda. Ho bisogno di pensare in sardo. Non sono mai stato favorevole a fare il cinema in senso ‘classico’ col doppiaggio e tutte quelle cose che si fanno in post-produzione. Al contrario, credo nella presa diretta per fare in modo che ogni interprete possa entrare nella parte nel modo più incisivo possibile. Anche sul set abbiamo sempre parlato in lingua sarda. Persino il linguaggio del corpo è stato usato in dialetto sardo.

Un film in sardo…

P.S: Si ma non l’ho fatto per raccontare una storia esclusivamente sarda. Nè tantomeno ho preteso di raccontare la Sardegna. Mi sono servito degli strumenti che conoscevo meglio per raccontare, senza presunzione, un storia che fosse universale.

Ha usato il dialetto perché le sembrava il modo più opportuno per arrivare a tutti…

P.S: Ho raccontato questo, ed in questo modo, perché questo è ciò che conosco meglio.

Naitza ci ha citato Tolstoj: ‘parla di ciò che conosci meglio e sarai universale’. Qual’ è il suo rapporto con gli altri cineasti sardi…

P.S: Prima di fare il film non mi sono confrontato ne consigliato con nessuno. Credo che la comunanza di temi sia una coincidenza. Va però precisata una differenza tra me e gli altri cineasti sardi: loro hanno voluto fare del cinema. Io non ho mai voluto entrare nel mondo del cinema e forse non ne sono neanche molto capace. Credo che nei loro film ci siano più agganci ad un cinema tradizionale. Io volevo solo fare un film e lo ho fatto.

E perché ha fatto La destinazione, un film su una cultura osservata da un occhio esterno?

P.S: Avevo la necessità di far vedere, a quelli che hanno una falsa immagine della Sardegna, quali sono i valori di questa cultura, di questa terra e di questo ambiente. Perciò mi serviva avere uno sguardo esterno che mostrasse l’impatto culturale tra un mondo più chiuso ed uno più aperto e gaudente. Nel film questo occhio è rappresentato da Emilio, il giovane carabiniere che viene da Rimini. Volevo far vedere a chi non lo sapesse che la Sardegna non è soltanto la costa smeralda e così ho pensato di prendere per mano lo spettatore e di portarlo in giro per mostrargli una cultura sconosciuta, mantenendogli la possibilità di giudicare successivamente e liberamente. Costantino era alla ricerca di una sua identità, di un posto al mondo e lo trova allontanandosi dalla sua cultura e incontrandone un’altra. A lui serve estrapolarsi dalla sua realtà ed entrare dentro un’altra così lontana. (Costantino è un ragazzo sardo che attraverso l’arma dei carabinieri lascia la Sardegna, ndr). Noi sardi, attraverso la figura di Emilio, abbiamo la possibilità di guardarci per come ci vedono gli altri. Grazie all’esempio di Costantino, invece, abbiamo la possibilità di migliorare noi stessi. Guardate come la vedono la nostra Sardegna? Ci rendiamo conto? Capendo ciò abbiamo la possibilità di farci un esame di coscienza e diventare meno diffidenti. Prudenti si, diffidenti no.

Il rapporto con lo stato...

P.S: Noi viviamo in maniera un po’ avversa i rapporti con l’ordine costituito ma questo fatto viene un po’ da lontano.

Il passato della Sardegna…

P.S: La destinzione è la ricerca della propia identità. Stiamo perdendo alcune cose che abbiamo ma che non sappiamo come valorizzare. Siamo attratti da cose che non riusciamo a gestire. Amiamo cose estetiche e che appaiono luccicanti ma non sappiamo comprendere i piccoli valori semplici. Questa è una storia sospesa nel tempo, non vuole essere la Sardegna di ieri ma una vicenda che va bene oggi come ieri, come domani. Mi andava di lavorare sull’animo umano e per poterlo fare al meglio dovevo lavorare su ciò che conoscevo meglio. Anche l’arma dei carabinieri rappresenta l’isitituzione e non solo i carabinieri. Un film sospeso nel tempo in cui tutte le parti in causa possono mettersi in gioco!

Come nasce un film in Sardegna?

P.S: Non so quanto senso abbia parlare di cinema sardo solo perché una serie di autori hanno realizzato alcuni film. Forse avrebbe più senso parlare di cinema italiano. Mi sembra troppo azzardato, io non me la sento. Va detto, però, che sulla scia di questa onda sono spuntati molti furbacchioni che hanno intuito la possibilità di una speculazione personale. Gente a cui non fregava nulla del cinema in Sardegna e che all’improvviso si è risvegliata con idee e propositi. Quando Tornatore vinse l’Oscar con Nuovo cinema Paradiso si parlò di cinema siciliano e poi di cinema Toscano, quando iniziarono a vedersi sfondi tipici di quella regione italiana. Nanni Loy, ad esempio, era sardo ma a lui non è mai stata data la possibilità di fare qualcosa sulla Sardegna. Oggi è diverso, la gente ci chiede: ‘E’ vero che in Sardenga si può fare un cinema sardo?’ Certo gli strumenti sono utili ma poi bisogna vedere come uno li usa. So che da poco è stata creata una legge ma credo che non esistano i presupposti per applicarla nel modo opportuno.

Cioè?

P.S: Senza intrallazzi, raccomandazioni, con molta trasparenza. Ci vorrebbe una commissione valida che di fronte ai progetti potesse chiedersi con serenità a che cosa servirebbe un progetto piuttosto che un altro. ‘Sarebbe qualcosa di buono per tanti oppure stiamo facendo un favore a qualcuno?’

Come è nato La destinazione?

P.S: Anche se non ho mai pensato di fare del cinema, il cinema mi è sempre piaciuto. Negli anni ’70 ho cercato di imparare ad usare la cinepresa ed ho frequentato una scuola di Cinema di Ermanno Olmi. La macchina da presa mi è piaciuta molto e così ho iniziato a raccontare piccole storie e a girare qualche documentario. Ho avuto la grandissima fortuna di conoscere Ermanno non solo come regista ma soprattutto come uomo. Lui è stato un grande insegnamento, un grande punto di riferimento per me. Morale, spirituale, culturale. Un grande esempio di correttezza. Parlando con lui di cinema, gli ho chiesto di poter andare a seguire qualche volta il set del suo film. La Destinazione è nato un po’ per caso e non in Sardegna. Nasce dalla mia espierienza di vita e del mio mestiere che mi ha dato modo di incontrare il disagio ambientale e sociale dei giovani. Poi mi era più semplice ambientarlo in Sardegna. Ho lavorato in maniera molto libera. Ci ho messo tre anni per girarlo, in tutti i momenti liberi che avevo dal lavoro, ferie comprese. Me lo sono montato addirittura in caserma.

Il film è stato accolto con grande favore…

P.S: Non me lo sarei aspettato. Quando hanno annuciato la presenza del regista mi sono sentito anche male perchè sono solo un carabieniere che ha fatto un film e non un regista. Non ero per nulla cosciente del lavoro fatto ma ho iniziato un po’ a ricredermi quando ho avuto riscontri favorevoli da critici come Maurizio Porro e Maria Pia Fusco.

Grazie Signor Sanna, grazie davvero…

Febbraio 2007

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