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John Williams: Treesong

Pubblicato il 23 gennaio 2007 da Alessandro Izzi


John Williams: Treesong

Chi conoscesse John Williams soltanto come autore di alcune tra le più affascinati colonne sonore del cinema americano più recente, certo rimarrebbe disorientato dall’ascolto di questo CD, datato 2001, che raccoglie, oltre a tre brani tratti dal soundtrack di Schindler’s List, due interessanti concerti per violino.
Il primo di questi, in verità, non è un vero e proprio concerto anche se a tutta prima sembra averne i requisiti: intensa cantabilità della parte solistica (pur nella complessità della scrittura), rapporto ambiguo e problematico con l’orchestra, divisione canonica in tre movimenti (Lento-Veloce-Lento). Del concerto vero e proprio manca, in effetti, l’ambizione formale, mentre è presente una vocazione descrittiva (anche se non nel senso che questo termine ha, per esempio, ne I quadri di un’esposizione di Musorgski) assolutamente extramusicale. Già il titolo stesso del brano, Treesong, tradisce la volontà di creare una specifica “atmosfera silvana” anche se mancano, alla base del progetto musicale, intenti programmatici o precise valenze descrittive.
L’intenzione di Williams è, piuttosto, quella di descrivere (beethovenianamente) non tanto dei luoghi precisi quanto, piuttosto, l’impressione e le emozioni suscitate dalla visione di quelli stessi luoghi. Non a caso il primo movimento del concerto reca l’indicazione Dreamly.
Il rapporto tra lo strumento solista e l’orchestra muta continuamente nel corso dei vari movimenti. Nel primo la fa da padrona il violino con l’ampia cantabilità dei suoi piccoli temi, mentre l’orchestra, limita il suo intervento ad un semplice sostegno quasi percussivo dominato dai gentilissimi timbri della marimba, dell’arpa, della celesta e del pianoforte. Il secondo, per contro, aperto com’è da note ribattute del piano su cui si innesta una sorta di arpeggio del clarinetto che ricorda tanto lo Stravinski del Sacre che Ravel, è dominato da un ritmo più compulsivo e da un tono profondamente drammatico e movimentato sostenuto dalle risorse di un’orchestrazione più possente. Infine il terzo riprende le atmosfere del primo movimento (ricapitolandone, nel finale, i temi fondamentali e l’orchestrazione), ma ripropone, risolvendoli, anche i contrasti drammatici del secondo.
Qua e là, comunque, nel corso della composizione si affacciano, nella scrittura orchestrale del secondo movimento, alcune soluzioni formali particolarmente originali che, sotto molti aspetti, sembrano anticipare idee e figure che troveranno posto in composizioni ancora di là a venire come A. I. e Minority report (pensiamo, in particolare, all’intensa perorazione degli ottoni sulle volate degli archi che costituiscono il cuore del brano o, ancor più, ai rarefatti accordi della marimba seguiti dai glissando degli archi acuti che vengono subito dopo).
Ad ogi modo anche se è chiara una volontà descrittiva decisamente extramusicale, è evidente, nell’autore, il bisogno di abbandonare ogni intento narrativo. Ne viene fuori una musica che si pone quasi in antitesi con quella che il compositore scrive per il cinema. In opposizione ad essa sia per il linguaggio che è qui molto più elitario, sia perché ambisce a produrre, nell’ascoltatore, paesaggi dell’animo piuttosto che limitarsi a commentare quei paesaggi dell’occhio che gli sono imposti dai film.
Una musica difficile, quella di questo brano, anche perché vi è assente tutta quella dimensione romanticheggiante che spesso appesantisce la produzione di quest’autore senz’altro geniale. Siamo di fronte, in effetti, ad un lavoro assolutamente post-romantico che, pur rifiutando le soluzioni delle avanguardie più intransigenti, e mantenendo aperto un contatto fattivo con la musica del passato e con le sue forme, è caratterizzato, comunque, da un linguaggio antiretorico che a tratti ricorda la musica di Hindemith o quella di Bartok.
Identica temperie troviamo nel non meno intrigante Concerto per violino che sembra essere una vera e propria esplorazione di tutte le possibilità sonore dello strumento solista.
A partire dal misterioso tema d’apertura affidato al violino solsita sotto cui, solo brevemente e per pochissime battute, si innesta il pedale in mi bemolle degli archi più gravi, è evidente sia la volontà di magnificare tutte le possibilità ideomatiche del violino (il tema salta di quasi tre ottave nel giro di appena qualche battuta) sia il bisogno di affrancarsi dalle logiche troppo descrittive della musica per film per approdare ad una scrittura che sia al tempo stesso più personale e più sperimentale. Se il vertice emozionale del Concerto è tutto nel secondo movimento (Slowly in peaceful contemplation) fondato sul contrasto tra una prima parte elegiaca e una seconda più mossa e dissonante nel duetto in contrappunto tra flauto e violino, è, comunque, nella concitazione e maestosità del terzo che si evidenziano le asprezze di una scrittura post romantica alla Prokofiev (ma senza la caustica ironia tipica del compositore russo).
A chiudere il CD, comunque, un po’ per non scontentare troppo gli estimatori del John Williams compositore per il cinema, un po’ seguendo una prassi tristemente nota nei programmi da concerto secondo la quale i classici vengono sempre posti dopo i brani di musica contemporanea, ci sono tre brani tratti dalla colonna sonora di Schindler’s list.
Ad eseguirli in questa nuova edizione è lo stesso solista dei due brani precedenti Gil Shaham che sostituisce il violinista per i quali erano stati in fondo composti: Itzhak Perlman. Il nuovo solista abbandona l’ampia cantabilità dell’esecuzione del suo predecessore in favore di una lettura in cui ritmi e temi si fanno di colpo più spigolosi. Attraverso una gestione dei tempi d’esecuzione più libera (solista e direttore non devono, alla fine, adeguare il loro tempo a quello dell’immagine del film che la musica deve commentare), gli esecutori hanno modo di esplorare questi brani ultra noti gettando su di loro una luce piuttosto inedita ed interessante. Shaham, in particolare, dà ampio respiro ad ogni abbellimento, ricerca dove possibile pause drammatiche tenendosi quanto più possibile lontano da ogni morbidezza eccessiva. Ne viene fuori un’esecuzione più contrastata di quella del suo illustrissimo predecessore, ma, paradossalmente, anche meno emozionale.
In conclusione un disco fondamentale per farsi un’idea completa di quello che è e resterà uno degli autori più fondamentali della musica del ventesimo secolo. Non solo al cinema.


Autore: John Williams; Titolo: Treesong, Violin concerto, 3 piecese from Schindler’s list; Etichetta: Deutsche Grammophon

Tracklist: 1-3: TreeSong: a) Dreamly. ’Doctor Hu And The Metasequoia’ b) Twice As Fast - Deciso. ’Trunks, Branches And Leaves’ c) Tempo Primo. ’The Tree Song’
4-6: Violin concerto: a) Moderato b) Slowly (In Peaceful Comtemplation) c) Broadly (Maestoso) - Quickly
7-9: 3 piecese from "Schindler’s list": a) Theme. Lente b) Jewish Town (Krakow Ghetto - Winter ’41). Andante c) Remembrances. Andante


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