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Kinatay - TFF 2009 - Festa Mobile

Pubblicato il 17 novembre 2009 da Salvatore Salviano Miceli


Kinatay - TFF 2009 - Festa Mobile

Un giorno. Niente più di questo. Un giorno dall’alba al tramonto nella vita di Peping, prima giovane sposo in comune, poi studente presso la locale scuola di polizia e infine manovalanza di un boss della malavita locale. Questo racconta Brillante Mendoza, per la seconda volta consecutiva in concorso nella competizione ufficiale al Festival di Cannes, con il suo Kinatay, ed oggi presentato a Torino. Lo stile del regista filippino si fonda su una profonda libertà di sguardo che conseguentemente si traduce in una narratività assai personale, priva di rigide grammatiche e sempre incline ad assecondare l’eclettismo visivo del suo autore. In termini di riconoscibilità, dunque, la pellicola mette in mostra chiaramente la firma di Mendoza, ma restano lontani i risultati raggiunti con il precedente Serbis (non del tutto convincente ma sicuramente superiore) e soprattutto con gli esordi (su tutti Tirador, 2007, e Kaleldo, 2006). Interessante è l’uso che il regista fa della luce, destinando un lunghissimo frammento del film ad una oscurità pressoché totale in cui è possibile solo intuire ciò che accade sullo schermo. Qui Mendoza davvero conduce lo spettatore ad un’operazione estrema (virando verso l’hd a dispetto delle sequenze diurne girate in 35mm.) costringendo chi osserva non solo a decifrare le immagini ma anche ad assistere, quasi in tempo reale, ad un viaggio in macchina interminabile che, se da un lato accresce la tensione che esploderà nella parte finale, dall’altro innervosisce un po’ per la sua paradossalmente innaturale ed eccessiva durata.
L’epilogo conduce ad una violenza assolutamente totalizzante pur se non insistita nel suo manifestarsi oggettivo. Basta però intuire ciò che accade nel fuori campo (grazie anche al sonoro che arriva come una eco lontana ma persistente) per restare colpiti dalla ferocia e dalla efferatezza di alcune soluzioni. Ferocia accresciuta perché priva di qualsiasi componente grottesca, servita e presentata con freddezza e, per quanto spaventosa, del tutto credibile. La scelta di raccontare una quotidianità fatta di sole 24 ore è stuzzicante ma non basta per fare decollare una pellicola che si cuce addosso più interrogativi che altro. E se l’arte e il cinema non per forza devono avere uno scopo ben preciso, qui comunque la sensazione di trovarsi davanti ad un’opera priva di giustificazioni è ben presente.
Resta la bravura di Mendoza nella regia, nell’organizzazione di ogni singola sequenza, ma la struttura è carente di consistenza e rende Kinatay un film riuscito solo a metà. Tra un horror appena accennato con derive da thriller psicologico e la voglia di raccontare come va il mondo e quanto pericoloso può essere, Mendoza ancora una volta focalizza il suo racconto su protagonisti ai margini della socialità, combattuti tra l’essere vittime o il restare complici di ciò che la vita misera offre loro.


CAST & CREDITS

(Kinatay) Regia: Brillante Mendoza; soggetto e sceneggiatura: Armando Lao; fotografia: Odyssey Flores; montaggio: Kats Serraon; musica: Teresa Barrozo; scenografia: Harley Alcasid, Deans Habal; interpreti: Coco Martin (Peping), Julio Diaz (Vic), Mercedes Cabral (Cecille), Maria Isabel Lopez (Madonna); produzione: Swift Production; distribuzione: Equation; origine: Filippine; durata: ‘100;


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