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L’alibi della vittima

Pubblicato il 18 giugno 2014 da Alessandro Izzi


L'alibi della vittima

Ci sono, in L’alibi della vittima di Giovanna Repetto, alcuni personaggi davvero memorabili.
C’è, ad esempio, Marco, un giovane tutto nervi, magro più che alto, che si lascia trascinare dal suo bisogno di sballarsi fino al punto di rubacchiare, mentire, perdersi.
C’è Lina, una psicologa del Servizio per le Tossicodipendenze che lavora ostinatamente con la pazienza di chi lascia che l’ideale scenda a patti col reale tutti i santi giorni.
C’è Gaetano, un ex detenuto per rapina a mano armata che fa da contrappeso al gusto ironico per i carabinieri che, la sera, per far andare più veloci le lancette degli orologi, giocano a Memory con gli identikit del giorno.
E ci sono poi personaggi meno incisivi, più legati ad un’impronta di genere, come la fatale Greta che usa il suo corpo tutte curve per arrivare prima che può alle leve del potere.
Oppure c’è Memè, uomo misterioso, vittima di complotti, un pesce piccolo in un mare in cui il pesce grosso non lo si può davvero più pescare.
Ogni personaggio si porta dietro un vissuto, uno stile di racconto e qualche volta qualche brandello di déjà vu. E ogni personaggio se ne starebbe di per sé se non ci fosse l’obbligo della trama a metterli tutti insieme in un disegno fatale.

Il piccolo intralcio che si pone sul sentiero di L’alibi della vittima non è tanto nel fatto che la galleria di personaggi è troppo grande anche per un ordito corale che si dipana per oltre trecento pagine, ma sta nel fatto che a qualcuno di questi personaggi la dinamica del genere scelto (più o meno un quasi noir) sta decisamente stretta.
Perché alcuni di questi personaggi, la scrittrice li cattura con la punta della penna e li tratteggia con una consuetudine che dà al bozzetto fatto con poche gocce di china l’aspirazione ad un realismo più discreto con meno notte piovosa e un più deciso odore di vissuto.
Del resto le note biografiche ci informano che Giovanna Repetto è una psicologa che da trent’anni si occupa di problematiche legate alle dipendenze patologiche e, quindi, nel disegnare Lina o Holy Mary o anche Marco ci ha messo di suo qualcosa che non ha trovato sulle pagine dei libri.

Intendiamoci: L’alibi della vittima è una lettura intrigante, costruita con un certo senso di perizia e con le giuste dosi di alterne emozioni tali da non disorientare pur creando un giusto senso di varietà. Però si ha l’impressione che dentro il romanzo, o sotto di esso, ce ne sia un altro non del tutto scritto eppure più importante e più vitale. E si ha l’impressione che tutto il lavoro sia l’impalcatura per qualcosa di più intimo che intravediamo spesso (e per questo ci è caro), ma che tante volte si lascia trascinare dal bisogno romanzesco di stare dietro a un ritmo e al bisogno di culminare in un colpo di scena.
Ed è un peccato perché la riflessione sulle dipendenze (che non riguardano solo le sostanze stupefacenti, ma tutto ciò che è principio di piacere) è di un universalismo che supera la traccia autobiografica e vorrebbe spingere il romanzo verso lidi ben più dolenti.
Invece la dinamica di genere, pur spesso contraddetta felicemente, si prende alla fine una rivincita sul gioco più o meno consapevole delle intenzioni.


Autore: Giovanna Repetto
Titolo: L’alibi della vittima
Collana: Thriller
Editore: Gargoyle Books
Dati: 336 pp, brossura con alette
Anno: 2014
Prezzo: 17,00 €
Isbn: 978-88-9817-28-3
webinfo: Scheda libro sul sito Gargoyle


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