X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



La notte di Pasquino

Pubblicato il 27 gennaio 2003 da Alessandro Izzi


La notte di Pasquino

Un film per la televisione cucito su misura per Nino Manfredi, questo La Notte di Pasquino andato in onda martedì 7 gennaio su Canale 5 senza troppo strepito pubblicitario e quasi di nascosto. In ogni caso l’attore romano, dopo essere stato protagonista di tante fiction targate Rai, ha, finalmente, deciso di compiere l’arduo passaggio di sponda e si è voluto riciclare come protagonista di una forse più remunerativa fiction targata Mediaset con tutte le conseguenze che la cosa comporta. Anche se dietro la macchina da presa si nasconde una vecchia volpe come Luigi Magni (un regista che, però, sempre più conferma l’impressione di non avere più niente di realmente sentito da dire) e anche se, mai come quest’anno, le reti berlusconiane hanno deciso di investire molto in soldi ed energia per la fiction televisiva, il risultato finale che ne è sortito non è, comunque, per nulla superiore a quel vuoto spinto cui anche la RAI ci ha da tempo abituati (vuoto a malapena riempito solo da alcuni episodi de Il commissario Montalbano che riescono a brillare come felice eccezione alla regola). La vicenda ha luogo nella Roma del 1870, la notte prima che le tanto attese truppe piemontesi riescano ad aprire quella storica breccia a Porta Pia che tanto significato avrebbe avuto per il futuro svolgersi degli eventi della nostra unità nazionale. Tra i vicoli di questa città che appare sempre umida, quasi piovosa (resa con grande fatica nella ricerca inesausta di scorci non ancora toccati dalla rampante tecnologia contemporanea come cavi della corrente elettrica, linee tranviarie ecc.) si aggira Pasquino, un irriverente epigrammista che, con le sue composizioni satiriche lasciate tra piedistalli e fontane dà voce alle statue della città da molti anni. Il personaggio (è ovviamente Nino Manfredi) si trova suo malgrado coinvolto nella ricerca di un bambino rapito dal ghetto ebreo della capitale del papato. Inutile dire che a rapirlo è stato il cugino del cardinale Renzi (uno dei tanti potenti senza cuore che affliggono la povera città), che conta di battezzarlo come proprio figlio per poi farlo fuori notte tempo (gli ebrei puzzano a suo dire) in qualche cascina fuori delle mura, non appena intascati i bei soldoni dell’eredità. Il suo padre moribondo, infatti, che esige dal suo primogenito un erede, ha posto un’unica clausola alle sue ultime volontà: la garanzia della continuità della sua linea di discendenza. Aiutato da una lettera anonima lasciata dalla moglie infeconda del losco figuro pentita per le nefande azioni del marito e grazie all’aiuto di due bei giovani destinati (of course) a divenire presto amanti, Pasquino, ovviamente, smaschera l’inganno e restituisce il bambino ai combattivi genitori. Bello certo il personaggio messo in scena: un uomo colto, di giorno alto prelato al servizio del papa, ma di notte voce del popolo (oltre che delle statue della città); bella e senilmente nostalgica la verve che gli dona Manfredi, ma il film resta per lo più un’inerte riempitivo da prima serata che ecumenicamente celebra le glorie dell’attuale papato (dice Pasquino rivolto agli ebrei del ghetto: “Verrà un giorno un Pontefice che vi chiamerà fratelli maggiori e si scuserà con voi dei dolori che la stessa Chiesa vi ha procurato” con ovvio riferimento al Mea Culpa pronunciato dal Pontefice alle soglie del millennio) e le retoriche prese di posizione dell’attuale presidente della repubblica sulla storia dell’Unità. E nel far questo dimentica con simpatica nonchalance che la Storia è per sua natura contraddittoria e che quello stesso Papa che chiede, oggi, scusa per le persecuzioni degli ebrei dà poi anche il via libera al processo di canonizzazione di quel suo predecessore che tanto contribuì alla loro persecuzione, come dimentica che la tanto celebrata unità d’Italia si poggia tutta su scandali storici su cui in troppo pochi ancora hanno cercato di gettare vera luce. Ne viene fuori un prodotto semplicistico in cui il regista si muove memore del teatro popolare da una parte (quello stesso celebrato anche in Rugantino del 1960) e dell’estetica del fotoromanzo dall’altro. Nell’inesausto desiderio di mostrarci tutto (di ogni singola azione il regista ci mostra, in primo piano, le reazioni di tutti, compresa quella del cane che passava di lì per caso) Magni appare perennemente indeciso su quale taglio dare esattamente alla sua storia. Un’indecisione che pesa presto un po’ troppo per lo spettatore ansioso di fare il suo zapping.

(La notte di Pasquino); Regia: Luigi Magni; Sceneggiatura: Luigi Magni, Claudio Piersanti; Fotografia: Ennio Guarnieri; Montaggio: Fernanda Indoni; Musica: Armando Trovajoli; Interpreti: Nino Manfredi, Fiorenzo Fiorentini, Giacomo Gonnella, Pino Quartullo.

Messa in onda: martedì 7 gennaio; Ore: 21:00; Rete: Canale 5

[gennaio 2003]


Enregistrer au format PDF