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La paranza dei bambini

Pubblicato il 13 febbraio 2019 da Anton Giulio Onofri

VOTO:

La paranza dei bambini

Sembra che finalmente il cinema italiano, presi in considerazione titoli recenti come Il Primo Re di Matteo Rovere o questo La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi, stia trovando una via per risorgere ai livelli di cinematografia nazionale ‘normale’, ‘regolare’, capace, come fu fino a tutti gli anni ’70, di produrre e realizzare film di efficace tenuta spettacolare accanto a quelli dei mostri sacri assoluti (Fellini, Visconti, Antonioni & C.): film che, firmati da eccellenti ‘mestieranti’ - virgolettato, perché non venga letto al negativo - descrivevano la società italiana con altrettanta se non maggiore puntualità dei Grandi Maestri, utilizzando un linguaggio meno ermetico e più accessibile, e che dal dopoguerra in poi fino all’invasione televisiva delle reti berlusconiane invitarono gli italiani a riflettere su delicate questioni sociali e morali, e nel contempo a crescere, emanciparsi, laicizzarsi, in linea con le rivoluzioni che stavano via via mutando non solo il volto del nostro Paese, ma quello dell’intero Occidente. Il problema non ancora del tutto risolto del cinema italiano odierno è che nessuno, al di là di ‘autori’ come Garrone, Sorrentino, e per certi versi anche Virzì (ma la Commedia è un genere che meriterebbe un discorso a sé), riesca dopo un primo film cui fa seguito un secondo inevitabilmente deludente, a garantire la stessa qualità che ai tempi distingueva gente come Paolo Pietrangeli, Dino Risi, Ugo Gregoretti, Nanni Loy, Luciano Salce, e molti altri. Forse la scuola delle Serie televisive, che aiuta i giovani registi a prendere dimestichezza con generi e materiali narrativi fino a pochi anni fa appalto esclusivo del cinema, insegna loro ad evitare quelle incongruenze e quelle sbavature presenti in decine e decine di film italiani dei decenni passati, inevitabilmente compromessi dalla troppa ambizione, e a volte anche dalla troppa presunzione, di autori dai promettenti inizi, in seguito irrimediabilmente involuti o caduti in una mortale inerzia creativa (si pensi al caso di Emanuele Crialese).

Finalmente, con La paranza dei bambini, arriva un film che affronta un problema di drammatica urgenza come l’abbassamento dell’età dei protagonisti della malavita napoletana, anche se in una nota di regia Giovannesi ci tiene a precisare che il fenomeno si sta verificando in molte altre metropoli e città ‘difficili’ del resto del mondo, e che Napoli è solo il teatro casuale della vicenda illustrata nel film (c’è tuttavia da dire che Napoli, per Pasolini ‘Nazione nel ventre della Nazione’ non può mai essere una casualità: usata come sfondo, finisce sempre e comunque per imporsi e rubare immediatamente la scena…). Purtroppo il risultato non corrisponde del tutto a quelle che forse erano le ambizioni di Giovannesi, sceneggiatore del film insieme a Maurizio Braucci e a Roberto Saviano, autore del romanzo all’origine del film. Ma iniziamo con l’elencarne i pregi, visto che ce ne sono, e nemmeno pochi: intanto la buona mano del racconto, consapevole della scansione ritmica e sentimentale di situazioni ed eventi, solida e sicura dall’inizio alla fine; poi l’aspetto tecnico e formale del film, in particolar modo la fotografia, affidata a Daniele Ciprì che fornisce qui una delle sue prove migliori: la sua è una Napoli giustamente colorata, indorata di luce, ma anche sinistra, lercia, unta, come possono risultare gli impenetrabili quartieri del suo centro storico; gli attori, un straordinario manipolo di giovanissimi non professionisti, che Giovannesi ha sapientemente istruito e portato a conservare senza inibizioni davanti alla macchina da presa quella miracolosa spontaneità che rende così realistiche e credibili le loro improvvisazioni: la naturalezza e l’autenticità di tutto il cast, adulti compresi, ma in special modo di Francesco Di Napoli, Viviana Aprea, Pasquale Marotta e tutti i ragazzi della gang di delinquentelli in erba contribuiscono in percentuale piuttosto elevata alla gradevolezza e alla felicità del racconto cinematografico. Là dove purtroppo va registrato quel difetto che al termine della visione lascia un po’ la bocca asciutta è una certa innocuità del tutto, che considerata la natura tragica di un’emergenza sociale a dir poco agghiacciante può costituire motivo di delusione. L’occhio di Giovannesi, per quanto attento a non cadere nello sciocchezzaio e negli eccessi di un neorealismo male appreso e riallestito anche peggio, e a conservare un’asciuttezza di tocco estranea al mélo e alla sceneggiata partenopea, non riesce ad elevarsi mai al di sopra di uno sguardo oggettivo, affettuoso verso questi malviventi ragazzini che vivono alla giornata sedotti dal denaro facile senza mai pensare a quel futuro che una vita tanto priva di progettualità a lungo termine forse nemmeno gli permetterà di godere, né a trasmettere, forse con l’intenzione di conservare l’aura di adolescenziale purezza di piccoli uomini decisi a usare il crimine per rendere migliore la vita loro e di tutto il rione finalmente liberato dalle vessazioni dei clan dei ‘cattivi’, la tragedia effettiva della perdita dell’innocenza, della vita dei propri cari, del sacrificio dell’amore e di tutti i regolamentari riti di passaggio della crescita di una generazione condannata. Tutto questo è un gran peccato, perché alla sensazione di aver già tutto visto e conosciuto altrove, in altri film e in altre serie televisive (Giovannesi ha tra l’altro diretto anche un paio di episodi di Gomorra-La serie), si accompagna il permanente confronto con il modello della storia di Marco e Ciro ‘Pisellino’ del Gomorra di Matteo Garrone, permeato del degrado morale e della folle incoscienza dovuta alla totale assenza di qualsivoglia cultura ed educazione sociale e civica: i pur eccezionali giovani attori di Giovannesi sembrano invece dei bravi ragazzini da telefilm che si ritrovano coinvolti loro malgrado e quasi per gioco a commettere furti, sparatorie e altri reati per evitare che qualcuno torni mai a chiedere il pizzo alla mamma che lavora in una lavanderia. Un po’ poco per comunicare appieno la devastante realtà di un inferno che il cinema ci ha già mostrato con impatto ben differente. Il rischio è quello di dare l’impressione di realizzare un cinema inadeguato nel saper sfruttare con piena consapevolezza tutte le proprie effettive potenzialità.


CAST & CREDITS

(La paranza dei bambini); Regia: Claudio Giovannesi; sceneggiatura: Maurizio Braucci, Roberto Saviano, Claudio Giovannesi; fotografia: Daniele Ciprì; montaggio: Giuseppe Trepiccione; musica: Andrea Moscianese, Claudio Giovannesi; interpreti: Francesco Di Napoli, Viviana Aprea, Renato Carpentieri; produzione: Palomar, Vision Distribution; distribuzione: Vision Distribution; origine: Italia, 2019; durata: 110’


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