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La Pixar delle meraviglie

Pubblicato il 6 novembre 2003 da Riccardo Protani


La Pixar delle meraviglie

Stelle e strisce, la vita è un cartoon. E se poi il cartoon in questione è pure pixellato tanto meglio. Ci credete? No? Non ve ne importa nulla? Crediate siano parole sante o solo risibile follia di eterni Peter Pan versati nell’entertainment multimiliardario e nei programmi digitali? Oppure pensate che sia semplice e pura evoluzione tecnologica della Fabbrica dei Sogni? Chi vivrà vedrà, verrebbe da dire, certo. Ma certo è pure che nell’immediato visivo, col Natale alle porte, nei cinema italiani torna ora puntuale come ogni anno la carica dei film d’animazione più nuovi e fantasmagorici che mente umana potesse concepire, nel novero, ancora, delle cinematografiche (e animate) magnifiche sorti e progressive. Accanto al redivivo Enzo D’Alò col suo nuovo Opopomoz, ecco allora dall’America i due fenomeni dell’estate scorsa che insieme hanno ridicolizzato i pur ottimi incassi di Hulk: Simbad, Legend of the Seven Seas targato DreamWorks, ed il fenomenale e genialoide Finding Nemo, capolavoro assoluto sottomarino dai creatori di Toy Story e Monters, Inc., che a quanto pare sarebbe già in odore di Oscar. Effettivamente, la Pixar questa volta sembra abbia dato il meglio di se stessa nel realizzare fondali marini più reali di quelli veri e personaggi che più umani non si può. Certo, può apparire singolare che così, dal nulla, una Casa di Produzione fino ad oggi affiliata, per il discorso distribuzione, alla Disney, sia divenuta in nemmeno un decennio la padrona dei lungometraggi di animazione con pellicole (pardon, immagini digitali) che hanno fatto epoca. Eppure, se se si pensa che, come Pixar, questi novelli Lucas dell’immaginario elettronico applicato al digitale sono nati proprio da una costola della Lucasfilm (nel 1986), tutto il cerchio - animato - potrebbe quadrarsi attorno a due soli nomi: John Lasseter e William Reeves. Sono stati loro infatti a creare dal nulla un progetto tanto bello quanto folle ad una prima impressione, e cioè quello di realizzare e sviluppare per il cinema e non per la NASA sistemi per la creazione di animazioni e di immagini in movimento attraverso le tecnologie digitali. Follia o genio, a distanza di appena 15 anni l’Oscar per il miglior film di animazione (Monters Inc.) Lasseter e Reeves se lo sono aggiudicati alla grande. Pensate che il primo parto della beneamata ditta è Luxo Jr., divenuto ora il logo di apertura, il trailer-marchio della Casa che incornicia i salti di una piccola lampada che si agita dentro un’inquadratura fissa. Ci crediate o meno, il tutto è stato realizzato quando mancavano ancora cinque anni a Terminator 2, il film di Cameron che ha cambiato la storia degli special effects fino a Matrix...

Fino al 1995, anno di Toy Story, il primo lungometraggio battezzato con la collaborazione della Disney, la Pixar realizzerà allegra ed entusiasta quei minicartoons digitali che permetteranno a Lasseter & Co. di affinare le tecnologie a disposizione (e i vari Red’s Dream, Tin Toy, Knickknack, Geri’s Game, Marionette, Ringmaster, RenderMan e FIZT hanno raccolto ovunque premi entusiasti dalla critica specializzata), e mettere a punto quella scalata alle sale cinematografiche dai primi anni ’90 che farà entrare di diritto la Pixar nella storia: Toy Story (’95), A Bug’s Life (‘98) e Toy Story 2 (’99) vinceranno ovunque premi prestigiosi conquistati nell’entusiasmo dei settori specializzati fino all’Oscar del 2002, l’anno in cui il primo Academy Award dedicato al miglior lungometraggio di animazione verrà conquistato dal pluridecorato Monsters, Inc.. Ora, quindi, è la volta di Nemo, pesce pagliaccio della barriera corallina che per spirito di avventura finisce in un acquario di Sidney. Un’avventura marina per una Pixar tutt’altro che in alto mare, insomma.

[novembre 2003]


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