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La suspense (libro)

Pubblicato il 8 febbraio 2016 da Alessandro Izzi


La suspense (libro)

Se in un film ci sono due persone che chiacchierano animatamente al bar e poi, di punto in bianco, una bomba sotto il loro tavolo esplode, lo spettatore che le sta guardando salterà sulla poltrona in un momento di inaspettata sorpresa.
Viceversa, se una sequenza precedente ci aveva mostrato un attentatore mettere una bomba sotto quello stesso tavolo, la sequenza del dialogo tra i due personaggi diventerà una lunga agonia e l’intero percorso intorno alle loro inutili chiacchiere si riempirà di interrogativi: riusciranno ad accorgersi in tempo del pericolo? Arriverà qualcuno a salvarli? O non è, piuttosto, il loro destino già scritto da un regista sadico che si diverte a farci rosolare nell’attesa?

Forse, la differenza tra sorpresa e suspense si misura tutta, secondo l’esempio di Hitchcock che abbiamo riportato integralmente, in una differente focalizzazione del punto di vista del racconto. Nel caso della sorpresa la competenza del pubblico è la stessa di quella dei personaggi e noi percepiamo gli elementi del racconto esattamente come fanno loro e mentre lo fanno loro. Nel caso della suspense, invece, la focalizzazione pende dal punto di vista dello spettatore, nel senso che noi sappiamo più di quanto non sappiano i personaggi e ci carichiamo dell’ansia di non poter intervenire.

Un meccanismo, quello enucleato e perfezionato dal mago del brivido, subdolo e infido perché si basa su un livello di immedesimazione spettatoriale le cui coordinate sono sfuggenti e ambigue. È chiaro, infatti, che l’abitudine del pubblico è quella di immedesimarsi in personaggi portatori di valori positivi nei quali sia facile riconoscere gli ideali della cultura dominante, eppure il meccanismo della suspense spesso non fa distinzione tra bianchi e neri e spesso lo spettatore si ritrova a temere per le sorti di un cattivo quando rischia di essere colto in flagranza di reato da un bravo poliziotto. E così diventa una terribile agonia assistere ai tentativi di un serial killer di strappare dalle mani di una sua fresca vittima quella prova che ne sancirebbe, se fosse scoperta, la definitiva cattura.

Ed è proprio qui che si mescolano le prime carte di un tentativo di definizione della suspense.
Ad esempio: sarebbe facile pensare che essa sia legata totalmente al genere in cui Hitchcock l’ha canonizzata, il thriller. Eppure…
…eppure sono tanti i film non di genere che fanno ricorso a momenti di suspense.

È all’insegna di questo spiazzamento che Giampiero Frasca costruisce l’incipit del suo interessantissimo manuale edito da Dino Audino. Sul banco degli imputati tre film: la scena (scontata) dell’assassino che cerca di uccidere il compositore nell’argentiano Profondo rosso, il timore per le sorti del povero Jack, presto inghiottito dal freddo del mare nel campione di incassi Titanic e il timore per l’omino qualunque che, senza rendersene conto, gioca con una bomba nel capolavoro Il grande dittatore. Un thriller, quindi, ma anche un melodramma e, addirittura, un film comico. Tre generi che in modi diversi e in forme cangianti giocano sulle dinamiche della suspense per tenere l’attenzione dello spettatore su dettagli specifici della trama del film. Tre momenti che sfumano il concetto di Suspense rendendolo slabbrato, incerto, difficile da definire.

La difficoltà di una definizione circoscritta è, in effetti il punto di partenza e il senso del continuo braccio di ferro con le ragioni di una sistematizzazione critico/estetica del saggio. Frasca si confronta con una bibliografia imponente sulla questione, ragionando sull’impossibilità di mettere un punto fermo sia sullo stato degli studi sia sulla questione in sé.

La suspense sfugge alla possibilità di un ordinamento classificatorio rigido anche se si è tentato, nel corso del tempo, di definire addirittura un algoritmo capace di calcolarne la portata e che si offrisse come strumento per costruire a tavolino sequenze perfette. _Frasca ragiona per compartimenti. Lavora dapprima sul senso della struttura, cercando di definire gli spazi di un’architettura della suspense. Poi ragiona per focalizzazioni dimostrando la possibilità di pensare in termini di suspense anche in contesti dove la focalizzazione narrativa non è necessariamente quella spettatoriale. Ritrova ed enumera quindi clichè la cui sola presenza in scena è già da sola in grado di attivare una spirale di tensione. Ragiona sulla posizione più o meno attiva dello spettatore durante le sequenze più cariche di ansia. Definisce anche concetti intriganti come l’ironia drammatica. Quindi si inerpica nel tentativo di ridefinire i concetti di tempo e spazio così come vengono percepiti e deformati per produrre suspense (accelerazioni, più spesso improvvisi rallentamenti, forme di montaggio tra cui il prediletto alternato).

Nella sua costruzione il saggio è limpido e coerente. Intelligente nell’analisi del materiale e così denso che ci si stupisce a non avere se non raramente l’impressione di perdercisi dentro.
Il taglio manualistico non sempre è coerente con lo sforzo di analisi (che è notevole ed encomiabile) e i riquadri che ogni tanto si aprono per approfondire concetti chiave, tendono, a nostro avviso, ad appesantire la lettura anziché a semplificarla.
Al di là di questi piccoli difetti la ricognizione compiuta dallo studioso è acuta e spesso illuminante. Un ottimo strumento di lavoro.


Autore: Giampiero Frasca
Titolo: La suspense - Forme e modelli della tensione cinematografica
Editore: Dino Audino
Dati: 128 pp, brossura
Anno: 2015
Prezzo: 15,00 €
Isbn: 9788875273057
webinfo: Scheda del libro sul sito dell’editore


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