Le roi de l’evasion - TFF 2009 - Concorso

Non basta uscire fuori dagli schemi per realizzare un film originale. Non sono sufficienti la follia ed una narrazione condita di assurdità e di spunti non-sense per ottenere un’opera innovativa, notevole, di cui si possa parlare. Tutto ciò non basta perché sono necessari una poetica coerente, una mappa di sottotesti, un intento artistico che sfugga alla semplice volontà di sorprendere. Insomma, deve esserci una motivazione, deve sussistere un significato. Ciò non accade in Le roi de l’evasion. Il film francese presentato in competizione al Torino Film Festival, commedia venata di tristezza e di malinconia, diretta da Alain Guiraudie, si limita ad una banale giustapposizione di sequenze indipendenti e fini a se stesse.
Guiraudie porta sullo schermo un’atipica storia d’amore, che inizialmente sorprende per la sua struttura narrativa, ma che purtroppo alla lunga si perde nella presunzione di sviluppare il racconto con continue trovate e nella costante reiterazione di situazioni improbabili e surreali. Ciò non rappresenta inevitabilmente un difetto, ma l’assenza di compattezza e di un’unità narrativa - anche dovuta ad eccessive ellissi - fa sì che l’opera appaia sconnessa nelle sue parti e che il discorso sulla diversità, sulla sessualità e sulle convenzioni sociali che sta alla base della sceneggiatura si sposti in secondo piano, non arrivando direttamente allo spettatore.
Anche il discorso cinematografico sul genere non raggiunge la profondità che dovrebbe. Il film infatti si presenta come un escape-movie alternativo, operando un ribaltamento del genere e scomponendolo dal suo interno. Pensiamo ai personaggi, al protagonista Armand in particolare, interpretato dall’ottimo Ludovic Berthillot. Non ha nessuna delle caratteristiche, né morali né fisiche, del malvivente (o presunto tale) ricercato dalla polizia. È grasso, gay, il suo lavoro è vendere trattori. La sua colpa è aver iniziato a mettere in discussione la sua natura sessuale innamorandosi di una minorenne. Per questo accusato di pedofilia, scappa con la ragazza in una fuga di passione, di sesso estremo nei boschi, di corse affannate nei fiumi, riuscendo a sfuggire, nonostante i suoi movimenti lenti e goffi, ad ogni inseguimento delle forze dell’ordine.
Guiraudie smonta il genere. E lo fa anche bene. Persino l’antitesi tra la fisicità rude e sporca del protagonista e quella splendida di Hafzia Herzi, già apprezzata in Cous Cous, funziona e diverte. Ma ciò non può salvare il film. Il regista osa troppo e non controlla la materia filmica che ha tra le mani. Tanti buoni spunti sì, tuttavia serve la qualità. E magari un minimo di modestia.
(Le roi de l’evasion) Regia: Alain Guiraudie; sceneggiatura: Alain Guiraudie, Laurent Lunetta, Frédérique Moreau; fotografia: Sabine Lancelin; montaggio: Benedicte Brunet, Yann Dedet; interpreti: Ludovic Berthillot (Armand Lacourtade), Hafzia Herzi (Curly), Pierre Laur (Robert), Luc Palun (Durandot); produzione: Les Films du Worso; origine: Francia; durata: 97’.
