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Leos Carax. Lo schermo e il doppio

Pubblicato il 2 dicembre 2014 da Antonio Napolitano


Leos Carax. Lo schermo e il doppio

Autore di soli cinque lungometraggi in trent’anni, un mediometraggio e qualche corto, finito sulle pagine della stampa spesso più per le vicende epiche e maledette delle sue produzioni, Leos Carax è conosciuto nell’immaginario collettivo più per essere diventato un personaggio che in quanto autore. Ed è una vicenda alquanto surreale se si pensa che il suo obiettivo è stato sempre il contrario, essendo molto schivo nei confronti della stampa e del mondo esterno e, al contrario, molto determinato e concentrato nella sua attività cinematografica. Il saggio di Paolo Campana, Leos Carax. Lo schermo e il doppio, edito da Il Foglio letterario, racconta la parabola di questo autore esaminando tutta la sua produzione in una veste esclusivamente critica e lontana dal gossip tout court. Autore complesso, intimista, eccessivo, surreale e, secondo alcuni (e tra questi c’è lo stesso Campana), diretto erede di Jean-Luc Godard, Carax fin dai suoi primi cortometraggi è sempre stato divisivo anche a causa di vicende che esulavano il significato puramente artistico della sua produzione e che riguardavano invece le difficoltà organizzative e logistiche sul set come nel caso degli sprechi economici o del prolungamento eccessivo della lavorazione dei suoi film. Motivo per cui il regista francese ha subito una sorta di ostracismo proprio da quella parte ideologica e critica a cui era naturale dovesse appartenere e che invece non poteva accettarlo e che gli rimproverava il suo modus operandi rinfacciandogli il motto secondo cui “l’arte troppo cara è immorale”. Carax però riusciva nelle difficoltà e nelle sue contraddizioni a fare i suoi film e soprattutto convinceva e coinvolgeva autori e personalità di calibro (come lo stesso Godard o Hugo Pratt che interpreta un sicario in Mauvais Sang, Juliette Binoche che per lui rifiuta un ruolo con Kieslowski), ma alla fine i giornalisti erano più curiosi del seno nudo di una Deneuve non più giovanissima o interessati a capire cosa si provava a fare vero sesso sul set di Pola X. Naturalmente in quanto autore divisivo, Carax ha comunque avuto anche chi lo ha sempre osannato ma, come è anche scritto nel libro, sono due i momenti di vero rilancio almeno da parte della critica: una prima riscoperta avviene nel 2004 in Francia con la Cinémathèque française che organizza una retrospettiva con tutte le sue opere, mentre la consacrazione internazionale avviene solo con il meritato successo di Holy Motors presentato al festival di Cannes nel 2012, facendo finalmente parlare della produzione di Carax in maniera meno manichea e più analitica e aiutando così a diffondere meglio e riscoprire i suoi lavori.

Paolo Campana che su Carax aveva già scritto nel 1995 la sua tesi di laurea, ripercorre in questo libro tutta la vicenda del regista francese cercando “di cogliere le caratteristiche principali del cinema di Carax percorrendo la sua opera su diversi piani, dal piano estetico a quello formale a quello produttivo a quello contenutistico, in modo da delinearne un quadro, per quanto possibile, complessivo”. Partendo da un capitolo introduttivo sulla personalità e sulla storia del regista, il libro dedica poi ogni singolo capitolo ad ogni sua produzione facendo un’analisi viscerale dell’opera allargandola a tutte le sue contaminazioni sia dal lato artistico che da quello visivo. Emergono così nel corso della lettura, i continui rimandi a padri spirituali artistici (quali Cocteau, Vigo, Godard, Bataille) ma anche riferimenti più popolari (quali la Pop Art o Tintin) per arrivare poi ad un’analisi della poetica caraxiana in piena luce onirica e psicanalitica. Un’analisi a tutto tondo su un autore che a prescindere da giudizi e pregiudizi ha il gran pregio di mettersi sempre e costantemente in gioco sia in quanto autore di cinema ma soprattutto come uomo di cinema. In un contesto sempre più omogeneo culturalmente, Carax fuoriesce dalla massa acritica e soprattutto riesce ad interrogarsi come pochi sul mezzo cinema oggi. In un contesto storico in cui il cinema è sempre più merce e meno fabula, Carax mette in scena una sua mise en abyme personale, discendendo negli Inferi (L’Orfeo di Cocteau) del suo caos che in fondo è lo stesso caos di ognuno. Quel cinema che per Carax trasuda ancora arte e per cui vale ancora la pena di lottare al di là di qualunque forma di critica, di pregiudizio o di potere economico. Il libro di Campana riesce a raccontare questo profondo (mal)essere in maniera approfondita e comprensibile anche per “i non addetti ai lavori”, facendo sì che nonostante Carax rientri a pieno diritto nella dicotomia “o pro o contro”, il regista (e il libro) possa essere apprezzato anche per chi di quella dicotomia non fa parte.


Autore: Paolo Campana
Titolo: Leos Carax. Lo schermo e il doppio
Editore: Il Foglio letterario
Collana: Cinema
Dati: 290 pp, brossura
Anno: 2014
Prezzo: 16,00 €
Isbn: 9788876065071
webinfo: [Scheda libro sul sito Il Foglio http://www.ilfoglioletterario.it/Ca...]


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