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Libri - Il cinema americano dopo l’11 settembre

Pubblicato il 31 marzo 2009 da Gaetano Maiorino


Libri - Il cinema americano dopo l'11 settembre

Dei numerosi filmati che hanno quotidianamente composto i telegiornali di tutto il mondo nel corso degli ultimi anni, l’immagine che probabilmente ricordiamo in maniera più vivida - e che ancora ci fa paura - è quella dell’impatto del secondo dei due aerei di linea dirottati contro le Torri Gemelle l’11 settembre 2001. Abbiamo negli occhi il velivolo che penetra nel grattacielo, lo scoppio, il crollo. Scene da film, hanno commentato in molti quasi otto anni fa, vedendo in quello spettacolo così tristemente e drammaticamente reale, un qualcosa di fittizio, di cinematografico, qualcosa che solo (o nemmeno) la fervida fantasia di sceneggiatori e registi avrebbe mai potuto mostrare.
Ma il cinema, come ha reagito realmente a quella tragedia? Prova a rispondere alla domanda Andrea Fontana, con il suo libro Il cinema americano dopo l’11 settembre edito da Morpheo, non un semplice resoconto dei film che parlano esplicitamente del fatto - anche perché ci sono alcuni documentari - ma decisamente pochi film che raccontano esplicitamente la tragedia: (United 93, il film collettivo 9/11 e World Trade Center).
Questo libro è soprattutto uno strumento per analizzare la produzione statunitense dopo quel fatidico giorno, i suoi mutamenti, le sue censure e autocensure, il suo modo di elaborare il lutto e reagire al colpo subito. Una mappa per orientarsi in quasi dieci anni di cinema, hollywoodiano e indie, che ha come tratto distintivo una differente sensibilità nel raccontare storie private e collettive, una nuova attenzione psicologica che lascia intravedere le macerie di un dramma che ha colpito molto la popolazione americana a livello non solo comunitario, ma soprattutto individuale e anche inconscio.
Il cinema americano dopo una sorta di pudore iniziale nei confronti dell’11 settembre, ha tratto linfa da questo sentimento per creare metafore più o meno visibili, con racconti che in maniera velata o più diretta andassero a confrontarsi con le ossessioni derivate dall’evento. Non stupisce quindi che, secondo l’autore, una larga parte dei lavori prodotti in questi ultimi anni, risentano in qualche modo delle conseguenze di quell’indimenticabile giorno (The Village l’esempio più elaborato e spiazzante, ma anche il meno riuscito Flightplan, o il più poetico The New World, fino all’apocalittico Cloverfield) o siano reazione diametralmente opposta ad esso (come l’eroico e celebrativo Alexander). Perché non solo chi cita, racconta, mostra, indaga l’11 settembre, parla dell’11 settembre. Il senso d’assedio e il senso di colpa, i non luoghi (aeroporti e aeroplani su tutti) e i super-heroes movies, tutto sembra riconducibile alla tragedia, in un movimento che tende a scontrarsi con essa per poterla superare.

Come già abbiamo potuto apprezzare nei precedenti lavori di Fontana, le prospettive sull’argomento trattato si ampliano grazie alla collaborazione di altri autori, i quali portano la loro visione personale su un aspetto laterale del problema, e rendono ancor più completo il lavoro. Tocca quindi a Federico Gironi mostrare le scorie del dramma rappresentate nella recente evoluzione dei film di genere (in particolare horror e disaster movies); partecipa poi Guido Levi con un’indagine approfondita del cinema di Michael Moore, dei suoi documentari di denuncia contro l’amministrazione Bush e in particolare di Fahrenheit 9/11; e contribuisce Gianluca Pulsoni con il bel saggio Ground Zero del terrore, in cui mostra come l’equilibrio della cultura americana vacilli sensibilmente dopo l’11 settembre e a fare da indicatore è ovviamente la settima arte.
Giona Nazzaro e Andrea Fornasiero, si dilettano poi a individuare i mutamenti del prodotto che forse più ha risentito dell’evento 11/9: la serialità televisiva. In America l’enorme produzione di serial di ogni genere non dà come frutto soltanto un puro intrattenimento. Quale più, quale meno, ogni telefilm è in grado di misurare la temperatura del paese, di mostrarne le ossessioni, le paure, le incongruenze e, come spesso accade nel caso dei serial di fantascienza, a creare metafore di una società che ha paura e proietta sul piccolo schermo visioni apocalittiche del proprio futuro.
Significativi per questo gli esempi scelti da Fornasiero: Senza Traccia, Battlestar Galattica, The Wire, Alias veri e propri figli dell’11 settembre. Nazzaro invece focalizza il suo intervento sulla interpretazione del personaggio di Jack Bauer, eroe di 24, personaggio che incarna l’ossessione dello scorrere del tempo, agente segreto senza apparente padrone, che lavora in un mondo sconvolto e ormai indefinibile. Fontana inserisce nel suo lavoro anche un’approfondita analisi storico-politica, introduzione necessaria e completa alla più particolare analisi cinematografica.
Il libro si chiude con una riflessione contenuta nella postfazione firmata da Eros Torre sulla realtà e la potenza dell’immagine e sulla impossibilità della riproducibilità della tragedia. "Sembrava un film"- spiega Torre, qualcosa che non poteva che essere falso e quindi cinematografico. Ma è stato tutto vero, e ora che la realtà supera la fantasia, cosa dell’11 settembre può ancora essere mostrato dal cinema?


Autore: Andrea Fontana (a cura di)
Titolo: Il cinema americano dopo l’11 settembre
Editore: Morpheo Edizioni
Dati: 320 pp con illustrazioni
Anno: 2008
Prezzo: 18 €
webinfo: Sito Morpheo Edizioni


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