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Libri - Italoamericani tra Hollywood e Cinecittà

Pubblicato il 20 dicembre 2010 da Donato Guida


Libri - Italoamericani tra Hollywood e Cinecittà

Che cosa hanno in comune due persone (e personaggi) come Rodolfo Valentino e Joe Pesci? A prima vista assolutamente nulla: il primo è stato un vero e proprio adone del cinema hollywoodiano, il grande baciatore, il primo vero e proprio divo che il cinema ricordi, il mito che ammaliava (e continua a farlo ancora) milioni di ragazze, più o meno giovani; il secondo invece, dato anche un particolare fisico tarchiato (del tutto riconoscibile tra i molti aitanti attori hollywoodiani), probabilmente non è dotato di alcun fascino “alla Rodolfo”, eppure le sue performances sono indimenticabili, soprattutto se si pensa (e quasi sempre è così) ai ruoli offertigli da Martin Scorsese. Eppure esiste un filo conduttore a legare i due attori: il fatto di essere italoamericani e rappresentare (tra li altri) i tanti personaggi di origine italiana che lavorano nel mondo dello spettacolo americano.

Da Frank Capra a Scorsese passando per Michael Cimino, da Frank Borzage a Francis Ford Coppola passando per Brian De Palma, tantissimi sono i registi nelle cui vene scorre sangue italiano; si può passare poi anche ad una grande numero di attori: dai più conosciuti a livello di fama mondiale (Robert De Niro, Al Pacino, Sylvester Stallone, John Travolta), a quelli meno conosciuti ma sicuramente ottimi caratteristi del panorama d’oltreoceano (Danny Aiello, Vincent Gardenia, Annabella Sciorra, Stanley Tucci), in molti hanno rappresentato “l’idea” che gli americani hanno avuto (e hanno tutt’ora) degli immigrati italiani: spaghetti e mandolino, inclini alla rabbia e alla creazione di nuova malavita, rispettevoli nei confronti della propria famiglia (e, in primis, nei confronti della propria madre) e bruti verso le loro donne, capelli gelatinati, canottiera a coprire il petto villoso e mostrare il crocefisso d’oro, pantaloni di velluto e camminata “da galletto”.
Gli italoamericani hanno sempre affascinato il mondo cinematografico hollywoodiano, certamente per quanto riguarda i film di mafia (dal capolavoro Il padrino fino alla più odierna rappresentazione cartoonistica di Shark tale, per non citare la maggior parte dei lavori firmati da Martin Scorsese), ma anche per quel che riguarda altri generi dentro i quali i “mangiaspaghetti” ricoprono un ruolo importante (da film più culturali come Fa la cosa giusta di Spike Lee fino ad opere più comiche come Mio cugino Vincenzo di Jonathan Lynn). Eppure tutti questi personaggi sono legati da un filo rosso che prende il nome di stereotipizzazione: tutti questi personaggi non sono affatto differenti tra di loro ma, al contrario, sembrano venir fuori da un unico ceppo caratteriale che, in ogni modo, si sviluppa secondo la soggettività dell’occhio che li dirige.

Nel suo libro dal titolo Italoamericani tra Hollywood e Cinecittà, Flaminio di Biagi – docente di Letteratura e Storia del Cinema Italiano alla Loyala University di Chicago – sviluppa ottimamente le caratteristiche di questi personaggi troppe volte (anzi, quasi sempre) catalogati ed etichettati con tic, movenze, parlate e comportamenti sempre molto eccessivi. Di Biagi non ripercorre solo la visione cinematografica hollywoodiana degli italoamericani, ma va oltre, studiando ed analizzando anche le rappresentazioni che di italoamericani o immigrati ha fatto il cinema italiano, dal periodo muto ai giorni nostri, posando la sua attenzione sull’occhio di Cinecittà: e allora vengono analizzate opere che vanno da L’emigrante (1915) di Ermete Zacconi fino a Nuovomondo (2006) di Emanuele Crialese, passando per Paisà (1946) di Roberto Rossellini che (come, dice lo stesso Di Biagi, «è uno dei pochi film neorealisti dove appare un personaggio italo-americano»), Lucky Luciano (1973) di Francesco Rosi e My name is Tanino (2002) di Paolo Virzì.
Più di cento anni di italoamericani al cinema e nel cinema (hollywoodiano o romano che sia), rivisti, rivisitati e (a volte) riesumati dall’autore che, in modo impeccabile, traccia una linea di riconoscimento di questi personaggi, dai quali il più delle volte si notano, purtroppo, forti stereotipi e luoghi comuni – da questo punto di vista è importantissimo il capitolo intitolato Per una classificazione tipologica, nella quale Di Biagi, postando vari tipici elementi italoamericani presenti nelle opere cinematografiche, analizza questa visione comune dell’italiano d’America: dal cantante al barbiere al “cercamoglie”, fino al pugile, l’anarchico, il soldato americano o paesano in guerra, lo zio d’America e, ovviamente, il gangster.

Un libro importante, stuzzicante e ben scritto che, oltre a permettere lo studio di una categoria importante come quella degli italoamericani del cinema, risulta anche ottimale per capire come è visto l’italiano medio dall’atra parte dell’Oceano: una visione che, dato il fascino del cinema hollywoodiano, è riuscito a colpire lo stesso pubblico italiano: non a caso è difficile non restare affascinati dalla bellezza (seppur stereotipata) di personaggi come Jack La Motta o Michael Corleone, davvero molto difficile.


Autore: Flaminio Di Biagi
Titolo: Italoamericani tra Hollywood e Cinecittà
Editore: Le Mani
Collana: Cinema Saggi
Dati: 176 pp, brossura, ill. b/n e colori
Anno: 2010
Prezzo: 15,00 €
webinfo: Scheda libro sul sito Le Mani


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