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Louis Wimmer

Pubblicato il 4 settembre 2011 da Simone Isola


Louis Wimmer

Un anno di crisi, questo 2011. Crisi globale, crisi locale; ovunque aleggia il fantasma della recessione e l’idea che il benessere della nostra Europa sia a rischio. Non si salva di certo la media borghesia, lambita da difficoltà economiche e da un lento ridimensionamento delle ricchezze accumulate. Lo sa bene anche Louise Wimmer, che ha per anni vissuto in una casa piacevole con un marito affettuoso e una figlia graziosa. Cosa sia successo a questa donna di mezza età non ci è dato sapere; la vediamo ora dormire in una vecchia auto, lavorare come cameriera in un hotel e adottare tutti gli espedienti di sopravvivenza tipici dei senzatetto. Dell’antica ricchezza non restano che pochi oggetti che la donna custodisce in un garage in affitto, come in una sorta di museo. Per sopravvivere Louise vende a poco a poco questo suo patrimonio residuale al banco dei pegni: un servizio di posate d’argento, un foulard firmato. Vuole farcela da sola, declinando tutte le offerte di aiuto. Nonostante il carattere ruvido, Louise incontra nel suo percorso persone disponibili ad aiutarla. Ora infatti c’è un amante affettuoso che vorrebbe portate il loro rapporto oltre i meri incontri di sesso. Louise rifiuta ogni altro coinvolgimento; anche nel rapporto con sua figlia si dimostra fredda e distaccata. Nella sua programmatica e rigida asocialità, Louise continua solitaria un percorso di risalita dal baratro nel quale è precipitata. Una scelta interessante, quella dell’esordiente Cyril Mennegun, che decide di affidare a una figura irritante e a tratti sgradevole il peso di una riflessione sulla caducità del benessere. Il film infatti non induce alla commozione, lo spettatore non viene colto da pietismo quanto piuttosto indotto alla riflessione. La caduta di Louise può toccare a chiunque, in una società di continui cambiamenti come la nostra. La donna dal canto suo non fa nulla per farsi amare, persegue con una forza esemplare un solitario progetto di risalita. Caratterizzato da una semplicità estrema, il film ha un andamento narrativo lineare composto dal continuo pedinamento della protagonista alle prese con i problemi quotidiani. C’è dunque una viscerale adesione al reale priva di qualsiasi edulcorazione e concessione al gusto comune. La colonna sonora è costituita essenzialmente dai rumori della città e la musica è sempre diegetica. Questa scelta radicale e coraggiosa viene assecondata dall’interpretazione di Corinne Masiero, attrice dal volto irregolare, spigoloso, capace di far vibrare il suo personaggio di una rabbia molto misurata, mai isterica o volgare. La camera non abbandona mai le sue azioni, stringe lo sguardo sulle pieghe del suo volto, sui suoi sussulti. Anche il racconto non si “apre” ad altri personaggi, che restano sempre sullo sfondo, possibili àncore di salvataggio mai calate. Così il lieto fine giunge senza entusiasmo, privo di una sincera emozione. Il sorriso della donna di fronte agli alti edifici della periferia sembra infatti anticipare nuovi problemi, nuovi dubbi esistenziali. Mentre si squarciano le nubi sulla vita della donna, altri individui si vedono improvvisamente esclusi dal benessere sociale. Una storia risaputa ma che in questi mesi risulta terribilmente attuale.


CAST & CREDITS

Regia: Cyril Mennegun. Sceneggiatura: Cyril Mennegun. Fotografia: Thomas Letellier. Montaggio: Valérie Brégaint. Suono: Alexandre Widmer. Interpreti: Corinne Masiero, Jérôme Kircher, Anne Benoit, Marie Kremer, Jean-Marc Roulot. Produzione: Bruno Nahon per Zadig Films. Distribuzione internazionale: Films Distribution. Durata: 80 min. Origine: Francia, 2011


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