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Ma che storia, il nuovo doc. di Gianfranco Pannone

Pubblicato il 17 novembre 2010 da Edoardo Zaccagnini


Ma che storia, il nuovo doc. di Gianfranco Pannone

Fu presentato a Venezia nella sezione Controcampo italiano, senza vincere premi, qualche mese fa. Adesso esce al cinema Aquila di Roma. L’ha prodotto Cinecittà Luce, che ne va orgogliosa attraverso la voce del suo amministratore delegato, Luciano Sovena. Si intitola Ma che storia, ed è un documentario che corre lungo 150 anni di storia italiana. E’ pieno di "Luce", ed è una grande cavalcata, mai scolastica, tutt’altro, dentro il percorso del nostro paese. E’ un lavoro personale e potente. Musicale, etnologio, etnografico, storico, politico.
Ma che Storia, un viaggio in Italia intenso, che compie salti obbligati dal Risorgimento ai giorni nostri, come un treno veloce che non compie tutte le fermate. Non c’è Gramsci, quasi non c’è Pasolini, c’è tantissima musica popolare. Quasi non ci sono gli operai, e non c’è la Tv. Ci sono invece le donne e i contadini, per questo il film è dedicato a Giuseppe De Santis, che di quella cultura ha raccontato tanto. I contadini estrapolati da Pannone dagli archivi sono pregni di bellezza e dignità. Poi c’è Verdi, "perchè oltre a donarci la sua grande musica - ricorda Pannone nei suoi appunti di regia - ha ricoperto un ruolo importante di mediazione tra potere e popolo, al punto che ancor oggi gli italiani (non solo i leghisti) si commuovono ascoltando Và pensiero.
C’è la grande guerra in Ma che storia, c’è il fascismo e c’è la resistenza. C’è anche il boom. "Scelte - dice Pannone - tagli obbligati, se vuoi mettere 150 anni dentro ottanta minuti". Il suo film ha un linguaggio molto autoriale, ha lo sguardo di un regista. "Mi sono più volte chiesto - scrive ancora Pannone - se, come me, anche la gente di questo Paese creda che la storia d’Italia, specie quella unitaria, sia difficile da rinchiudere in risposte nette, univoche. Ecco perché ho sentito il bisogno di questo film e di intitolarlo Ma che Storia".

Pannone è uno dei documentaristi italiani più importanti, ha quasi cinquant’anni e li ha spesi, finora, nel cercare di raccontare l’Italia. Quasi sempre col documentario, con vent’anni di carriera, ormai. Tanti quelli belli, Il sol dell’avvenire il primo che ci viene in mente. Sulla nascita delle brigate Rosse. Una volta sola con la fiction pura, Io che amo solo te, un film imperfetto e interessante, sull’Italia mal messa degli anni più recenti. Film del 2004.

E’ un appassionato cronico del nostro paese, Pannone: lo ammise lui stesso, nella presentazione di Ma che Storia fatta il 15 novembre a Roma, al Cinema nuovo Sacher. E questo suo ultimo lavoro, appunto, racconta "il nostro percorso unitario attraverso gioie e sofferenze del popolo", parole dell’autore.

Ma che Storia è fatto tutto in house, come si dice in gergo, cioè attraverso il montaggio di materiali d’archivio dell’Istituto Luce. Adoperati in maniera innovativa, smontati e rimontati, colmi di sguardi in macchina, di volti antichi ed espressivi, fitti di valore antropologico oltrechè storico.

Ma che Storia è un film musicale, di musica di tradizione orale e non solo. Una musica che fa da contrappunto alle parole degli intellettuali e alla retorica del repertorio, anche se non tutto il materiale Luce sul Risorgimento è celebrativo.

"Difficilmente sarei arrivato a questo film se non avessi conosciuto, grazie ad Ambrogio Sparagna, prezioso complice di questa mia ultima fatica, il patrimonio musicale di tradizione orale del Paese. E’ in questo patrimonio che individuo gli anticorpi di un popolo, in quella tradizione contadina che, contrariamente alla vulgata operaista, non affonda le proprie radici solo nella miseria e nelle ingiustizie, ma in un patrimonio culturale fatto anche di suoni e canti dal forte significato simbolico e comunitario".

La sera del Sacher c’è anche Sparagna, il quale, invitato sul palco, così spiega il suo apporto al film: "Il canto popolare, paradossalmente, unisce l’Italia, perchè ogni cultura esprime il proprio sentimento di fronte a fatti molto grandi: l’Unità non richiesta, la guerra subita, la politica. I canti popolari toccano certi temi, e ci restituiscono un’umanità che forse è stata dimenticata, perduta.

Un film che ci ricorda la complessità del nostro passato e le cause del nostro presente, Ma che storia. Ma anche quanto siano lunghi 150 anni e quanto il nostro paese sia cambiato negli anni. Un film mai freddo e poco retorico. Poetico, per certi versi, articolato e a tratti sfuggente, appassionato. Pieno di ritmo, vorticoso come la storia della nostra Italia.


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