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MA QUALE “PICCOLO” SCHERMO?

Pubblicato il 5 novembre 2006 da Chiara Poli


MA QUALE “PICCOLO” SCHERMO?

Saremo anche reduci (o quasi) dall’era dei Reality Show, ma viviamo, contemporaneamente, una nuova golden age della tv. Perché? Semplice: il confine che separa il piccolo schermo da quello grande... Non esiste più.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: oggi, ad Hollywood, il confine fra cinema e televisione non è altro che un lontano ricordo. Sia dal punto di vista produttivo (budget, addetti ai lavori che spaziano con disinvoltura dal piccolo al grande schermo, adattamenti e riadattamenti, casting stellari) che da quello contenutistico (prima fra tutto una continua, nuova ibridazione fra generi che dà vita a formule originali e vincenti), la tv e il cinema non hanno più nulla da invidiarsi reciprocamente. Il “meccanismo” si attiva da sempre nello stesso modo: quando un film funziona davvero al botteghino, piccolo e grande schermo riversano in progetti simili tutte le proprie energie, cercando di mescolare, con storie nuove e volti più o meno noti, gli ingredienti con i quali sperano di ottenere successi sempre maggiori. Pensiamo solo agli ultimi anni, diciamo dal 2000 in avanti: dopo un decennio che in tv aveva visto l’indiscusso predominio del supercult soprannaturale (X-Files e Buffy, solo per citare due mostri sacri) e al cinema aveva portato nuova linfa al genere horror (non è un caso che si parli di horror pre e post-Scream), alle soglie del nuovo Millennio “l’effetto Matrix” si fa sentire. La tv si accorge che gli ascolti possono concretizzarsi in numeri tanto alti da permettere budget che non si fanno mancare nulla rispetto alle stratosferiche cifre cinematografiche, e l’esempio dei super effetti speciali di Matrix (ma soprattutto dell’impatto della fantasia tradotta senza limitazioni in immagini) apre nuovi spiragli.
Il 2000, in tv, è l’anno di C.S.I., la serie di Anthony Zuiker (ex portiere d’albergo di Las Vegas, nientemeno!) che rivoluziona il genere più sfruttato della tv: il poliziesco. Dopo il sostanziale cambiamento che un decennio prima era arrivato con NYPD Blue, la tv che piace a tutti - quella dei poliziotti e dei detectives - unisce una passione per gli effetti speciali, cura maniacale per fotografia e regia e ostentazione di un grande coraggio (molti dei casi trattati dalle prime stagioni di C.S.I. suscitarono proteste per la crudezza delle situazioni). Gil “William Petersen” Grissom, redivivo (dal lontano 1986) da quel capolavoro chiamato Manhunter, cambia le carte in tavola nello stesso anno in cui Mr. James Cameron in persona fa debuttare il suo Dark Angel (la splendida Jessica Alba, oggi protagonista di una radiosa carriera cinematografica) per riscrivere apertamente le regole dei generi in tv. Dark Angel unisce la fantascienza di Matrix alla revisione (nemmeno troppo mascherata) della storia che aveva fatto la fortuna di pietre miliari come V-Visitors e si concentra sui mezzi che cinema e tv hanno in comune: la possibilità di mostrare, ormai, qualunque cosa. Da qui al trasferimento di Alan Ball direttamente da American Beauty a quel capolavoro di humour nero che è Six Feet Under, il passo è breve. Come è breve il passo che separa l’inizio del nuovo Millennio dall’arrivo del successo mondiale per Nip/tuck, Grey’s Anatomy, Firefly, Veronica Mars, Angel, Desperate Housewives... A dimostrazione del fatto che gli effetti speciali, in molti casi, si chiamano “sceneggiatura”. Se non ne siete convinti, pensate alle due icone del cambiamento televisivo che ci ha portati ad avere, oggi, piccoli grandi gioielli destinati a rimanere per sempre protagonisti della storia della cultura popolare. Joss Whedon (da Buffy a Angel e Firefly, i migliori esempi di come si costruiscono generi ibridi di successo) e Chris Carter (X-Files, Millennium e Harsh Realm) hanno trasformato idee relativamente semplici e nemmeno troppo originali in prodotti esplosivi. Come? Semplice: prelevando, a piene mani, il meglio di... tutto quello che avevamo visto fino ad allora. Mescolando leggende popolari, tradizione scientifica, storia del cinema, canoni e cliché dei generi letterari e cinematografici, i due uomini d’oro della tv hanno compiuto un’accurata selezione degli elementi vincenti che provengono da... formule già vincenti. Il risultato? I produttori e gli autori più intelligenti del panorama televisivo contemporaneo hanno osservato e imparato da loro, così da poter regalare a noi serie come 24, Lost, Everybody Hates Chris, Dr. House, Carnivàle... A voler ben guardare, il primo vero “maestro di tv” era stato David Lynch, che all’inizio degli anni ’90 aveva osato portare sul piccolo schermo di Twin Peaks un inedito mix di generi, e soprattutto di cinema e tv, senza precedenti. Noi non ce ne siamo dimenticati: sappiamo che J.J. Abrams e compagnia bella hanno raccolto la sua eredità. Perché la sua eredità è fatta di una verità molto semplice: per funzionare, bisogna riscrivere ciò che funziona già. E per farlo, si realizza un prodotto che viene studiato a tavolino proprio come una ricetta culinaria, in cui i vari ingredienti vengono dosati con cura, precisione, e magari un pizzico di temerarietà. Perché il genere non è altro che una formula, una sorta di stenografia di storie strutturate in un determinato modo e con una viscerale - davvero viscerale - attrazione per il suo pubblico di affezionati. Il che, se ci pensate bene, crea un punto di partenza già vincente, che i signori di Hollywood devono solo trovare il modo di sfruttare al meglio, di volta in volta...

[Novembre 2006]


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