X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Milano calibro nove [libri]

Pubblicato il 16 agosto 2019 da Antonio Napolitano


Milano calibro nove [libri]

Riscoperto negli anni Duemila come tutti quelli del filone cosiddetto b-movie grazie alla spinta internazionale di Quentin Tarantino, il pugliese Fernando Di Leo ha potuto vedere ben poco di quell’improvviso riflettore sparato inaspettatamente sulle sue opere avendoci lasciato nel 2003. E forse di quel riflettore se ne sarebbe importato davvero relativamente, perché lui e il suo cinema sono sempre stati un genere a sé stante, interessato ai chiaroscuri piuttosto che alle luci. Un regista unico, anzi un autore a tutto tondo sfuggevole ad ogni gabbia denotativa, Fernando Di Leo, come Umberto Lenzi amava spesso dire, «era più riconducibile al cinema noir di Jean-Pierre Melville che non al poliziesco all’italiana».

Ma prima e più di Tarantino, ci sono stati Davide Pulici e Manlio Gomarasca, i due fondatori di Nocturno, che già negli anni Novanta dedicarono diverse interviste al regista pugliese con cui in breve tempo divennero amici e confidenti. E proprio Davide Pulici è l’autore di Milano calibro nove, l’agevole e intensa “guida” dell’omonimo film che Gremese editore ha pubblicato nella collana I cult del grande cinema popolare. Come scrive Gomarasca, a cui tocca il compito di scrivere la prefazione del libro, «parlare di Ferdinando Di Leo significa parlare dell’inizio di un’avventura che dura ormai da 24 anni e si chiama Nocturno Cinema. La frequentazione con Fernando fu assidua e continuativa e soprattutto fu un’importante scuola di vita. Perché Fernando era personaggio complesso, profondo, intellettuale, ironico ed elegante. Non era un moralista. I suoi valori affondavano le radici nel Settecento francese, il suo modello era Voltaire, altri dei non ne aveva».

Pulici prende così il film manifesto della poetica dileiana, Milano calibro 9, il film che più di tutti è riuscito a rompere gli argini del genere stesso e lo sviscera, analizzandolo pezzo pezzo sia dal punto di vista stilistico che narrativo, cogliendo ed evidenziando in ogni passaggio la visuale e l’approccio unico che il regista pugliese nasconde dietro ogni immagine, ogni dialogo, ogni tic. Pulici compie un’operazione meticolosa che frena la rapidità di Di Leo, decostruisce l’immagine e mette lo spettatore/lettore davanti all’acutezza dei frammenti narrativi scomposti. È proprio la destrutturazione a rendere nel miglior modo l’unicità dell’autore, capace di lavorare per sottrazione e sintetizzare la complessità attraverso piccole sbavature noir che rappresentano il quadro ambiguo e imperscrutabile del crimine. Non è un caso che dei 22 racconti che compongono l’omonima opera di Giorgio Scerbanenco, Di Leo prenda poche, piccole scene ma ne rende appieno l’intero mood e l’atmosfera nera di uno dei protagonisti della letteratura novecentesca italiana. A Di Leo basterebbe riprendere solo il titolo per sintetizzare la messa in scena di tutto il romanzo. Al contrario Pulici avanza per eccesso, non per sottrazione. Analizza i dettagli, coglie ogni minimo accenno e tic, rendendolo nel pieno del significato autoriale del mondo univoco del regista e lo confronta con quello del noir classico: «il punto di osservazione cambia. Perché Di Leo non si mette a raccontare un mondo dal punto di vista di una moralità esterna che rende gli oggetti descritti deprecabili. Lui sta dentro quel mondo, ci si mette comodo, ne vede e ne illustra tutti gli aspetti: il serio, il tremendo anche, ma pure il faceto. Che è, in fondo, tutto quello che i grandi autori di noir hanno fatto e che nessuno in Italia aveva fatto».

Fanno da corredo all’analisi del film documentazioni inedite, fotografie di scena, backstage e testimonianze dirette tratte dalle interviste a Di Leo, ai protagonisti Gastone Moschin e Barbara Bouchet, al montatore Amedeo Giomini e al maestro d’armi Gilberto Galimberti, figura pochissimo considerata in generale dalla critica ma che Davide Pulici mette in primo piano e a cui dà una giustissima rilevanza dato che, se è vero che il cinema è immagine in movimento, nel noir sono sempre le armi ad aprire le danze.


Autore: Davide Pulici
Titolo: Milano calibro 9
Editore: Gremese
Dati: 144 pp., brossurato
Anno: 2019
Prezzo: 18,00 €
Isbn: 9788866920571
webinfo: Scheda libro sul sito


Enregistrer au format PDF